Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46313 del 05/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 46313 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: MARINELLI FELICETTA

Data Udienza: 05/11/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DELL’ARTE SALVATORE N. IL 08/09/1952
avverso l’ordinanza n. 53/2011 CORTE APPELLO di PALERMO, del
07/11/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA
MARINELLI;
lett&seritite le conclusioni del PG Dott.72 4, 11.
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Ritenuto in fatto

La Corte di Appello di Palermo, con ordinanza resa
all’udienza camerale del giorno 7.11.2011 dichiarava
inammissibile l’istanza di riparazione presentata da
Dell’Arte Salvatore per ingiusta detenzione
inammissibile
dichiarava
territoriale
Corte
La
l’istanza sulla base della ritenuta insussistenza del
presupposto della illegittimità degli ordini di
esecuzione emessi nei suoi confronti, in quanto si
sarebbe trattato piuttosto di una situazione
assimilabile a quella del condannato che, anche dopo
la completa espiazione delle pene inflittegli, abbia
chiesto e ottenuto l’applicazione in proprio favore
della disciplina del reato continuato e si sia visto
così ridurre la pena originariamente irrogatagli e
già espiata. Il Dell’Arte infatti avrebbe potuto
imputare la pena che si fosse accertato avesse di
fatto scontato in eccesso ad altra eventuale
condanna, ma tale situazione non avrebbe giustificato
la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione,
mancandone del tutto i presupposti.
Il ricorrente censurava invece l’ordinanza impugnata
per violazione ed erronea applicazione della legge
penale e difetto di motivazione in ordine alla
ritenuta insussistenza del presupposto della
illegittimità degli ordini di esecuzione.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze a mezzo
dell’Avvocatura Generale dello Stato presentava
tempestiva memoria e concludeva chiedendo di voler
dichiarare inammissibile il proposto ricorso ovvero
di rigettarlo.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato.
Come osservato dal Procuratore Generale presso questa
Corte, la vicenda è ricostruita in modo conforme dal
ricorrente e dalla Corte territoriale, soltanto che
quest’ultima, pur dando atto dell’errore presente
nella ordinanza del 22.12.2005, di applicazione della
continuazione in sede esecutiva (determinazione della
pena in anni 4 e mesi l ed euro 6020,00 di multa,
pena corretta poi con ordinanza del 23.07.2009 in
anni 2, mesi 11 e giorni 25 di reclusione), evidenzia
come tutti gli ordini di esecuzione che si sono
succeduti siano stati legittimamente emessi, sulla
base di sentenze definitive:

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PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali. Compensa le spese
tra le parti.
Così deciso in Roma il 5.11.2013

-anzitutto il primo del 29.03.2005, relativo a numero
13 sentenze, per complessivi anni 5, mesi 3 e giorni
13 di reclusione ed euro 9.734,06 di multa:
– e comunque anche i successivi che, pur comprensivi
dell’ordinanza del 22.12.2005 e del relativo computo
erroneo, sono stati emessi anche per la contestuale
esecuzione di altre sentenze definitive.
La Corte territoriale evidenzia poi come la riduzione
delle pene inizialmente inflitte sia stata frutto di
provvedimenti di applicazione della continuazione in
sede esecutiva e come il ricorrente, infine, sia
stato rimesso in libertà sulla base dell’ultimo
ordine di esecuzione della Procura della Repubblica
di Sciacca ed alla data in questo indicata.
Conseguentemente è corretta la deduzione che non si
trattava di ordini di esecuzione illegittimi, e,
comunque, che non consta che essi siano stati poi
accertati e dichiarati tali con provvedimento
irrevocabile, presupposto richiesto invece a
fondamento del diritto alla riparazione e della
legittima attivazione della relativa procedura (cfr.,
Cass.Pen., Sez.4, 2.12.2011; Sez.4, 29.05.2009,
Burtoverde; Sez.4, 24.11.2005, Arrisicato).
Sono completamente assorbite dal rilievo che precede
le doglianze in ordine ai trattamenti- regimi più
favorevoli di cui il ricorrente si sarebbe potuto
avvalere in relazione a pena di minor ammontare,
peraltro del tutto infondate, in considerazione della
pacifica indifferenza delle modalità esecutive
(cfr.,
riparazione
alla
diritto
al
rispetto
Cass.Pen., Sez.4, 26.01.2010, Savio; Cass.Pen.,
Sez.4, 29.01.2009, Camaioni Rapetta, con riferimento
alla tardiva sospensione dell’esecuzione).
Il ricorso deve essere pertanto rigettato e il
ricorrente deve essere condannato al pagamento delle
spese processuali. In considerazione delle
caratteristiche della controversia, si ritiene di
compensare le spese tra le parti.

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