Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46337 del 26/06/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 46337 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Diana Massimo, nato a San Cipriano d’Aversa il 10.2.1977,
avverso l’ordinanza emessa in data 2.1.2013 dal tribunale del
riesame di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. Carmine Stabile, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.

FATTO E DIRITTO

Data Udienza: 26/06/2013

1. Con ordinanza emessa il 2.1.2013 il tribunale del riesame di
Napoli, adito ex art. 309, c.p.p., confermava l’ordinanza con cui il
giudice per le indagini preliminari di Napoli, in data 3.12.2012,

aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere nei
confronti di Diana Massimo, in relazione ai delitti di partecipazione
all’associazione a delinquere di stampo mafioso nota come “clan
dei Casalesi” (capo A) e di tentata estorsione in danno di Piccirillo
Nicolino, aggravata ex art. 7, I. 203/91 (capo B), oggetto di
contestazione provvisoria.
2. Avverso tale decisione, di cui chiede l’annullamento, ha
proposto ricorso per Cassazione il Diana, a mezzo del suo
difensore di fiducia, articolando due motivi di impugnazione
3. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e
vizio di motivazione in relazione agli artt. 273, c.p.p.; 629, co. 2,
628, c.p., 7, I. 203/91, in quanto il tribunale del riesame, con
motivazione carente e manifestamente illogica, ha fondato la sua
decisione sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Venosa,
assolutamente inidonee, ad avviso del ricorrente, per la loro
genericità, ad integrare un grave quadro indiziario a carico del
Diana in ordine alla sua partecipazione all’episodio estorsivo di cui
al capo B), nulla aggiungendo tali dichiarazioni al materiale
investigativo che lo stesso tribunale del riesame, con precedente
ordinanza dell’11.6.2012, aveva ritenuto insufficiente a fondare
l’assunto accusatorio.
Il ricorrente contesta, altresì, la mancata valutazione da parte del
tribunale del riesame dell’attendibilità intrinseca ed estrinseca
della narrazione del menzionato collaboratore di giustizia.

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4

4. Con il secondo motivo di ricorso il Diana lamenta violazione di
legge e vizio di motivazione, in relazione agli artt. 273, c.p.p., e
416 bis, c.p., reiterando le medesime doglianze sulla genericità ed
imprecisione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia ed, in

particolare, di quelle del Venosa Umberto e sulla mancanza di
motivazione in ordine all’attendibilità intrinseca ed estrinseca di
tali dichiarazioni indicate in precedenza, rilevando l’insufficienza

del materiale raccolto nella fase delle indagini preliminari ad
integrare il requisito dei gravi indizi di colpevolezza circa la
partecipazione del suddetto Diana ad una fazione del “clan dei
Casalesi”, che non può certamente desumersi dal suo
coinvolgimento nell’episodio estorsivo di cui al capo

B),

in

considerazione della già evidenziata inconsistenza dell’ipotesi
accusatoria al riguardo.
5. Il ricorso del Diana non appare fondato e, pertanto, non può
essere accolto.
6. Va innanzitutto rilevato che, a fronte di rilievi difensivi del tutto
generici sulla vaghezza e la imprecisione delle dichiarazioni dei
collaboratori di giustizia, il tribunale del riesame ha operato una
specifica valutazione della credibilità soggettiva di questi ultimi e
della attendibilità intrinseca ed estrinseca delle loro dichiarazioni,
attraverso il richiamo, puntuale e non generico allemotivazioni al
riguardo

espresse

nell’ordinanza

di

custodia

cautelare,

integralmente condivise (cfr. p. 2 del provvedimento oggetto di
ricorso), secondo una tecnica motivazionale conforme ai principi
elaborati dalla giurisprudenza di legittimità.
Ed invero, essendo del tutto pacifico che il provvedimento
restrittivo della libertà personale e l’ordinanza che decide sul
riesame sono strettamente collegati e complementari (cfr.,

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ex

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plurimis, Cass, sez. V, 24.3.2010, n. 16587, rv. 246875), appare

evidente che la motivazione su cui si fonda l’adozione della misura
cautelare deve desumersi dalla lettura integrata dei due
provvedimenti.
del tribunale del riesame è da considerarsi legittima, purché,
come è stato ripetutamente affermato, faccia riferimento a) ad un
altro atto del procedimento la cui motivazione risulti congrua
rispetto all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento di
destinazione; b) fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso
cognizione del contenuto delle ragioni del provvedimento di
riferimento ritenendole coerenti con la sua decisione; c) l’atto di
riferimento sia conosciuto dall’interessato o almeno a lui
ostensibile (cfr., ex plurimis, Cass., sez. IV, 14.11.2007, n. 4181,
rv. 238674).
Tali sono le caratteristiche dell’ordinanza di custodia cautelare ed,
infatti, da tempo la giurisprudenza di legittimità ha ammesso la
possibilità per il tribunale della libertà di motivare mediante il
richiamo “per relationem” al provvedimento del giudice per le
indagini preliminari oggetto di riesame, fermo restando l’obbligo di
fornire adeguata risposta ai rilievi difensivi, purché si tratti di
precise contestazioni.
Ciò in quanto, come è stato sottolineato, “la necessità di ricorrere
ad altri differenti elementi si palesa solo nell’ipotesi in cui quelli
posti a fondamento dell’impugnata ordinanza siano ritenuti
inidonei; d’altro canto l’obbligo di ulteriore motivazione sussiste
unicamente a fronte di argomentazioni difensive dirette ed
inficiare la valenza dei già valutati dati” (cfr. Cass., sez. VI,

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Ne consegue che la motivazione “per relationem” dell’ordinanza

27.9.1995, n. 3728, rv. 202730; Cass., sez. I, 7.2.1995, n. 732,
rv. 200930).
6.1 D tribunale del riesame, inoltre, con motivazione approfondita
ed immune da vizi logici, ha dedotto la sussistenza di un grave

quadro indiziario a carico del Diana da una pluralità di indici
sintomatici, tutti oggetto di specifica valutazione, costituiti: 1)
dalla dimostrata sottoposizione a richieste estorsive del Piccirillo
Carmine, titolare di una rivendita di autovetture, da parte di
un’articolazione dell’organizzazione a delinquere di stampo
mafioso nota come “clan dei Casalesi”, facente capo, tra gli altri, a
Caterino Carmine, il quale, dopo il suo fermo, aveva indicato al
figlio Mario le persone che dovevano continuare a pagare le
tangenti all’organizzazione criminale, ricomprendendovi, per
l’appunto, il Piccirillo (circostanza non contestata dal ricorrente);
2) dal coinvolgimento del Diana nell’attività estorsiva in danno del
Piccirillo: come si evince dalle conversazioni intercettate, infatti, il
Diana si recava in compagnia del Caterino Mario e del Clarelli
Nunzio presso il Piccirillo, una prima volta il 27.2.2012, per
ribadire l’assoggettamento del commerciante alle pretese illecite
del sodalizio, ed una seconda volta il 2.3.2012, per ritirare la
somma convenuta, anche se in questo caso i tre uomini non
raggiunsero la loro meta, in quanto, intercettati ed identificati
dalle forze dell’ordine durante il tragitto, avevano preferito fare
ritorno alla base di partenza. La partecipazione del Diana
all’attività estorsiva di cui si discute, evidenzia il tribunale del
riesame, trova decisiva conferma nelle dichiarazioni del
collaboratore di giustizia Venosa Salvatore – sulla cui credibilità
soggettiva, come pure sulla attendibilità intrinseca ed estrinseca
delle sue dichiarazioni, l’organo giudicante si sofferma con

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/i

valutazione del tutto autonoma rispetto a quella operata dal
giudice per le indagini preliminari (cfr. p. 6) – che, conformemente
a quanto emerso dalle conversazioni intercettate, ha riferito di
avere dato a Diana Massimo (di cui ha indicato anche il

recarsi in compagnia del Caterino Mario presso il Piccirillo, per
ottenere da quest’ultimo il pagamento della tangente estorsiva in
precedenza corrisposta a Caterino Mario, venendo incontro alla
sollecitazione al riguardo fattagli pervenire dallo stesso Caterino
Carmine, a mezzo del figlio Mario; 3) dalle convergenti
dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Laiso Salvatore, Vargas
Roberto e Venosa Umberto, che hanno descritto la carriera
criminale del Diana, di cui hanno avuto diretta conoscenza,
all’interno delle varie fazioni del “clan dei Casalesi”, con compiti
svolti prevalentemente nel settore delle estorsioni; 4) dagli esiti
delle conversazioni intercettate, nel corso delle quali il Caterino
Mario indicava il Diana “tra coloro, attualmente liberi, che sono
fattivamente impegnati, per conto del clan, a contattare le vittime
delle estorsioni”, evidenziandone la vicinanza ad esponenti di
primo piano del sodalizio, quali Iovine Antonio, proprio come
indicato da Venosa Umberto; 5) dalla circostanza che il tribunale
del riesame di Napoli, in data 25.9.2012, aveva confermato altro
titolo cautelare emesso nei confronti del Diana per altri due
episodi estorsivi, oggetto di contestazione aggravata ex art. 7, I.
203/91 (cfr. pp. 3-9 dell’impugnata ordinanza).
6.2 Correttamente, pertanto, il tribunale del riesame ha ritenuto
che gli elementi già raccolti a carico del Diana, letti ed integrati
alla luce dei significativi apporti forniti dal Venosa Salvatore e dal
Venosa Umberto, contribuiscono a formare con le nuove

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soprannome: “Maruzziello”) ed a Clarelli Nunzio l’incarico di

risultanze, non valutate nella precedente decisione favorevole
all’indagato, un solido quadro di gravità indiziaria a carico del
ricorrente in ordine alla sua partecipazione all’estorsione in danno
del Piccirillo, avvenuta con modalità mafiose ovvero nell’interesse

con un ruolo ben definito, al “clan dei Casalesi”.
7. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso proposto
nell’interesse del Diana va, dunque, rigettato, con condanna del
ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese
del procedimento.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, co. 1
ter, disp. att. c.p.p.
Così deciso in Roma il 26.6.2013

del sodalizio camorristico di riferimento, ed alla sua appartenenza,

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