Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46327 del 21/05/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 46327 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
Strazzullo Salvatore, nato a Napoli il 17/01/1942

avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Napoli il 02/05/2012

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Francesco Salzano, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso;
udito per la parte civile Caso Paola l’Avv. Paolo Maria Di Napoli, che ha concluso
chiedendo dichiararsi l’inammissibilità, ovvero il rigetto, del ricorso dell’imputato

RITENUTO IN FATTO

Il difensore di Salvatore Strazzullo ricorre avverso la sentenza emessa a
carico del suo assistito dalla Corte di appello di Napoli il 02/05/2012, recante la

Data Udienza: 21/05/2013

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conferma della condanna dell’imputato alla pena di euro 50,00 di multa
(pronunciata in primo grado dal Tribunale della stessa città, sezione distaccata di
Marano) per il reato di minaccia in danno di Paola Caso. Secondo l’ipotesi
accusatoria, a seguito di precedenti diverbi per l’acquisto di un prodotto presso il
negozio della Caso, lo Strazzullo si era presentato nello stesso esercizio con la
divisa da guardia giurata, prima portando le mani al collo della donna e poi una volta staccatosi da lei a seguito dell’intervento di altre persone presenti estraendo la pistola in dotazione dalla fondina, gesto accompagnato dalla frase

Il ricorrente deduce nullità della sentenza per mancanza di motivazione, non
essendo stato dedicato spazio alcuno alla tesi difensiva secondo cui l’imputato si
era limitato – una volta aggredito dai terzi intervenuti mentre egli stava
discutendo con la Caso – ad appoggiare una mano sull’arma per istintiva
cautela, onde evitare che gli potesse essere sottratta. Versione avvalorata dalla
deposizione di uno dei soggetti intervenuti, tale Attanasio, che (a differenza della
persona offesa) aveva ricordato il gesto dello Strazzullo di impugnare la pistola
quando già si avviava ad uscire.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve qualificarsi inammissibile.
E’ assolutamente pacifica, fin da epoca remota, la giurisprudenza di
legittimità secondo cui «il giudice di secondo grado non ha l’obbligo di esaminare
un motivo dì appello manifestamente infondato» (v., ex plurimis, Cass., Sez. III,
n. 8851 del 25/05/1982, Garraffo, Rv 155462): tale era, con ogni evidenza, la
censura che l’imputato appellante aveva rivolto alla pronuncia del Tribunale nel
prospettare la propria ricostruzione dei fatti, ed in particolare nell’affermare
l’ipotesi che egli si fosse limitato a tenere la pistola con una mano, ancora nella
fondina, al solo fine di evitare che qualcuno se ne impossessasse approfittando
della concitazione del momento. Infatti, è lo stesso ricorrente a trovare
smentita, nel proprio assunto, dalle parole del teste Attanasio che la difesa
invoca, dato che quest’ultimo non parlò affatto di una mano semplicemente
appoggiata sul calcio dell’arma, bensì di una pistola estratta dalla fondina, sia
pure collocando quel gesto nel momento in cui lo Strazzullo stava uscendo;
inoltre, è sempre il difensore dell’imputato a ribadire che il suo assistito non
avrebbe avuto alcuna ragione per pronunciare la frase “adesso ci facciamo
quattro risate”, attribuitagli invece proprio dall’Attanasio per spiegare a fortiori la
valenza minacciosa del gesto.

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“ti faccio vedere io chi sono e cosa succede”.

In definitiva, nella stessa ricostruzione offerta che l’appellante offriva – e
che ancora oggi offre – può scorgersi un parziale contrasto fra i testimoni
dell’accusa circa il momento in cui l’imputato brandì la pistola, aspetto che nulla
toglie alla gravità ed al significato di quella condotta, comunque concordemente
affermata dai presenti, e che certamente non poteva e non può condurre alla
conclusione che tutti costoro vollero accusarlo sostenendo il falso.
E’ pertanto ineccepibile l’osservazione della Corte territoriale secondo cui,
dinanzi a censure della sentenza impugnata che non contenevano elementi di

gravame non poteva intendersi «tenuto a riesaminare una questione formulata
genericamente nei motivi di appello, che sia stata già risolta dal giudice di primo
grado con argomentazioni corrette ed immuni da vizi logici» (v. pag. 5 della
pronuncia oggetto di ricorso, con richiami sul punto a precedenti di legittimità).

2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna dello Strazzullo
al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile
alla volontà del ricorrente (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al
versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di C 1.000,00,
così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.
Si impone altresì la condanna dell’imputato alla rifusione delle spese
sostenute dalla parte civile nel presente giudizio di legittimità, che il collegio
ritiene equo liquidare nella misura di cui al dispositivo.

P. Q. W

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende, nonché al rimborso delle spese di parte civile, liquidate in C 1.800,00,
oltre accessori come per legge.

Così deciso il 21/05/2013.

novità rispetto a quelli già esaminati e disattesi dal Tribunale, il giudice del

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