Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46356 del 09/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 46356 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: CASUCCI GIULIANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PERRONE CIRO N. IL 20/07/1988
avverso la sentenza n. 12744/2011 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
27/04/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIULIANO CASUCCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
A.empLi
che ha concluso per kt
9tt, CA31/1/tr

-6

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 09/10/2013

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 27 aprile 2012, la Corte di appello di Napoli, 7^ sezione
penale, pronunciata nei confronti di Perrone Ciro e Zanella Antino, confermava la
sentenza del Tribunale di Napoli, con la quale questi erano stati dichiarati colpevoli
del delitto di partecipazione ad associazione per delinquere finalizzata alla
commissione di rapine ed estorsioni (capo A) nonché di alcuni dei reati-fine (rapine
ai danni di automobilisti e successive estorsioni per la restituzione dei veicoli) loro

reclusione e tremila euro di multa e Zanella alla pena di quattro anni quattro mesi
di reclusione e milletrecento euro di multa, con le pene accessorie di legge.
La Corte territoriale, rigettate le eccezioni di nullità e le richieste difensive nell’
interesse di Perrone, confermava il giudizio di responsabilità di quest’ ultimo
(posizione che in questa sede solo rileva) perché fondato sulle dichiarazioni auto
ed etero accusatorie di Zanella, sulle dichiarazioni dei verbalizzanti in ordine alle
modalità di formazione dei fascicolo fotografici sui quali erano stati effettuati i
riconoscimenti da parte delle persone offese, sui riconoscimenti da parte di queste
ultime, ribaditi in dibattimento e riscontrati dal rinvenimento in sede di
perquisizione dal rinvenimento nella disponibilità dell’ imputato di un martello frangi
vetro nonché di un cappello e di una sciarpa di lana neri del tipo di quelli che,
secondo le indicazioni testimoniali, erano in uso ai rapinatori.
Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’ imputato, a mezzo del
difensore, che ne ha chiesto l’ annullamento per i seguenti motivi: – inutilizzabilità
delle dichiarazioni rese da Zanella in data 30.5.2009, perché rese in assenza del
difensore, a nulla rilevando che le stesse fossero state richiamate in successivi
interrogatori resi con le garanzie difensive; – violazione dell’ art. 513 cod. proc.
pen. per non avere la difesa di Perrone prestato consenso all’ utilizzazione di tali
dichiarazioni acquisite a seguito del rifiuto di Zanella di sottoporsi alli esame
dibattimentale; – mancata assunzione della prova rappresentata dalle fotografie di
cui ai documenti di riconoscimento dell’ imputato, stante la diversità delle fotografie
inserite in due album con quella inserita in un terzo album; – omessa motivazione in
ordine all’ attendibilità del teste Cantelli Davide, per effetto delle contestazioni
effettuate dalla difesa in occasione della sua escussione; – omessa motivazione in
ordine alla responsabilità per i reati di cui ai capi CI.) e C2) -rapina e lesioni ai
danni di Selvaggio S. e Giovinetti A.- in riferimento alle risposte fornite dai testi in
sede di controesame.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile perché mera reiterazione di analoga
doglianza mossa con l’ appello, in relazione alla quale la Corte territoriale ha fornito

rispettivamente ascritti ed erano stati condannati Perrone alla pena di sette anni di

adeguata risposta, avendo rammentato che le spontanee dichiarazioni rese da
Zanella alla polizia giudiziaria senza l’ assistenza del difensore sono state
successivamente recepite e confermate in occasione dell’ interrogatorio res0 con l’
assistenza difensiva, anche se con precisazioni e chiarimenti (cfr. Cass. Sez. 1,
25.2.2009 n. 8401; Cass. Sez. 1, 7.11.2007 n. 46274).

2. Il secondo motivo di ricorso è infondato per le ragioni di seguito indicate.

dell’ accordo delle parti non è consentito dare lettura delle dichiarazioni
precedentemente rese dal dichiarante che al dibattimento si sia avvalso (come nel
caso in esame) della facoltà di non rispondere.
Ai fini dell’utilizzazione delle dichiarazioni predibattimentali “contra alios” – rese da
imputati contumaci, assenti o rifiutatisi di sottoporsi ad esame – la necessità del
consenso di cui all’art. 513, comma primo, ultima parte, cod. proc. pen., non
comporta che esso debba manifestarsi in modo espresso e formale, con la
conseguenza che può essere desunto per implicito dal solo fatto che la disposta
acquisizione non abbia formato oggetto di specifica opposizione. (Cass. Sez. 5,
8.7.2011 n. 47014). Nel caso in esame il ricorrente rammenta di non avere
prestato il consenso in maniera espressa. Le dichiarazioni acquisite in violazione
delle regole del contraddittorio sono in conseguenza inutilizzabili. Ma dalla
evidenziata inutilizzabilità non derivano conseguenze sulla tenuta logica del
ragionamento probatorio dei giudici di merito.
In effetti la sentenza poi motiva, valorizzando i riconoscimenti fotografici (in alcuni
casi confermati anche con formale ricognizione) confortati, nella loro efficacia
dimostrativa, dal risultato della perquisizione domiciliare con reperimento del
martelletto per rompere vetri, del cappello e della sciarpa neri.
Va ribadito che in sede di legittimità, allorché con il ricorso per cassazione sia
eccepita l’illegale assunzione di una prova, è consentito procedere alla cosiddetta
“prova di resistenza”, ossia valutare se tali elementi di prova acquisiti
illegittimamente abbiano avuto un peso reale sulla decisione del giudice di merito,
mediante il controllo della struttura della motivazione, al fine di stabilire se la scelta
di una determinata soluzione sarebbe stata la stessa, anche senza l’utilizzazione di
quegli elementi, per la presenza di altre prove ritenute di per sé sufficienti a
giustificare l’identico convincimento. (Cfr. Cass. Sez. 2, 13.3.2013 n. 14665; Cass.
Sez. 5, 15.7.08 n. 37694; Cass. Sez. 6, 22.2.2005 n. 10094);

3. il terzo motivo di ricorso che reitera la questione della mancata acquisizione delle
fotografie del ricorrente poste sui documenti di riconoscimento personali è
infondata. La Corte territoriale ha ampiamente giustificato il convincimento di non

A norma dell’ ultimo inciso del comma 2 dell’ art. 513 cod. proc. pen., in difetto

necessità di tale integrazione probatoria, avendo rammentato quali sono state le
modalità di formazione degli album fotografici ed avendo evidenziato l’ ininfluenza
della diversità della fotografia inserita nel terzo album, fotografia che comunque
riproduce le sembianze del ricorrente.

4. Il quarto motivo di ricorso è infondato. Vero è che la sentenza impugnata (pag.
11) ha spiegato le ragioni del rigetto della richiesta difensiva di acquisizione delle

difesa per le contestazioni senza (in tale contesto) affrontare la questione dell’
attendibilità del teste. Ma tale questione ha affrontato e risolto

quando ha

giustificato il convincimento di responsabilità dell’ imputato in relazione al capo S)
dell’ imputazione, attraverso l’ analisi dell’ attendibilità della deposizione
dibattimentale del Cantarelli. La Corte distrettuale ha rammentato come il teste
abbia giustificato il riconoscimento di uno dei rapinatori, nonostante il parziale
travisamento, dalla particolarità degli occhi e delle sopracciglia. Tale parte della
motivazione (che, quantomeno per implicito, evidenzia perché l’ iniziale
dichiarazione di non essere in grado di effettuare riconoscimento degli aggressori
sia ininfluente) non è stata oggetto di critica.

5. Il quinto motivo di ricorso, che denuncia omessa motivazione in ordine al giudizio
di colpevolezza per i delitti di cui ai capi C1) e C2), è anche esso infondato. La teste
ha confermato di avere, in sede di indagini, formulato apprezzamento, in termini
percentuali (80%, 65%), dei riconoscimenti effettuati. Ma rispondendo in maniera
precisa al controesame del difensore ha confermato, come osservato dalla Corte
territoriale, il riconoscimento (“…ho riconosciuto i ragazzi…”). Anche in questo caso
vale rammentare che la sentenza ha trovato conforto nella valutazione di tale
testimonianza nella formale ricognizione effettuata in carcere, ricognizione in
occasione della quale evidentemente non vi sono state valutazioni di tipo
percentuale, perché tale passaggio motivazionale non è stato oggetto di critica.

6. Il ricorso deve in conseguenza essere rigettato con condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali.

dichiarazioni rese da Cantarelli Davide nel corso delle indagini ed utilizzate dalla

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