Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46364 del 16/10/2013
Penale Sent. Sez. 2 Num. 46364 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: GALLO DOMENICO
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Polimeni Antonio, nato a Reggio Calabria il 25/3/1972
avverso la ordinanza 5/3/2013 del Tribunale per il riesame di Reggio
Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Luigi Riello, che ha concluso in via principale per l’inammissibilità ed in
subordine per il rigetto;
udito per l’imputato, l’avv. Francesco Calabrese di Reggio Calabria e l’avv.
Cartolano Domenico di Roma, che hanno concluso per l’accoglimento del
ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.
Con ordinanza in data 5/3/2013, Il Tribunale per il riesame di Reggio
Calabria respingeva l’appello proposto nell’interesse di Polimeni Antonio,
indagato per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso,
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Data Udienza: 16/10/2013
avverso l’ordinanza 18/10/2012 con la quale il Tribunale di Reggio Calabria
aveva respinto l’istanza di revoca della custodia cautelare in carcere
applicata al prevenuto nell’ambito del procedimento per 416 bis cod. pen.
2.
Il Tribunale confermava l’ordinanza impugnata osservando che il fatto
addebitato a Polimeni Antonio nel procedimento in corso (5454/08 RGNR
DDA) non è identico a quello oggetto del provvedimento di archiviazione in
dovevano ritenersi pienamente utilizzabili le dichiarazioni rese dai
collaboratori di giustizia Fracapane, Moio, Villani e Lo Giudice. Escludeva,
inoltre, il Tribunale che potesse procedersi alla rivalutazione del materiale
indiziario, essendosi formato il giudicato cautelare sul punto.
3.
Avverso tale ordinanza propone ricorso l’indagato, per mezzo del suo
difensore di fiducia, deducendo violazione di legge, di norme processuali
stabilite a pena di nullità e mancanza e manifesta illogicità della motivazione
in relazione all’art. 414 cod. proc. pen. e 416 bis cod. pen. Al riguardo
contesta come apodittiche le conclusioni a cui è pervenuto il Tribunale in
tema di non identità fra i fatti per cui il prevenuto è stato tratto in arresto ed
i fatti oggetto del decreto di archiviazione. Eccepisce che la giurisprudenza di
legittimità ha riconosciuto la possibilità di preclusione “parziale” nel caso che
vi sia una parziale coincidenza dei periodi temporali nell’ipotesi di reati a
carattere permanente o a condotta frazionata e si duole che il Tribunale non
abbia preso neppure in considerazione l’ipotesi della preclusione parziale in
ragione del fatto che i periodi temporali presi in considerazione nei due
procedimenti sono parzialmente coincidenti. In ogni caso eccepisce che una
mutevolezza della componente soggettiva non incide sulla determinazione
del concetto di identità di procedimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.
Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti
nel giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati.
2.
È anzitutto necessario chiarire i limiti di sindacabilità da parte di
questa Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei
precedenza disposto (n. 1595/01 RGNR DDA), con la conseguenza che
provvedimenti sulla libertà personale.
Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide,
“l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di
revisione degli elementi materiali e fatl:uali delle vicende indagate, ivi
compreso lo spessore degli indizi, ne’ alcun potere di riconsiderazione delle
caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle
esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di
cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonché del
tribunale del riesame. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò,
circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il
testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e
l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di
legittimità:
1) – l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno
determinato;
2) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni
rispetto al fine giustificativo del provvedimento”. (Cass. Sez. 6A sent. n.
2146 del 25.05.1995 dep. 16.06.1995 rv 201840).
Inoltre “Il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di
riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale è diretto a
verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato
argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile
colpevolezza dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi.
Tale controllo, stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio
ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa
l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del
materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed
esente da errori logici e giuridici. In particolare, il vizio di mancanza della
motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi
indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità,
quando non risulti “prima facie” dal testo del provvedimento impugnato,
restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità
della motivazione sulle questioni di fatto”. (Cass. Sez. lA sent. n. 1700 del
20.03.1998 dep. 04.05.1998 rv 210566).
3.
Tanto premesso occorre rilevare che la motivazione del Tribunale in
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apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice
ordine alla inesistenza di efficacia preclusiva del decreto di archiviazione in
precedenza disposto nel procedimento n. 1595/01 Rgnr DDA, seppur
succinta, non presta il fianco a vizi di illogicità. In particolare la parziale
coincidenza temporale delle condotte considerate nei due procedimenti, non
può avere effetto parzialmente preclusivo in quanto il Tribunale ha rilevato
che sono diversi i fatti in contestazione nei due procedimenti. Le
osservazioni del ricorrente non scalfiscono l’impostazione della motivazione
della stessa.
4.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, la parte che lo ha proposto deve essere
condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore deila Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n.
186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in euro
1.000,00 (mille/00).
5.
Inoltre, poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione
in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1
ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che
copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui
l’indagato trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1
bis del citato articolo 94.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla
ssa delle ammende.
Si provveda a norma dell’art. 94 Disp. Att. Cod. pro4 pen.
Così deciso, il 16 ottobre 2013
Il Consigliere estensore
Il Pr idente
e non deducono elementi fattuali idonei a scardinare la compattezza logica