Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46358 del 08/10/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 46358 Anno 2015
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: VILLONI ORLANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto dal:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA della DIREZIONE DISTRETTUALE ANTIMAFIA di LECCE
avverso l’ordinanza n. 331/2015 Tribunale del Riesame di Lecce del 28/04/2015 nel procedimento nei confronti di Cristiano Giuseppe

esaminati gli atti e letti il ricorso ed il provvedimento decisorio impugnato;
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere, dott. Orlando Villoni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto P.G., dr. E. Delehaye, che ha concluso per
l’annullamento con rinvio

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale del Riesame di Lecce ha parzialmente riformato
quella emessa dal GIP del locale Tribunale in data 25/11/2014 con la quale era stata applicata
la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di Cristiano Giuseppe, provvisoria1

Data Udienza: 08/10/2015

mente accusato dei reati di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. n. 309 del 1990 in relazione alla sua
ritenuta compartecipazione, con il ruolo di spacciatore al dettaglio, di un’associazione criminale
dedita al traffico di sostanze stupefacenti nel territorio del Comune di Massafra (Ta) e limitrofi
ed al coinvolgimento diretto in tre reati – fine.
Il Tribunale ha, tuttavia, osservato che il decorso del tempo dai fatti (dicembre 2011 – febbraio 2012), l’operatività dell’associazione non successiva al mese di febbraio 2012, lo status di
incensurato dell’indagato ed il suo tangibile mutamento di vita con l’acquisizione di una stabile
occupazione consentono di ritenere affievolite le esigenze cautelari e suscettibili di essere sal-

dalla prescrizione di non allontanarsi dall’abitazione nelle ore notturne, così da arginare il pericolo di recidiva nel reato.

2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica della Direzione
Distrettuale Antimafia di Lecce, che ne censura la contraddittorietà poiché da un lato ribadisce
la sussistenza di esigenze cautelari connesse alla partecipazione al delitto associativo e alla
dedizione a condotte di traffico di stupefacenti e dall’altro ritiene che il pericolo di reiterazione
nel reato possa essere idoneamente salvaguardato con l’applicazione dell’obbligo di dimora in
Massafra e cioè proprio nei luoghi in cui le condotte criminose sono state attuate.
Il ricorrente rileva, infatti, che pur nella considerazione che la presunzione di adeguatezza
della misura in carcere per il delitto associativo è divenuta da assoluta a relativa per effetto
della pronuncia della Corte Costituzionale n. 231 del 2011, tuttavia la scelta della misura gradata deve essere adeguatamente motivata in relazione alla sua idoneità a salvaguardare le
esigenze di cautela.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato e come tale deve essere dichiarato inammissibile.

2. Il PM ricorrente censura in realtà il merito della scelta adottata dal Tribunale di ritenere
adeguata la misura coercitiva di cui all’art. 283 cod. pen. rispetto ad una fattispecie astrattamente riconducibile al paradigma di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 ma in concreto riferibile ad una realtà non più operativa sul territorio a far data dal mese di febbraio 2012.
Nel formulare le sue doglianze, tuttavia, egli non evidenzia quale sarebbe il profilo di illogicità della motivazione articolata dal Tribunale, né invero si confronta con le ragioni indicate
nel provvedimento e riguardanti la rilevanza del decorso del tempo dalla commissione del reato
sulla scelta del regime cautelare ai sensi degli artt. 292 lett. c] e 274 lett. c] cod. proc. pen.
nell’attuale formulazione successiva alla legge n. 47 del 16 aprile 2015 nonché l’effettiva
adeguatezza della misura in rapporto alla personalità dell’indagato (pag. 9 ord.).
2

9191

vaguardate mediante imposizione della misura coercitiva dell’obbligo di dimora, accompagnata

Né si può tacciare il provvedimento di contraddittorietà perché, pur ritenendo ancora sussistenti esigenze cautelari, la misura adottata è stata individuata nell’obbligo di dimora nello
stesso Comune dove l’indagato prestava il suo contributo nell’associazione come addetto alle
attività di cessione al minuto di stupefacenti, dal momento che il profilo ritenuto assolutamente prevalente è stato dal Tribunale individuato nella cessazione delle attività criminose
riferibili all’indagato alla fine del 2011, il quale avrebbe potuto semmai costituire oggetto di
doglianza da parte di quest’ultimo, non di meno ancora fatto segno di misura coercitiva a

P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso.

Roma, 08/10/2015

dispetto anche del mutato di stile di vita mediante avvio di un’attività lavorativa retribuita.

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