Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46334 del 18/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 46334 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: AGOSTINACCHIO LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
• PAGANI PRATIS Andrea, nato a Saluzzo il giorno 10.08.1976
avverso la ordinanza in data 3.07.2015 del Tribunale di Torino in funzione di
giudice del riesame,
visti gli atti, l’ordinanza e il ricorso
udita la relazione svolta dal consigliere dr. Luigi Agostinacchio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Massimo Galli, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio;
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 3.07.2015, a seguito di giudizio di riesame, il Tribunale di
Torino confermava l’ordinanza del GIP del Tribunale di Alessandria (ex Tribunale
di Tortona) del 12.09.2013 con la quale era stata applicata a Pagani Pratis
Andrea in via provvisoria la misura di sicurezza della libertà vigilata, da eseguirsi
presso la Comunità Terapeutica “Ville San Secondo” in Moncrivello, in ordine ai
reati di cui agli artt. 572, 582, 629 cod. pen. commessi in Casalnoceto dal 2011
al 3.09.2013.

2. Occorre premettere a riguardo che :

Data Udienza: 18/11/2015

-

l’ordinanza del gip era stata oggetto d’impugnazione una prima volta da
parte dell’indagato ed il tribunale del riesame con ordinanza del
30.09.2013 aveva rigettato l’appello;

a seguito di ricorso del Pagani avverso tale provvedimento, la Corte di
Cassazione, sez. 2^ con sentenza n.49497 dell’11.11.2014 – dep. il
27.11.2014 aveva annullato l’ordinanza impugnata enunciando il principio
di diritto secondo cui “ove il giudice ritenga di applicare, in via

stante il principio di legalità, prescrizioni che ne snaturino la caratteristica
di misura di sicurezza non detentiva”, rinviando al tribunale di Torino per
l’accertamento circa la fondatezza o meno delle doglianze del ricorrente in
ordine alle modalità con le quali era stata eseguita la misura di sicurezza;

in sede di rinvio il Tribunale aveva dichiarato l’inammissibilità della
richiesta di riesame per intervenuta cessazione della misura;

proposto ricorso per Cassazione da parte del Pagani, la Corte con
sentenza della sesta sezione n. 23726 dell’01.04.2015 aveva nuovamente
annullato l’ordinanza del riesame, ritenendo sussistente l’interesse del
ricorrente a richiedere la riparazione dell’ingiusta detenzione ove fosse
accertata l’illegittimità delle prescrizioni a suo tempo imposte all’indagato;

in sede di rinvio, il tribunale di Torino con ordinanza del 18.06/3.07.2015
aveva confermato l’ordinanza impugnata, respingendo la richiesta di
riesame, ritenendo che la libertà vigilata non fosse stata eseguita secondo
modalità proprie delle misure detentive, caratterizzate dalla privazione
della libertà personale per il divieto di allontanarsi da un luogo di privata
dimora o da un luogo di cura o assistenza (requisito estraneo
all’ordinanza del Gip che aveva prescritto all’indagato di sottoporsi a
trattamento terapeutico presso la Comunità indicata, senza imporre
l’obbligo di dimorare presso tale struttura).

3. Avverso l’ordinanza del Tribunale di Torino – sez. del riesame del 18.06.2015
ha proposto ricorso per cassazione il Pagani Pratis sulla base di tre motivi:
– vizio ex art. 606 lett.b) e c) cod. proc. pen. – violazione ed errata applicazione
degli artt. 623 comma 1 lett. a) e 627 cod. proc. pen. in relazione agli artt. 13 e
25 Costituzione – 199, 206, 215 e 218 cod. pen. – 314 cod. proc. pen. – 190
disp. Att. Cod. proc. pen – 55 1.354/75 – 5 comma 1 Convenzione EDU per aver
reiterato il tribunale del riesame – nonostante i principi di diritto fissati dalla
Corte di Cassazione – il giudizio di legittimità della misura applicata nonostante

2

provvisoria, la misura di sicurezza della libertà vigilata non può imporre,

gli evidenti aspetti detentivi della misura (allontanamento dalla casa familiare,
limitazione della libertà di circolazione, obbligo di risiedere presso la struttura e
di sottoporsi a cure mediche), estranei alla libertà vigilata;
– vizio ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen. per la contraddittorietà della
motivazione rispetto agli atti processuali e, in particolare, al contenuto precettivo
dell’ordinanza del Gip;

vizio ex art. 606 lett. b) e c) cod. proc. pen. non avendo il tribunale

quasi tre mesi fino alla revoca della misura disposta con ordinanza del Gip del
Tribunale di Alessandria del 06/12/2013.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.

2. Questa Corte ha già avuto modo di affermare, in sede di primo annullamento
dell’ordinanza di riesame, che ove il giudice ritenga di applicare in via provvisoria
la misura di sicurezza della libertà vigilata non può imporre, stante il principio di
legalità, prescrizioni che ne snaturino la caratteristica di misura di sicurezza non
detentiva (Cass. n. 49497/2014), rinviando al Tribunale di Torino per una
verifica sul punto, attesa la riscontrata lacuna motivazionale a riguardo di
entrambe le ordinanze (quella genetica e quella impugnata).
Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il provvedimento impugnato
non è stato quindi ritenuto illegittimo per aver confermato la misura di sicurezza
disposta in via provvisoria dal Gip; l’annullamento è stato invece determinato
dall’esigenza di verificare la fondatezza o meno della censura del Pagano Pratis
di essere stato sottoposto ad un’atipica misura di sicurezza detentiva.
La valutazione – dapprima omessa (ordinanza del 30.09.2013) ed in seguito
preclusa dall’affermata (ed inesistente) carenza d’interesse del ricorrente – è
stata da ultimo effettuata, con il provvedimento odiernamente impugnato, in
termini sfavorevoli per l’indagato, assumendosi, sulla base dell’esame degli atti
del fascicolo processuale a tal fine acquisito presso l’ufficio Gip del tribunale di
Alessandria, che la misura di sicurezza della libertà vigilata era stata prescritta al
solo fine di “trattamento terapeutico presso la Comunità indicata onde soddisfare
le esigenze di cura e tutela della persona, da un lato, e di controllo della sua
pericolosità sociale, dall’altro”.

3

considerato il diritto alla riparazione per l’ingiusta detenzione, protrattasi per

3. Occorre premettere che in tema di motivi di ricorso per cassazione, integra il
vizio di cui al novellato art. 606, comma primo, lett. e) cod. proc. pen. la
contraddittorietà del ragionamento giustificativo della decisione rispetto alle
risultanze di cui agli atti del processo specificamente indicati dal ricorrente (cfr.
Cass. sez. 1^, sent. n. 35848 del 19.09.2007 – dep. 01.10.2007 – Rv. 237684).
Nel caso di specie le argomentazioni del tribunale a sostegno della natura non
detentiva della libertà vigilata applicata dal giudice di prima istanza sono coerenti

impugnato.
Si afferma infatti che non venne imposta al Pagani alcuna prescrizione relativa
ad un obbligo di dimora presso la Comunità né ad un divieto di allontanamento
dalla stessa. Ed in effetti, la lettura dell’ordinanza applicativa della misura
evidenzia che per esigenze di cura – atteso che l’indagato si era
sistematicamente sottratto agli incontri programmati presso la struttura sanitaria
pubblica – si applicava la misura di sicurezza della libertà vigilata “da eseguirsi”
presso la suddetta comunità terapeutica.
L’esecuzione della misura è quindi collegata ad un preciso obiettivo terapeutico
(al fine di contenere gli eccessi di aggressività del soggetto) senza obbligo di
permanenza presso la struttura, prescrizione estranea al contenuto del
provvedimento.
Deve considerarsi altresì che la Corte Costituzionale con sentenza n.367/2004 richiamata anche, in motivazione, dalla citata Cass. n.49497/2014 – ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.206 cod. pen. nella parte in cui
preclude di adottare una misura di sicurezza non segregante come la libertà
vigilata per attuare gli interventi terapeutici più idonei alla cura dell’infermo di
mente e di disporre, al contempo, le opportune cautele per controllare e
contenere la sua pericolosità sociale.
Ora, la circostanza che il giudice possa nella fase cautelare applicare la misura
non detentiva della libertà vigilata imponendo prescrizioni che consentano nello
stesso tempo il trattamento ed il contenimento della pericolosità sociale giustifica
l’obbligo per il soggetto di frequentare la struttura protetta individuata dal
giudice, al fine di seguire il percorso terapeutico ivi praticato, con evidente
limitazione della libertà personale ma senza che la misura assuma per tale
motivo caratteristiche coercitive.

4

con il contenuto degli atti processuali, richiamati nello stesso provvedimento

Correttamente il tribunale ha rilevato che non venne imposta al Pagani alcuna
prescrizione relativa ad un obbligo di dimora presso la comunità terapeutica e/o
ad un divieto di allontanamento dalla stessa; che le autorizzazioni rilasciate dal
Gip si riferivano a richieste di allontanamento non già dalla struttura ma dal
comune di Moncrivello ove la stessa era ubicata (l’obbligo di dimora in un
comune e la limitazione della libertà di circolazione è connaturale alla misura non
detentiva prevista dall’art. 283 cod. proc. pen.); che l’allontanamento dalla casa

persona indagata per maltrattamenti ed estorsione ai danni del padre),
conseguente alla necessità di sottoporsi a trattamento terapeutico presso la
comunità di Moncrivello, era circostanza priva di rilievo, essendo tale
allontanamento connaturale a misura coercitiva non detentiva, quale quella
prevista dall’art. 282 bis del codice di rito.
In definitiva, l’applicazione della libertà vigilata risulta conforme ai principi di
diritto richiamati in precedenza e non assume connotazione coercitiva; per tale
aspetto può ritenersi in linea con l’evoluzione legislativa tesa a ritenere
eccezionale il ricorso a misure afflittive intramurarie ed a contenere la privazione
della libertà personale nei limiti imposti dal caso concreto, attraverso la
individuazione delle prescrizioni a tal fine più idonee.
4. Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso deve essere rigettato.
Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il giorno 18 novembre 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

familiare (contesto in cui hanno trovato attuazione i fatti di causa, trattandosi di

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