Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46333 del 18/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 46333 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: ALMA MARCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di
Appello di Potenza nell’ambito del procedimento nei confronti di:
• RADUT Alexandru Marian, nato a Craiova (Romania) il giorno 29/4/1992;
avverso sentenza n. 362/14 in data 10/3/2014 del Tribunale di Matera;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
vista la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore Generale dott. Fulvio BALDI, che ha concluso chiedendo il rigetto del
ricorso ritenendo che il Giudice sia incorso in un mero errore di calcolo
suscettibile di correzione materiale;
udita la relazione svolta in camera di consiglio dal consigliere dr. Marco Maria
ALMA;
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Matera, in composizione monocratica, con sentenza in data
10/3/2014, applicava nei confronti di RADUT Alexandru Marian la pena
concordata dalle parti ex art. 444 c.p.p., in relazione al reato di cui all’art. 640
cod. pen. nella misura di giorni 26 di reclusione ed € 50,00 di multa, con pena
detentiva convertita nella corrispondente pena pecuniaria della multa e, dunque,
alla pena definitiva di € 13.550,00 di multa.

Data Udienza: 18/11/2015

Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il Procuratore Generale
della Repubblica presso la Corte di Appello di Potenza deducendo l’inosservanza
e l’erronea applicazione dell’art. 640 cod. pen. per applicazione di pena illegale.
Rileva, al riguardo, il ricorrente che il Giudice nell’irrogare all’imputato la pena di
giorni 26 di reclusione ed € 50,00 di multa, correttamente partendo dal minimo
edittale di mesi 6, non ha considerato che per effetto della tripla riduzione per le
attenuanti e per la diminuente del rito, la pena detentiva non poteva essere

quindi illegale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non è fondato.
Il Procuratore Generale ricorrente ha correttamente evidenziato la non
correttezza dei criteri di calcolo della pena emergenti dalla sentenza.
Seguendo, infatti, lo sviluppo della parte motiva della sentenza impugnata, si
evince che il Giudice – quanto alla pena detentiva – è partito da mesi 6 di
reclusione, l’ha ridotta a mesi 4 di reclusione per effetto del riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche, indi l’ha ridotta a mesi 2 e giorni 10 di
reclusione per effetto del riconoscimento delle circostanze attenuanti di cui agli
artt. 62 n. 4 e 62 n. 6 cod. pen. e, infine, a giorni 26 per il rito così compiendo
calcoli errati in relazione alle possibili riduzioni di pena per effetto del
riconoscimento delle circostanze attenuanti sopra menzionate.
Tuttavia non sfugge dalla lettura della predetta sentenza nonché dall’atto
sottoscritto dal difensore dell’imputato (munito di procura speciale) e dal
Pubblico Ministero relativo alla richiesta di applicazione della pena così come
depositato in udienza che le parti ebbero a chiedere (seppure all’esito di calcoli
intermedi, come detto, non corretti) non l’applicazione di una pena detentiva di
giorni 26 di reclusione ma quella di mesi 1 e giorni 24 di reclusione sostituita (in
uno con la non contestata multa di € 50) con la complessiva pena pecuniaria di €
13.550,00 di multa.
Del resto l’ammontare dell’indicata sanzione sostitutiva è corretto se rapportato
alla pena di mesi 1 e giorni 24 di reclusione (oltre alla multa) e non certo a giorni
26 di reclusione.
Risulta, quindi, nel caso in esame un contrasto tra la pena finale concordata tra
le parti in udienza e quella indicata nel dispositivo, contrasto peraltro limitato
all’indicazione della pena detentiva finale nella misura di giorni 26 in luogo di
quella concordata tra le parti di mesi 1 e giorni 24 di reclusione essendo nel
resto rispondente alla volontà delle parti quanto riportato nel dispositivo.

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inferiore a giorni 36 di reclusione ed ha invece applicato una pena inferiore e

Ora, tenuto conto del fatto che questa Corte Suprema ha già avuto modo di
chiarire da un lato che “in tema di patteggiamento, gli eventuali errori di calcolo
commessi nei singoli passaggi interni per la determinazione della sanzione
concordata non rilevano se il risultato finale non si traduce in una pena illegale”
(Cass. Sez. 6, sent. n. 44907 del 30/10/2013, dep. 07/11/2013, Rv. 257151;
Sez. 1, sent. n. 29668 del 17/06/2014, dep. 08/07/2014, Rv. 263217) e,
dall’altro, che “in tema di patteggiamento, il contrasto sulla misura della pena tra

delle parti, va eliminato con la procedura della correzione degli errori materiali
prevista dall’art. 130 cod. proc. pen.” (Cass. Sez. 1, sent. n. 14653 del
05/03/2008, dep. 08/04/2008, Rv. 240119; in senso conforme anche Sez. 1,
sent. n. 49239 del 14/11/2014, dep. 26/11/2014, Rv. 261277), ritiene l’odierno
Collegio che nel caso in esame possa procedersi alla correzione del predetto
errore materiale senza che sia necessario addivenire ad un annullamento della
sentenza impugnata.
Per le ragioni indicate deve rigettarsi il ricorso del Procuratore Generale e deve
disporsi che si proceda alla correzione dell’errore materiale contenuto nel
dispositivo della sentenza impugnata laddove in luogo della dicitura “la pena di
giorni ventisei di reclusione” deve intendersi e leggersi “la pena di mesi uno e
giorni 24 di reclusione”.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e dispone procedersi alla correzione dell’errore materiale
contenuto nel dispositivo della sentenza impugnata laddove in luogo della
dicitura “la pena di giorni ventisei di reclusione” deve intendersi e leggersi “la
pena di mesi uno e giorni 24 di reclusione”.
Si provveda all’annotazione sull’originale dell’atto.
Così deciso in Roma il giorno 18 novembre 2015.

dispositivo della sentenza e verbale di udienza, nel quale è contenuto l’accordo

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