Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46339 del 26/06/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 46339 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Coppola Stanislao, nato a Casal di Principe il 25.5.1967, avverso
l’ordinanza emessa in data 20.2.2013 dal tribunale del riesame di
Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. Carmine Stabile, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso.
FATTO E DIRITTO

1 Con ordinanza emessa il 20.2.2013 il tribunale del riesame di Napoli,
adito ex art. 310, c.p.p., rigettava l’appello proposto da Coppola
Stanislao avverso l’ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari
presso il tribunale di Napoli aveva rigettato istanza di sostituzione, per

Data Udienza: 26/06/2013

motivi di salute, della misura cautelare della custodia in carcere , cui il
suddetto Coppola è sottoposto, con quella degli arresti domiciliari.
2. Avverso tale decisione, di cui chiede l’annullamento, ha proposto
ricorso per Cassazione personalmente il Coppola, articolando un unico
motivo di impugnazione.

per le quali il tribunale del riesame, di fronte a due diverse valutazioni
delle condizioni di salute del Coppola e della loro compatibilità con il
regime carcerario, operate dal dott. Sciaudone, perito nominato dal
giudice per le indagini preliminari, e dal dott. Allocca, consulente di
parte, abbia ritenuto di condividere le conclusioni cui è giunto il perito
d’ufficio circa la compatibilità delle anzidette condizioni di salute con il
regime carcerario, la cui sussistenza il Coppola nega.
3. Il ricorso del Coppola va dichiarato inammissibile per le seguenti
ragioni.
4. Con i motivi che ne costituiscono il fondamento, infatti, il ricorrente
propone censure, da un lato manifestamente infondate, dall’altro
attinenti al merito della valutazione operata dai giudici dell’appello
cautelare, che, in quanto tali, non possono trovare ascolto in sede di
legittimità.
Ed invero il tribunale del riesame di Napoli, pronunciando in sede di
appello ex art. 310, c.p.p., sulla base dei risultati della perizia medicolegale disposta dal giudice per le indagini preliminari, raffrontati alle
osservazioni dal consulente tecnico di parte, rilevava, con motivazione
approfondita ed immune da vizi, che le condizioni di salute mentale del
Coppola non sono particolarmente gravi ed incompatibili con la
detenzione in carcere, dove egli può essere adeguatamente curato e
monitorato, in quanto l’indagato, come evidenziato dal perito, “pur non
essendo affetto da condizione psichica incompatibile con il regime
detentivo in carcere, è portatore di una sofferenza psichica reattiva alla
detenzione, umanamente e psicologicamente comprensibile” (cfr. p. 3
dell’impugnata ordinanza).

2

3. In particolare il ricorrente contesta la omessa indicazione delle ragioni

Al tempo stesso, come correttamente evidenziato dal tribunale del
riesame, i risultati cui approda il consulente tecnico di parte si
caratterizzano per la loro frammentarietà, essendosi quest’ultimo
limitato, in buona sostanza, a delineare le diverse patologie psichiche da
cui è affetto il Coppola e la conseguente necessità che il ricorrente sia

comunque, osserva l’organo giudicante, praticabili in ambiente
carcerario (cfr. pp. 3-4 dell’impugnata ordinanza).
5. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso proposto nell’interesse
del Coppola va, dunque, dichiarato inammissibile, con condanna del
ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del
procedimento, nonché in favore della cassa delle ammende di una
somma a titolo di sanzione pecuniaria, che appare equo fissare in euro
1000,00, tenuto conto della evidente inammissibilità del ricorso,
facilmente evitabile dal ricorrente stesso, che, quindi, non può ritenersi
immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di
inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della
cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, co. 1 ter,
disp. att. c.p.p.
Così deciso in Roma il 26.6.2013

sottoposto alle necessarie terapie farmacologiche e psicoterapeutiche,

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