Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46360 del 16/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 46360 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: PRESTIPINO ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Profeta Daniele n. il 9.6.1992
awerso l’ORDINANZA del Tribunale della Libertà di Palermo
del 2.5.2013
udita la relazione del consigliere dr. Antonio Prestipino
sentito il Procuratore Generale, in persona del dr. Luigi Riello che ha concluso per il rigetto del
ricorso.

Data Udienza: 16/10/2013

Ritenuto in fatto
1.Con ordinanza del 2.5.2013, il Tribunale della Libertà di Palermo, ha rigettato l’istanza di riesame proposta
da Profeta Daniele avverso l’ordinanza applicativa della misura cautelare i della custodia in carcere emessa
nei suoi confronti dal gip dello stesso Tribunale 1’8.4.2013, per il reato di rapina aggravata in concorso con
Fascella Marco ai danni della farmacia Genovese, commessa da due persone parzialmente travisate e armate
il 31.1.2012..
2.1 giudici territoriali richiamano, a sostegno della valutazione della sussistenza della gravità indiziaria;
– l’annotazione di servizio della pg sulle immagini dello svolgimento della rapina tratte dal sistema di video
sorveglianza installato nei pressi della farmacia;
– l’individuazione fotografica del Profeta sulla base della foto segnaletica del ricorrente già agli atti della
polizia di Stato;
– il riconoscimento fotografico, ad opera della parte lesa Tarantino Diego, di un capo di abbigliamento rinvenuto nella disponibilità del ricorrente a seguito di perquisizione effettuata nell’ambito di altro
procedimento penale- come quello indossato da uno dei rapinatori;
3.Ricorre il difensore per i seguenti motivi;
1. violazione e falsa applicazione degli artt. 274, 250, 253, 354, 355, 356, 357 c.p.p., 14 e 24 Cost; il dato di
prova costituito dall’immagine fotografica del giubbotto rinvenuto presso l’abitazione dell’indagato, sarebbe
stato acquisito illegittimamente agli atti del procedimento. La perquisizione operata nei confronti del Profeta
nel corso delle indagini relative ad altri fatti delittuosi, sarebbe stata infatti specificamente mirata alla ricerca
di un capo di abbigliamento diverso da quello poi notato dai verbalizzanti. Nel verbale delle operazioni di
polizia si darebbe esplicitamente atto che l’indumento oggetto della ricerca iniziale non era stato trovato, e
che quello fotografato era attinente ad altri fatti di reato. Il sequestro sarebbe stato quindi operato in
assenza della previa individuazione dell’oggetto da ricercare con la conseguente illegittimità, anche sotto gli
specifici profili costituzionali indicati in ricorso, dell’operato della polizia (in ricorso è citata Cass. sez V,
1.2.2011 nr. 1887).
2. Violazione e falsa applicazione degli arti. 273 e 292 c.p.p. Motivazione insufficiente e contraddittoria sulla
gravità indiziaria.AI riguardo, la difesa deduce che i frammenti fotografici estratti dal sistema di video
sorveglianza della farmacia rapinata, sarebbero troppo confusi per consentire a chiunque l’identificazione dei
soggetti ritratti, come risulterebbe dai rilievi del fascicolo di estrapolazione d’immagini del 18.6.2012 allegati
al ricorso); in presenza di tali insuperabili dubbi, il tribunale del tutto arbitrariamente avrebbe accreditato la
sicurezza del riconoscimento da parte del personale di polizia, disattendendo, sotto altro profilo, l’obbligo di
motivare, ex art. 292 c.p.p., sulle specifiche eccezioni difensive. Al ricorso sono allegati i documenti ritenuti
di interesse.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
1.Correttamente il tribunale rileva che la fotografia, da parte dei verbalizzanti, del giubbotto rinvenuto presso
l’abitazione dell’indagato, rientra nella documentazione dell’attività di indagine prevista dall’art. 357 c.p.p.
anche con specifico riferimento alle operazioni di perquisizione e sequestro. Dal momento che la
perquisizione fu eseguita legittimamente, tutto quello che risulta dalla documentazione delle operazioni è
quindi probatoriamente utilizzabile, anche con riferimento a reati diversi da quelli per i quali era stata
disposta. In ogni caso, dal rilievo nr. 54 allegato allo stesso ricorso, uno dei rapinatori è ritratto con indosso
un giubbotto di lana a quadri chiaramente visibile, talché le deduzioni difensive finiscono con l’essere
scarsamente apprezzabili anche in punto di rilevanza, perché il dato di prova contestato risulta aliunde, da
fonte sicuramente utilizzabile.
2. Non è chiaro poi, con riguardo al secondo motivo, sembrando anzi da escludere, alla stregua delle stesse
deduzioni difensive, se i frammenti fotografici allegati al ricorso rappresentino la totalità delle immagini della
rapina tratte dal sistema di video sorveglianza in loco, il che non consente di apprezzare la fondatezza del
rilievo difensivo circa la presunta impossibilità assoluta di identificare il Profeta come uno dei rapinatori,
mentre il tribunale ha non illogicamente ritenuto la certezza dell’identificazione sulla base della pregressa e
approfondita conoscenza, da parte dei verbalizzanti, delle fattezze del Profeta, per precedenti ragioni
“istituzionali”.
3.L’apprezzamento positivo della certezza dell’identificazione implica poi con evidenza la risposta alle
contrarie deduzioni difensive, negli scarni termini giustificati dalla natura della questione, escludendo profili
diviolazione dell’art. 292 c.p.p.
Il ricorso va pertanto rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.. Il
cancelliere dovrà prowedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. Att. C.p.p.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali; si provveda a norma dell’art.
94 disp. Att. C.p.p.

Così deciso in Ropia, nella camera di consiglio, il 16.10.2013.

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