Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46342 del 04/07/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 46342 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: BEVERE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BENEDETTO WALTER N. IL 17/03/1975
avverso l’ordinanza n. 136/2013 TRIB. LIBERTA’ di TORINO, del
20/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO BEVERE;
otpe_
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

yA.),

Uditi difensor Avv.; 5,3–)Q o

-)Th

CAS-C:

Data Udienza: 04/07/2013

FATTO E DIRITTO

Nell’interesse degli indagati è stato presentato ricorso per vizio di motivazione con particolare
riguardo all’omissione di valutazione di elementi sopraggiunti, in favore dei predetti fratelli :
questo nuovo elemento è costituito dall’accertamento- conseguito con investigazioni sollecitate da
istanza difensiva, ex art. 358 cpp- che la somma di E 200, versata con cadenza mensile a Benedetto
Walter, non proviene dalla cosiddetta colletta organizzata dal clan mafioso in favore dei propri
aderenti in stato di detenzione,ma da un’iniziativa di solidarietà dei propri congiunti . Pertanto, il
versamento effettuato il 16 .12.2011 dal fratello Massimo -che gestisce una macelleria- al Walter
perde valore indiziante , anche se la conversazione tra Marino Pietro e Marino Antonino- nel corso
della quale furono compiuti i conteggi del clan sui versamenti ai propri affiliati, avvenne due giorni
prima; si è trattato di una pura casualità. Inoltre la conversazione tra Marino Pietro e D’Amico
Antonino, nel corso della quale viene menzionato un tale Massimo, che ha una macelleria, si è
svolta a una distanza di tempo tale (il 16.9.2012) , da escludere un collegamento tra i due dialoghi.
Inoltre ,gli inquirenti non hanno precisato quale sia stato il comportamento delittuoso del
Benedetto Walter, all’interno del sodalizio criminoso, precisazione resa necessaria dal dato
oggettivo che egli è in stato di detenzione ininterrottamente dal 19.10.07 per condanne per reati
comuni , del tutto alieni da contesti associativi.
Il difensore fa anche rilevare che non sussiste un quadro indiziario grave e non appare
dimostrata la sussistenza di esigenza cautelare, né ab origine né in termini di attualità.
I ricorsi presentatf nell’interesse di Benedetto Massimo e Benedetto Walter, valutati
congiuntamente a causa dell’intreccio indissolubile delle due posizioni , sono da considerare
inammissibili, innanzitutto perché ripropongono argomenti già ritenuti infondati con ordinanza di
questa Corte, emessa il 19.3 2013 , a seguito del ricorso avverso l’ ordinanza 9.11.2012,con la
quale il tribunale di Torino aveva rigettato la richiesta di riesame e aveva confermato l’ordinanza
10.10.2012 del Gip , applicativa della misura cautelare della custodia in carcere. Inoltre
propongono all’esame di questo giudice di legittimità elementi fattuali , la cui mancata incidenza
sul quadro indiziario è stata efficacemente evidenziata dal tribunale del riesame .

Va quindi ribadito che le indagini sin qui svolte sono state razionalmente valutate dai giudici di
merito laddove hanno considerato la sussistenza di un programma intermedio , gestito dai locali
della provincia torinese (la cui realizzazione è ineludibile, per il radicamento e il rafforzamento del
potere mafioso in questo territorio) incentrato sull”autotutela della forza persuasiva e della capacità
promozionale del metodo mafioso della `Ndrangheta , anche in momenti di crisi e di transitoria
sconfitta nel contrasto con le forze dell’ordine.A tal fine ,è risultato agli inquirenti che
,l’associazione ha fissato —con regole esplicitamente e/o pragmaticamente sedimentate – vincoli di
fedeltà e di reciproca assistenza tra gli adepti dell’associazione, operanti precipuamente nei
momenti di scontro perdente, con il potere repressivo esercitato dallo Stato ,che toglie la libertà
personale ad alcuni aderenti , nell’esercizio del suo dovere di ripristinare e riaffermare la legalità.

Con ordinanza 20.2.2013, il tribunale di Torino ha rigettato l’appello avverso l’ordinanza
21.1.2013 del Gip del medesimo tribunale , con cui era stata respinta la richiesta di revoca della
misura cautelare della custodia in carcere applicata a Benedetto Massimo e Benedetto Walter,, in
ordine al reato ex art. 416 bis, commi 1,2,3,4,5 c.p., perché accusati di far parte, insieme ad altre
persone, dell’associazione mafiosa denominata Ndrangheta , operante da anni sul territorio
piemontese, in particolare nel locale Chivasso , oggetto della presente indagine ,denominata “Colpo
di coda”, sviluppo e continuazione della più ampia indagine “Minotauro”.

In entrambi i procedimenti nati da queste indagini, gli inquirenti hanno riconosciuto a un dato
fattuale (la raccolta di denaro destinato ai detenuti) l’efficacia dimostrativa della partecipazione, da
parte di chi vi partecipa come operatore o come beneficiario, all’associazione predetta. Questa
raccolta di denaro non è risultata giustificata in via esclusiva da lecita solidarietà familiare , in
quanto è stato accertato che i versamenti sono stati effettuati da persone che non sono legate da
rapporti di parentela ai beneficiari. In base alle dichiarazioni di collaboratori, di cui è stata
verificata l’affidabilità, sussiste l’obbligo degli aderenti ad aiutare economicamente la famiglia, i
cui componenti sono detenuti ; da questo dato gli inquirenti hanno tratto la seguente considerazione
: se partecipare alle attività di sostegno dei consociati in carcere costituisce un preciso obbligo di
quelli liberi, ne consegue che tutti coloro che —senza essere indicati come soggetti di distinti
rapporti definiti altri con l’associazione-abbiano partecipato ad una colletta sono consociati. Il
prosieguo delle indagini non ha rilevato la possibilità di secernere ,tra i donanti e gli operatori ,chi
abbia contribuito in nome della solidarietà neutra dell’emigrante meridionale o del familiare nei
confronti del conterraneo o del congiunto in difficoltà, rispetto a chi ,come il ricorrente Benedetto
Massimo, abbia agito in nome di congiunta solidarietà familiare e criminale ,in favore del sodale
Walter..
Rimane quindi confermato, quanto affermato dalla prima ordinanza del tribunale del riesame,
secondo cui la colletta deve intendersi inequivocabilmente indicatore fattuale , da quale desumere
la compenetrazione di tutti i partecipi nel tessuto organizzativo associativo e, al tempo stesso,
prova dell’affiliazione.
Fulcro di questo convincimento deriva dalle intercettazioni di conversazioni ambientali, intercorse
tra Marino Pietro —personaggio intraneo di alto livello nell’associazione- e il figlio Antonino — nelle
date 14, 18 dicembre 2011 e 12.10.2012, aventi ad oggetto l’indicazione di autori e degli importi
dei versamenti , nonché dei beneficiari e dell’importo ad essi destinato. In queste conversazioni si
parla di una raccolta di denaro, proveniente da 13 persone ,che si autotassano, per 120 euro; la
somma raccolta è destinata a 8 detenuti, nella misura di 200 euro ciascuno.
Premessa la obbligatorietà della tassa di 120 euro, gravante su ciascuno degli affiliati liberi, se un
affiliato ha un familiare in carcere non deve versarla, per evitare un inutile giro di moneta : basta
versargli 80 euro che, aggiunti all’ammontare della tassa di 120 , realizzeranno l’importo del
contributo di solidarietà mafiosa. L’obbligatorietà di questa tassa per i detenuti — garantita dalla
implicita minaccia di sanzione per gli inadempienti- diretta alla raccolta di fondi, a scopo
assistenziale (a beneficio materiale e morale dei detenuti ,che percepiscono , nonostante l ‘esilio
carcerario, la persistenza del rapporto dare/avere con l’associazione locale e contigua) è
confermata dalle dichiarazioni di Mihaela Andreea Sorocaniuc (legata al sodale Cavallaro
Ferdinando) ,datate 27.10.2012, a proposito della regola ,gravante sugli “amici” dell’aiuto
economico in favore dei familiari del detenuto .Altra conversazione, avente ad oggetto la
distribuzione del denaro raccolto, è quella intercettata il 18.12.2011, tra Marino Pietro e D’Amico
Antonino, unitamente al rumore di banconote (così testualmente nella trascrizione) ,nel corso della
quale sono nominati alcuni beneficiari. Successivi accertamenti hanno consentito di individuare il
periodo (giorni immediatamente precedenti al Natale) e, ammontare (200 euro) i beneficiari (alcuni
detenuti del gruppo mafioso) , della distribuzione del denaro raccolto tramite la colletta. La
inclusione di costoro tra i retribuiti con i profitti criminali, grazie a tale circolazione di denaro —in
nome della solidarietà e della resistenza alla legalità — ha condotto razionalmente ,all’interno della
ormai consolidata storiografia giudiziaria- alla considerazione che trattasi della corresponsione al
detenuto , a titolo di compenso, per i meriti acquisiti in passato e a titolo di vincolo ,per il futuro,
ipotecandone la persona e le energie al servizio dell’associazione mafiosa , di cui sono
logicamente da ritenere componenti, sia pure con limitata potestà di azione.
Secondo il ragionamento degli inquirenti, condiviso reiteratamente dal tribunale del riesame, questo
meccanismo di solidarietà ha trovato applicazione in relazione ai fratelli Benedetto
(Massimo,libero, e Walter,detenuto ), a cui si riferiscono i Marino nella conversazione 14.12.2011:
dice Antonino ,riferendosi a Massimo : “gli abbiamo lasciato solo 80 euro…perché 120 se li mette

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Secondo il tribunale, il fatto nuovo non è idoneo a incidere sul quadro indiziario,perché
a) il regolare versamento di denaro dai familiari a Benedetto Walter non esclude che altro
denaro possa essere donato da altri associati, in stato di libertà;
b) le somme versate dai familiari, secondo le indagini della polizia giudiziaria, risultano
provenire da denaro raccolto dai componenti del locale Chivasso, grazie alla suindicata
colletta.
Quanto al permanere delle esigenze cautelari, il tribunale , da un lato , ha rilevato che la sussistenza
di gravi indizi in ordine a un reato di estrema gravità e la specifica capacità a delinquere emersa
dagli indizi medesimi giustificano ampiamente le argomentazioni esplicitate dal Gip; dall’altro ha
rilevato che la natura della fattispecie criminosa contestata rende operativa la presunzione relativa
ex art. 275 co. 3 cpp sull’esclusiva adeguatezza della custodia cautelare. L’operatività di tale
presunzione è giustificata dalla mancanza di elementi indicativi dell’avvenuta rescissione del
vincolo associativo , non essendo razionalmente considerati sufficienti in senso liberatorio le
argomentazioni
– sulla lunga ed ininterrotta detenzione a cui è sottoposto Benedetto Walter,
– sulla natura dei reati per i quali è stato condannato , essendo alieni da contesti associativi
la intrinseca solidità del vincolo mafioso , e i vantaggi di carattere
Va infatti considerato che
economico e di solidarietà che ne derivano per entrambi i fratelli Benedetto non consentono di
ritenere presuntivamente che il tempo abbia indebolito il vincolo medesimo , incidendo sulla
pericolosità sociale dei ricorrenti. Va ribadito che la inclusione del Walter tra i retribuiti con i
profitti criminali —in nome della solidarietà e della resistenza alla legalità — conduce
razionalmente alla considerazione che trattasi della corresponsione, a titolo di compenso, per i
meriti acquisiti in passato e a titolo di vincolo ,per il futuro, ipotecandone la persona e le energie
al servizio dell’associazione mafiosa , di cui il beneficiario è logicamente da ritenere
componente, sia pure con limitata potestà di azione, unitamente al familiare che, a monte, ha
partecipato alla raccolta e alla distribuzione del denaro di provenienza illecita a fini assistenziali.
La manifesta inconsistenza dei motivi del ricorso di Benedetto Walter, comporta la declaratoria di
inammissibilità del gravame con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Roma 4.7.2013

di tasca sua, Massimo , e 80 glieli abbiamo dati noi e fa 200”. Il riferimenti ai Benedetto è desunto
dal fatto che due giorni dopo la conversazione, Benedetto Walter ,detenuto per rapina nel carcere di
Fossano, ha ricevuto la visita della madre Bruno Rosa e del fratello Massimo, il quale gli ha versato
200 euro.
A Benedetto Walter risulta quindi devoluta la somma di E 200 , così scandita : e 80 provengono
dai sodali dell’associazione , mentre i restanti 120 euro sono versati dal congiunto a titolo di
imposta, in un evidente intreccio di solidarietà mafiosa e solidarietà familiare Trova quindi
sufficiente conferma la sussistenza del basilare quadro indiziante il coinvolgimento dei Benedetto
nella suindicata colletta ,da intendersi inequivocabilmente indicatore fattuale della
compenetrazione di tutti i partecipi nel tessuto organizzativo associativo e, al tempo stesso, prova
dell’affiliazione.

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