Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46317 del 12/02/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 46317 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
Salerno Domenico, nato a Novara il 14/07/1979

avverso la sentenza emessa il 02/03/2012 dalla Corte di appello di Torino

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Giuseppe Volpe, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso

RITENUTO IN FATTO

Il difensore di Domenico Salerno ricorre avverso la sentenza della Corte di
appello di Torino, emessa il 02/03/2012, in virtù della quale veniva parzialmente
riformata la sentenza pronunciata dal Tribunale di Novara il 24/05/2011 nei
confronti dello stesso Salerno, recante la condanna alla pena di anni 4 e mesi 3

Data Udienza: 12/02/2013

di reclusione (oltre che al pagamento delle spese processuali ed al risarcimento
dei danni lamentati dalla parte civile Elena Ansi) e l’interdizione dai pubblici uffici
per anni 5. I fatti si riferivano ad addebiti di tentato omicidio – già derubricato
dal giudice di prime cure nel diverso reato di lesioni personali – e molestie
telefoniche, in ipotesi commessi il 14/09/2008, nonché a precedenti episodi
qualificati ex artt. 605, 582 e 610 cod. pen., risalenti al luglio/agosto 2008: la
Corte di appello assolveva l’imputato quanto ai fatti del settembre,
rideterminando il trattamento sanzionatorio per le ulteriori contestazioni in anni

Sui reati in ordine ai quali veniva confermata la declaratoria di penale
responsabilità del Salerno, la Corte territoriale evidenziava la piena attendibilità
della Ansi, le cui dichiarazioni avevano trovato conferma nelle certificazioni
mediche; ulteriori riscontri provenivano dalla deposizione di Federica Marchi
Aletti, che aveva prestato soccorso alla Ansi a seguito dei fatti sub D), e da
quella della sorella della parte offesa, presente all’episodio di cui al capo E). La
Corte aggiungeva che «all’imputato, in considerazione del precedente penale
riportato e in ragione del comportamento processuale tenuto, connotato da
totale negazione degli addebiti e manifesta arroganza, non possono essere
riconosciute le circostanze attenuanti generiche».
Con l’odierno ricorso, la difesa si duole appunto della negazione delle
circostanze ex art. 62-bis cod. pen.: richiamata l’esigenza, codificata appunto
dalla norma appena richiamata, di pervenire ad un trattamento sanzionatorio
individualizzante ed effettivamente commisurato alla gravità degli addebiti, il
ricorrente lamenta che la motivazione adottata dalla Corte di appello di Torino
per escludere dette attenuanti si rivela incongrua e inadeguata al caso di specie,
soprattutto tenendo conto del contestuale ridimensionamento complessivo delle
contestazioni mosse al Salerno per effetto dell’intervenuta parziale assoluzione.
In ogni caso, circa il presunto contegno scorretto del prevenuto, sostiene il
difensore che «il comportamento processuale volto semplicemente a negare la
sussistenza del fatto non può essere considerato di per sé alla stregua di un
elemento negativo ai fini del diniego della concessione delle attenuanti
generiche, posto che l’imputato esercita mediante tale comportamento un suo
diritto di difesa».

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve qualificarsi inammissibile.

2

2 e mesi 6 di reclusione, eliminando l’anzidetta pena accessoria.

Da un lato, se ne rileva la manifesta infondatezza, atteso che non è possibile
affermare che la valutazione negativa in punto di riconoscibilità delle attenuanti
generiche sia stata compiuta dai giudici di merito solo sulla base della negatoria
delle proprie responsabilità da parte del Salerno. Nella sentenza di primo grado
veniva infatti segnalato che «l’intera serie di condotte delittuose ai danni della
donna che voleva lasciare l’imputato risulta allarmante e desta inquietudine per
tanta ingiustificata e reiterata violenza, né risulta mitigata da elementi concreti e
seriamente apprezzabili, posto che il prevenuto e il suo difensore non hanno

determinano il diniego di qualsivoglia attenuante».
L’atteggiamento processuale in questione, peraltro, non era quello del
limitarsi a contestare la fondatezza delle accuse: nella medesima pronuncia del
Tribunale si rappresenta che l’imputato aveva indotto testimoni pronti a riferire
che la donna era immeritevole del legame con lui o che era una poco di buono; si
sottolinea altresì un suo atteggiamento «all’evidenza reattivo e prevaricatore»,
come emerso dall’esame avvenuto in aula. Né va dimenticato il richiamo al
precedente penale – con applicazione ex art. 444 cod. proc. pen. della pena di 1
anno e 2 mesi di reclusione, oltre a 5.000,00 euro di multa – che concerneva
una condotta di importazione di stupefacenti nel marzo 2005: richiamo compiuto
anche dalla sentenza di appello.
In linea di principio, peraltro, si è già da tempo affermato che la sussistenza
di circostanze attenuanti rilevanti ai fini dell’art. 62-bis cod. pen. è oggetto di un
giudizio di fatto, e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle
sole ragioni preponderanti della propria decisione, non sindacabile in sede di
legittimità, purché non contraddittoria e congruamente motivata, neppure
quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori
attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Cass., Sez. VI, n. 42688 del
24/09/2008, Caridi). E’ stato altresì più volte chiarito che, ai fini della
concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche, il giudice può
limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen.,
quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del
beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole
od all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere
sufficiente in tal senso (Cass., Sez. II, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone).

2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del Salerno al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla
volontà del ricorrente (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al

3

mantenuto un atteggiamento processuale positivo e corretto. Ragioni che

pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di C 1.000,00,
così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle

Così deciso il 12/02/2013.

Ammende.

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