Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46314 del 18/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 46314 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: AGOSTINACCHIO LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
• DE COLOMBI Angelo nato ad Alba il giorno 09.11.1969

avverso la sentenza n. 3704 in data 06.11.2013 della Corte di Appello di Torino
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita la relazione svolta dal consigliere dr. Luigi Agostinacchio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Massimo Galli, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 6.11.2013 la Corte di Appello di Torino, in parziale
riforma di quella emessa con rito ordinario dal Tribunale di Asti il 16.02.2005,
dichiarava non doversi procedere nei confronti di De Colombi Angelo in ordine ai
reati di cui ai capi B) – presentazione di una falsa denuncia ex art. 483 cod. pen
– e C) – induzione in errore di un pubblico ufficiale ex att. 48 e 477 cod. pen. perché estinti per prescrizione e, dichiarate le già concesse attenuanti generiche
prevalenti sulla contestata recidiva, rideterminava la pena in ordine al reato di
riciclaggio cui al capo A) in anni due e mesi otto di reclusione ed C 688,00 di
multa.
La corte torinese confermava a riguardo il giudizio di responsabilità dell’imputato
per aver ricevuto un APE Viaggio 50 provento di furto, sul quale aveva effettuato

Data Udienza: 18/11/2015

operazioni tali da ostacolare l’accertamento della provenienza delittuosa
(alterazione del numero originario e genuino del telaio, duplicazione di un falso
certificato di idoneità tecnica e di omologazione).
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore
dell’imputato sulla base di un unico motivo, con il quale ha contestato la
mancanza, contraddittorietà ed illogicità della decisione (art.606 comma 1, lett.
e cod. proc. pen.) con riferimento:

all’escussione del teste Graziano, soggetto che aveva ceduto il mezzo al De
Colombi e che avrebbe potuto chiarire, in qualità di precedente possessore, le
modalità del trasferimento del bene;
b) all’accertamento dell’elemento soggettivo – senza considerare la peculiarità
del lavoro dell’imputato, dedito alla raccolta e rivendita di materiale ferroso di
ogni genere – ed oggettivo del reato – attesa la mancata prova circa la
realizzazione dell’opera di contraffazione .

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. E’ appena il caso di evidenziare, in relazione al denunciato vizio motivazionale
ex art.606 lett. e) cod. proc. pen, che il controllo di legittimità sul discorso
giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato
demandato alla Corte di Cassazione essere limitato, per espressa volontà del
legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari
punti della sentenza impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle
argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo
convincimento o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali.
L’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè
di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, con riferimento alla coerenza
logica del ragionamento; la mancanza di motivazione, oltre che al caso di
assenza o di indecifrabilità grafica, si riferisce all’apparato argomentativo
apparente o apodittico o tautologico, in relazione non solo all’intera res iudicanda
ma anche ad uno snodo fondamentale del ragionamento probatorio; la
contraddittorietà della motivazione infine – pure richiamata dalla difesa del
ricorrente – dopo la novella ex lege 46 del 2006 attiene pur sempre ad evidenze
tali da disarticolare l’intero ragionamento della sentenza o da determinare al suo
interno radicali incompatibilità.

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a) alla mancata ammissione dell’imputato al giudizio abbreviato condizionato

Nel caso di specie va anche ricordato che con riguardo alla decisione in ordine
all’odierno ricorrente ci si trova dinanzi ad una c.d. “doppia conforme” e cioè ad
una doppia pronuncia di eguale segno sulla responsabilità del De Colombi per il
reato di riciclaggio, per cui il vizio di travisamento della prova può essere rilevato
in sede di legittimità solo qualora il ricorrente rappresenti (con specifica
deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la
prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del

Il vizio di motivazione può infatti essere fatto valere solo nell’ipotesi in cui
l’impugnata decisione ha riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso
di “doppia conforme”, superarsi il limite del “devolutum” con recuperi in sede di
legittimità, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per rispondere alle critiche dei
motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati
dal primo giudice (Cass. Sez. 4, sent. n. 19710/2009, Rv. 243636; Sez. 1, sent.
n. 24667/2007; Sez. 2, sent. n. 5223/2007, Rv 236130).
Nel caso in esame, invece, la corte torinese ha esaminato lo stesso materiale
probatorio già sottoposto al tribunale e, dopo aver preso atto delle censure
dell’appellante, è giunto, con riguardo alla posizione dell’imputato, alla medesima
conclusione della sentenza di primo grado.

3. Ciò premesso, il ricorrente afferma che “non può condividersi il ragionamento
della corte d’appello secondo cui l’audizione del Graziano non era da ritenersi
necessaria ai fini del presente procedimento”.
Il ragionamento della corte territoriale si sottrae invece a censura per ragioni che
lo stesso ricorrente omette di considerare: innanzitutto l’ammissione del giudizio
abbreviato condizionato all’escussione del teste si sarebbe giustificata solo
qualora tale prova fosse risultata necessaria, circostanza esclusa invece sulla
base delle dichiarazioni rese dall’imputato circa le condizioni del veicolo, i tempi
ed i modi di ricezione nonché, in particolare, del dato obiettivo della
presentazione da parte del De Colombi della falsa denuncia di smarrimento pochi
giorni dopo il furto del mezzo; inoltre, la testimonianza resa in dibattimento dal
Cue)Pjusì
Graziano)è consistita – secondo l’apprezzamento della corte, non contestato sul
punto dal ricorrente – in indicazioni vaghe e generiche, a conferma dell’inutilità
della sua deposizione.
Quanto alla consapevolezza circa la provenienza illecita del bene, la corte
torinese ha affermato – con argomentazioni coerenti con i riferimenti probatori e
con i principi di diritto richiamati – che il breve intervallo temporale intercorso tra

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provvedimento di secondo grado.

il momento in cui il mezzo fu illecitamente sottratto al suo legittimo titolare (il
22.06.1998) e quello in cui il De Colombi presentò denuncia di smarrimento del
certificato di idoneità, indicando il numero di telaio contraffatto (il 26.06.1998), è
risultato in contrasto con la tesi dell’imputato, secondo cui egli avrebbe
acquistato il veicolo in buona fede, eseguito le opere di riparazione e dopo un
paio di mesi presentato la denuncia suddetta.
Le dichiarazioni di alcuni testi hanno confermato inoltre che l’imputato ritirò il

non si presentava come un rottame di ferro vecchio, inidoneo alla circolazione.
Le conclusioni della corte risultano pertanto logiche: la ricezione di un
autoveicolo o motoveicolo conseguita al di fuori delle normali regole che
presiedono alla cessione di tali mezzi, omettendo qualsiasi trasferimento formale
della proprietà ed in assenza, soprattutto, dei documenti di circolazione, è
significativa della consapevolezza nell’agente dell’illecita provenienza del bene, in
considerazione altresì delle giustificazioni addotte dal De Colombi, smentite o
contraddette da altri elementi di prova.
Anche sotto il profilo dell’elemento oggettivo del reato il ragionamento della
corte territoriale è esente da vizi. Ha correttamente sottolineato quel giudice che
il reato di riciclaggio implica il compimento di operazioni volte non solo ad
impedire in via definitiva ma anche a rendere difficile l’accertamento della
provenienza del bene e che il reato di cui all’art.648 bis cod. pen. è “a forma
libera”, con la conseguenza che anche la semplice presentazione della falsa
denuncia di smarrimento del certificato di idoneità tecnica con indicazione del
numero contraffatto, con la richiesta di duplicato, integra il reato contestato.
Il ricorrente ha insistito nell’acquisto in buona fede dell’Ape Piaggio come
ferrovecchio da rivendere, circostanza invece decisamente smentita dal giudice
di merito sulla base delle argomentazioni sintetizzate in precedenza. Anche il
rilievo secondo cui “nessuno aveva visto l’imputato operare materialmente sul
mezzo (la contraffazione)” è superato dal ragionamento incentrato sulla
rilevanza probatoria degli atti compiuti dopo l’acquisto al fine di rendere difficile
l’accertamento della provenienza del bene.

4. Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile.
Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle

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mezzo dopo che furono apportate sullo stesso diverse riparazioni, sì che il veicolo

Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di C
1.000,00 (mille) a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Così deciso in Roma il giorno 18 dicembre 2015

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