Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46335 del 26/06/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 46335 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Radosavjevic Marko, nato in Serbia il 18.4.1984, avverso la sentenza
pronunciata in data 22.2.2013 dalla corte di appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. Carmine Stabile, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso;
udito per il ricorrente il difensore di fiducia, avv. Sergio Fedeli del Foro di
Roma, che ha concluso, riportandosi ai motivi di ricorso, di cui chiede
l’accoglimento.
FATTO E DIRITTO

Data Udienza: 26/06/2013

1 Con sentenza pronunciata il 22.2.2013 la corte di appello di Palermo
confermava la sentenza con cui il tribunale di Palermo, in data
24.5.2012, aveva condannato Radosavjevic Marko alla pena ritenuta di
giustizia in relazione al reato di cui agli artt. 110, 56, 624 bis, 625, n. 2
e n. 7, c.p.
ricorso per Cassazione l’imputato personalmente, lamentando violazione
di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 624 bis, 625, n. 2 e
n. 7, 62 bis, c.p.
3. In particolare il ricorrente evidenzia come nel caso in esame non sia
configurabile la circostanza aggravante di cui all’art. 625, n. 7, c.p., non
potendosi ritenere stabilimenti pubblici destinati a reverenza i locali
dell’associazione “Voce della Speranza”, dove egli si era introdotto
furtivamente; inoltre la corte territoriale ha errato nel non riconoscere in
favore dell’imputato le circostanze attenuanti generiche, svalutando, al
riguardo, l’intervenuta confessione.
4. Il ricorso va dichiarato inammissibile per le seguenti ragioni.
5. Con particolare riferimento alla prima questione sollevata, si osserva
che essa non ha formato oggetto di doglianza da parte della difesa
dell’imputato con i motivi di appello, per cui, ai sensi dell’art. 606, co. 3,
c.p.p., il ricorso, sul punto, è inammissibile.
6. Quanto al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti
generiche, la doglianza difensiva è del pari inammissibile perché
attinente ad un profilo di merito, che non può essere preso in
considerazione in sede di legittimità, oltre ad essere manifestamente
infondata.
Come è noto, infatti, secondo la giurisprudenza assolutamente
dominante in sede di legittimità la concessione o il diniego delle
circostanze generiche non esige l’esame da parte del giudice di tutti i
parametri di cui all’art. 133 c.p., bastando che venga specificato a quale
di essi si sia inteso fare riferimento. In questa prospettiva, la sussistenza
delle circostanze suddette può essere esclusa dal giudice con
motivazione, non censurabile in Cassazione, basata sulle sole ragioni

2

2. Avverso tale decisione, di cui chiede l’annullamento, ha proposto

preponderanti

della

propria decisione,

purché correttamente

argomentate, come fatto dalla corte territoriale nel fondare la sua
decisione al riguardo sulla gravità del fatto, evidenziando che il furto è
stato commesso “a danno di una chiesa”, e sulla inutilità della
confessione resa dall’imputato, essendo stato quest’ultimo sorpreso ed

T. e altro; Cass., sez. VI, 11/02/2013, n. 11793, A.).
7. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso di cui in premessa va,
dunque, dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente, ai sensi
dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento, nonché,
in favore della cassa delle ammende, di una somma a titolo di sanzione
pecuniaria, che appare equo fissare in euro 1000,00, tenuto conto della
evidente inammissibilità del ricorso, facilmente evitabile dal ricorrente
stesso, che, quindi, non può ritenersi immune da colpa nella
determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr. Corte
Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 26.6.2013

arrestato in flagranza di reato (cfr. Cass., sez. III, 20/09/2012, n. 8056,

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