Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46326 del 21/05/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 46326 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
Silvestri Federica, nata a Roma il 17/04/1962

avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Roma il 03/06/2011

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Francesco Salzano, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della
sentenza impugnata, per intervenuta prescrizione dei reati addebitati

RITENUTO IN FATTO

Il difensore di Federica Silvestri ricorre avverso la sentenza emessa a carico
della sua assistita dalla Corte di appello di Roma il 03/06/2011: in quella sede, in
parziale riforma della sentenza pronunciata il 09/12/2009 dal Tribunale della
stessa città, veniva rideterminata la pena inflitta alla Silvestri in mesi 2 di

Data Udienza: 21/05/2013

reclusione in ordine al reato di cui all’art. 483 cod. pen., mentre l’imputata
veniva assolta da un ulteriore addebito ex art. 640 cod. pen.
I fatti si riferiscono al presunto falso ideologico commesso dall’imputata nel
comunicare alla Polizia Municipale di Roma – in due occasioni – che alla guida di
distinte autovetture a lei intestate, all’atto dell’accertamento di infrazioni al
codice della strada, si trovava tale Franco Zeetti. Lo Zeetti, che effettivamente
si occupava in quel periodo, dietro compenso, di accompagnare a scuola i figli
della Silvestri e di andarli a riprendere, utilizzando auto della donna, aveva

patente di guida a seguito di accertati illeciti amministrativi (l’imputata aveva
invece provveduto al pagamento delle correlate sanzioni pecuniarie); tuttavia,
l’uomo aveva palesato immediatamente la propria estraneità agli addebiti,
commessi in zone della città ed in orari non compatibili con le incombenze che
egli normalmente curava per conto della signora.
Con l’odierno ricorso, la difesa lamenta:
1. difetto di motivazione della sentenza impugnata in ordine all’elemento
soggettivo necessario per la configurabilità del delitto ipotizzato.
Secondo la tesi della ricorrente, e proprio in virtù del rapporto esistente
con lo Zeetti, era certamente plausibile che ella, ricevendo notizia delle
ricordate infrazioni, ne ritenesse responsabile lo stesso Zeetti: al
massimo, alla Silvestri potrebbe addebitarsi una condotta superficiale nel
non aver chiesto all’uomo ragione dei suoi comportamenti inosservanti
delle regole di guida, dando per scontato che comunque fosse stato lui a
passare con il semaforo rosso e ad essere stato notato mentre
conversava al telefono cellulare, ma quell’omessa contestazione non
dimostrerebbe comunque la consapevolezza in capo all’imputata della
falsità delle successive comunicazioni alla Polizia Municipale circa l’identità
del conducente;
2. mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione, in punto di
valutazione delle risultanze istruttorie sul contestato delitto ex art. 483
cod. pen.
La sentenza di appello, confermando la pronuncia del giudice di prime
cure, ritiene attendibili gli assunti dello Zeetti giacché gli impegni cui
questi faceva fronte su incarico dell’imputata erano, per orari e luoghi,
non confacenti alle violazioni di cui ai verbali curati dalla Polizia
Municipale: tuttavia, è la stessa Corte territoriale ad ammettere che
quella incompatibilità spazio-temporale non sarebbe assoluta, incontrando
una eccezione «per quanto genericamente emerso in ordine ai corsi di
nuoto pomeridiani saltuariamente frequentati dai ragazzi», incombenza

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ricevuto le conseguenti comunicazioni attestanti la decurtazione di punti dalla

che curava lo stesso Zeetti come risultato da plurime deposizioni
testimoniali. Inoltre, i giudici di merito avrebbero rilevato l’insufficienza
delle allegazioni difensive a confutare l’impianto accusatorio solo con
riguardo alla presunta infrazione commessa 1’08/01/2004, e non anche a
proposito di quella che si sarebbe invece verificata il 04/02/2004 (dove
l’illecito amministrativo aveva riguardato la circolazione alla guida
dell’auto mentre il conducente era impegnato in una conversazione al
cellulare, e la Silvestri aveva documentato con tanto di tabulati che il

quell’orario).
Con atto depositato in data odierna, la difesa fa rilevare l’intervenuta
prescrizione dei reati contestati all’imputata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve qualificarsi inammissibile, perché fondato su motivi
manifestamente infondati, oltre che tali da costituire mera riproposizione di
argomenti già confutati in precedenza.
E’ infatti sufficiente prendere atto del contenuto della sentenza di primo
grado, per intendere superati i problemi del presunto difetto di dolo e della
paventata contraddittorietà delle decisioni di merito.
La convinzione della Silvestri che alla guida delle due vetture si trovasse lo
Zeetti, sia l’8 gennaio che il 4 febbraio 2004, è infatti esclusa dal rilievo che ella,
il 20 aprile ed il 16 giugno di quello stesso anno, adottò un comportamento
identico, inviando al competente Comando di Polizia Municipale due dichiarazioni
analoghe nelle quali segnalava appunto di non essere stata lei a condurre le auto
in questione, bensì lo stesso Zeetti: come sottolineato nella pronuncia del
Tribunale, «le dichiarazioni in discorso sono state rese non contestualmente,
bensì in due diverse occasioni ed alla distanza temporale di circa due mesi, il che
consente, in sede di valutazione, di escludere tanto l’eventualità di un errore,
quanto la buona fede della stessa Silvestri, la quale, in un arco temporale così
ampio, avrebbe ben potuto rivolgersi allo Zeetti per chiarire insieme i termini
della vicenda». Ineccepibile è il conseguente sviluppo motivazionale della
sentenza del giudice di prime cure, sul piano logico, laddove si rappresenta che i
fatti «vanno considerati congiuntamente alla condotta di seguita tenuta
dall’odierna imputata, la quale – stando alle ricevute depositate – nel luglio
2004 ha provveduto al pagamento delle predette sanzioni pecuniarie, facendo
poi pervenire allo Zeetti copia delle relative quietanze. Un simile comportamento

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proprio telefono radiomobile non aveva effettuato o ricevuto chiamate in

- pur ove ingenerato, come sostiene la parte civile, dai continui interpelli e
richieste di chiarimenti che lo Zeetti aveva già rivolto alla Silvestri – porta a
ritenere che le mendaci dichiarazioni scritte, rese alla Polizia Municipale
dall’imputata, non sono state fornite allo scopo di rendersi esente dalle
obbligazioni economiche conseguenti alle due contravvenzioni, bensì erano
orientate (fin dall’inizio, oppure dall’evolversi della vicenda) a conseguire un
diverso “ingiusto profitto con altrui danno”, come è da ritenere sia stato,
verosimilmente, quello di non subire lei stessa od altro suo familiare facente uso

patente di guida».
Agli argomenti ora evidenziati si aggiunge la coerente considerazione logica,
ribadita dalla Corte di appello di Roma, secondo cui appare «del tutto
inverosimile che la Silvestri – dopo aver ricevuto la notifica di due infrazioni al
codice della strada elevate a carico delle sue vetture – possa non avere
contestato in alcun modo immediatamente la cosa a colui che a suo dire era il
responsabile delle infrazioni (è pacifico in atti, non contestandolo la stessa
imputata, che la Silvestri non ebbe a dire nulla allo Zeetti, e che quest’ultimo
venne a sapere dell’accaduto solo quando la Polizia Municipale gli contestò
personalmente le infrazioni, sulla base appunto delle dichiarazioni rilasciate dalla
donna circa il fatto che in entrambe le occasioni fosse lo Zeetti alla guida dei
veicoli)».
Inoltre, sia il Tribunale che la Corte territoriale risultano avere già esaminato
anche il profilo della possibile compatibilità delle infrazioni contestate con le
normali incombenze di autista che lo Zeetti prestava in favore della famiglia della
Silvestri: ciò non solo con riguardo ai fatti dell’8 gennaio (quando l’istruttoria
dibattimentale aveva fatto emergere la prova certa che lo Zeetti si trovava
addirittura fuori Roma), ma anche in ordine alla successiva infrazione. La Corte
di appello, in particolare, ha evidenziato che i corsi di nuoto saltuariamente
frequentati dai figli dell’imputata si svolgevano in orari e luoghi comunque non
confacenti alle violazioni de quibus, e quanto all’uso del cellulare non poteva
escludersi «che la donna adoperasse nell’occasione un altro telefonino o che
addirittura fosse non lei ma un suo familiare alla guida della vettura (è pacifico in
atti che anche il padre della Silvestri era solito adoperare le vetture
dell’imputata)».
In definitiva, i motivi di ricorso riproducono le stesse ragioni già discusse e
ritenute infondate (sia in primo grado che) dal giudice del gravame: detti motivi
debbono perciò considerarsi non specifici, in quanto il difetto di specificità del
motivo – rilevante ai sensi dell’art. 581, lett. c), cod. proc. pen. – va apprezzato
non solo in termini di indeterminatezza, ma anche «per la mancanza di

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delle due autovetture in questione decurtazioni di punteggio dalla propria

correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste
a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può
ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di
aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc.
pen., all’inammissibilità dell’impugnazione» (Cass., Sez. II, n. 29108 del
15/07/2011, Cannavacciuolo).

2. Stante la ritenuta inammissibilità del ricorso, non è possibile prendere

16/12/2011, in data posteriore alla sentenza di appello): per pacifica
giurisprudenza di questa Corte un ricorso per cassazione inammissibile, vuoi per
manifesta infondatezza dei motivi vuoi per altra ragione, «non consente il
formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la
possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129
cod. proc. pen.» (Cass., Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv 217266,
relativa appunto ad una fattispecie in cui la prescrizione del reato era maturata
successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; v. anche, negli stessi
termini, Cass., Sez. IV, n. 18641 del 20/01/2004, Tricomi).

3. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna della Silvestri al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla
volontà della ricorrente (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al
versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di C 1.000,00,
così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 21/05/2013.

atto della prescrizione del reato contestato all’imputata (sopravvenuta il

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