Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46325 del 21/05/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 46325 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
Militello Santina, nata a Bivona il 23/07/1968

avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Ancona il 03/11/2011

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Francesco Salzano, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della
sentenza impugnata, per intervenuta prescrizione dei reati addebitati;
udito per la ricorrente l’Avv. Anna Maria Ragaini, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso, e l’annullamento della sentenza impugnata (in
subordine senza rinvio, per intervenuta prescrizione)

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 21/05/2013

Il difensore di Santina Militello ricorre avverso la sentenza emessa a carico
della sua assistita dalla Corte di appello di Ancona il 03/11/2011: in quella sede,
in parziale riforma della sentenza pronunciata il 27/04/2010 dal Tribunale della
stessa città, veniva rideterminata la pena inflitta alla Militello in mesi 3 e giorni
20 di reclusione in ordine al reato di cui all’art. 483 cod. pen., mentre l’imputata
veniva assolta da un ulteriore addebito ex artt. 477 e 482 cod. pen. I fatti si
riferiscono alla presentazione della copia di un certificato apparentemente
attestante che l’odierna ricorrente aveva prestato servizio come collaboratore

presentazione di una domanda per la formazione di una graduatoria permanente
del personale presso l’ufficio scolastico della Regione Marche, in cui si dava atto
di quella pregressa attività (in realtà mai svolta).
La difesa lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 483 cod. pen., in
relazione agli artt. 46 e 47 del d.P.R. n. 445 del 2000; rappresenta altresì che
l’imputata sarebbe incorsa in errore di fatto, scusabile e rilevante ex art. 47 cod.
pen.
Ad avviso della ricorrente, il modulo di domanda aveva contenuto di
autocertificazione, con la conseguente applicabilità della norma incriminatrice
sopra richiamata in caso di dichiarazione mendace, solo con riguardo alle parti
dell’istanza che non richiedevano l’allegazione di documenti specifici: con
riguardo allo svolgimento di pregressa attività di collaboratrice scolastica, però,
vi era la necessità di produrre la necessaria documentazione proveniente
dall’ente dove il servizio era stato prestato, così dovendosi escludere che la
semplice dichiarazione della parte avesse valenza certificativa della veridicità di
quanto attestato. Quanto meno, la compresenza di una dichiarazione
dell’interessata e di un autonomo certificato dell’istituto scolastico avrebbe
dovuto intendersi dimostrativa dell’errore della Militello sulla valenza penale di
quanto ella attestava, ben potendo l’imputata aver compreso che le proprie
dichiarazioni su quei punti non rientrassero fra quelle il cui obbligo di veridicità
era da considerare penalmente sanzionato.
Al più, secondo il difensore, la condotta della prevenuta avrebbe potuto
essere qualificata ex art. 640 cod. pen., ipotesi non più percorribile anche in
virtù dell’ormai maturata prescrizione e che avrebbe comportato in ogni caso
«una impostazione totalmente diversa» del processo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2

scolastico negli anni 2001-2 e 2004-5 presso un dato istituto, ed alla contestuale

1. Il ricorso deve qualificarsi inammissibile, giacché fondato su motivi che
riproducono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del
gravame: detti motivi debbono perciò considerarsi non specifici, in quanto il
difetto di specificità del motivo – rilevante ai sensi dell’art. 581, lett. c), cod.
proc. pen. – va apprezzato non solo in termini di indeterminatezza, ma anche
«per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione
impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che
quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza

c), cod. proc. pen., all’inammissibilità dell’impugnazione» (Cass., Sez. II, n.
29108 del 15/07/2011, Cannavacciuolo).
Nella fattispecie in esame, la difesa sofferma la propria attenzione sul rilievo
che – in ordine ai periodi di servizio già prestati – il soggetto interessato non
avrebbe dovuto limitarsi ad una autocertificazione, ma produrre idonea
documentazione, così potendo ragionevolmente confidare che, su quelle parti,
non vi fosse assunzione della responsabilità a dichiarare il vero: tesi che si
dimostra palesemente illogica (sarebbe come dire che un dichiarante, sapendo di
dover produrre un documento comunque attestante la verità, possa dirsi
legittimato ad affermare dati falsi in contrasto con i documenti che egli stesso
produce), e che è smentita all’evidenza, nel caso di specie, dalla circostanza che
la medesima imputata produsse in quella occasione la fotocopia contraffatta di
un “certificato di servizio” dove erano elencati gli stessi periodi di prestazione di
attività falsamente dichiarati (si tratta dell’addebito per cui è intervenuta
sentenza assolutoria in appello). In ogni caso, la difesa non tiene conto degli
argomenti sviluppati nella sentenza impugnata, laddove era evidenziato che «nel
modulo compilato e depositato dalla Militello ai sensi degli artt. 46 e 47 d.P.R. n.
445/2000, ella ha dichiarato di aver prestato i periodi di servizio di cui alla
imputazione, che non aveva mai svolto secondo quanto pacificamente emerso
dal giudizio di primo grado. La autocertificazione riguarda circostanze e fatti che
la firmataria, compilando la domanda di inserimento in graduatoria, attesta come
veritiere (per quanto qui interessa, inserendo nelle apposite caselle i dati dei
periodi di servizio): la falsità colpisce il contenuto tipico della dichiarazione
redatta nelle forme previste dal d.P.R. n. 445/2000, sanzionata penalmente ai
sensi dell’art. 76. Ed infatti l’art 76 co. 3 del d.P.R. n. 445/2000 equipara la
dichiarazione predisposta e sottoscritta nelle forme di cui agli artt. 46 e 47 dello
stesso testo normativo ad atto ricevuto da pubblico ufficiale il cui contenuto
fidefaciente in forza delle disposizioni di legge che affidano a dichiarazione resa
in tali forme la attestazione di fatti o qualità necessarie per il procedimento
amministrativo, come nella specie la esistenza e durata di servizi svolti. Nella

3

cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591, comma 1, lett.

intestazione della domanda era del resto espressamente enunciato il richiamo
alla normativa vigente, al dovere di veridicità ed alle conseguenze penali per il
mendacio».

2. Stante la ritenuta inammissibilità del ricorso, non è possibile prendere
atto della prescrizione del reato contestato all’imputata (sopravvenuta il
21/09/2012, in data posteriore alla sentenza di appello): per pacifica
giurisprudenza di questa Corte un ricorso per cassazione inammissibile, vuoi per

formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la
possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129
cod. proc. pen.» (Cass., Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv 217266,
relativa appunto ad una fattispecie in cui la prescrizione del reato era maturata
successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; v. anche, negli stessi
termini, Cass., Sez. IV, n. 18641 del 20/01/2004, Tricorni).

3. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna della Militello al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla
volontà della ricorrente (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al
versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di € 1.000,00,
così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 21/05/2013.

manifesta infondatezza dei motivi vuoi per altra ragione, «non consente il

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA