Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46310 del 05/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 46310 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: MARINELLI FELICETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PAPA CASTRENSE N. IL 12/02/1948
nei confronti di:
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE
avverso l’ordinanza n. 319/2007 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
03/02/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA
MARINELLI;
letteArntite-le conclusioni del PG Dott.

ht 4g,

litC-014-01

Data Udienza: 05/11/2013

La Corte di Appello di Napoli, con ordinanza resa
all’udienza camerale del giorno 3.02.2011 rigettava
presentata da Papa
l’istanza di riparazione
Castrense per ingiusta detenzione in regime di
custodia in carcere dal 17/06/00 all’11/07/03 perché:449.)k)
tloganlaRiaLdei reati di cui agli articoli 416 c.p. e
110,81 cpv,61 n.2 c.p. e 10,12 e 14 legge 497/74,
reati da cui era stato assolto con sentenza della
Corte di appello di Napoli del 2.12.2005, divenuta
irrevocabile il 18.03.2006.
Papa Castrense,a mezzo del suo difensore, proponeva
quindi ricorso per cassazione avverso l’ordinanza
della Corte di appello di Napoli e concludeva
chiedendone l’annullamento.
Il ricorrente censurava l’ordinanza impugnata per
violazione ed erronea applicazione degli articoli 314
e 315 cod.proc.pen. e per difetto di motivazione, in
particolare nella parte in cui la Corte di appello
rimproverava in termini di colpa grave condotte
insuscettibili di essere riguardate alla stregua di
macroscopica negligenza e trascuratezza. Pertanto, ad
avviso del ricorrente, non sussisterebbe la colpa
grave, impeditiva del riconoscimento del diritto
all’equa riparazione.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato.
Osserva la Corte che il diritto a equa riparazione
per l’ingiusta detenzione, regolato dagli artt. 314
e ss. c.p.p., trova fondamento nella condizione
soggettiva della persona sottoposta a detenzione
immeritata e in tal senso ingiusta. Il quadro
sistematico di riferimento è un quadro di diritto
civile ma non è quello dell’art. 2043 c.c. che
appresta sanzioni contro chi produce per dolo o colpa
un danno ingiusto ad altri. Il principio regolatore è
piuttosto quello della riparazione legata ad eventi
che producono il sorgere, quali conseguenze di
principi di solidarietà e di giustizia distributiva,
di responsabilità da atto lecito ( la distinzione
tra responsabilità per danno ingiusto ex art. 2043
c.c. e responsabilità per atto lecito è ben chiarita
da Cass. SS.UU. civ. 11/6/2003 n. 9341). E’ ben
regole
delle
l’assetto
materia,
in
fermo,
generalissime che disciplinano l’onere della prova

Ritenuto in fatto

civile ex art. 2697 c.c. posto che il procedimento
relativo alla riparazione per l’ingiusta detenzione,
quantunque si riferisca ad un rapporto
di diritto pubblico
e
comporti
obbligatorio
il rafforzamento dei poteri officiosi del
perciò
tuttavia ispirato ai principi del
giudice,
e’
processo civile, con la conseguenza che l’istante
della
ha l’onere di provare i fatti costitutivi
domanda, la custodia cautelare subita e la
successiva assoluzione ( Corte Cass. Sez. 4 sent. n.
23630 02/04/2004 – 20/05/2004 ). Peraltro il
sorgere del diritto è condizionato alla esistenza di
una condotta del richiedente che al tempo del
processo in nulla abbia dato causa o concorso a dare
causa a quella ingiusta detenzione. L’operazione
intesa a cogliere tali condizioni deve scandagliare
solo l’eventuale efficienza causale delle condotte
dell’imputato che possano aver indotto, anche nel
concorso dell’altrui errore, secondo una valutazione
il giudice a
ragionevole e non congetturale
(Cass. SSUU
stabilire la misura della detenzione
13/12/95 n. 43, Sez IV 10/3/2000 n. 1705) .
Il giudice,pertanto, deve fondare la sua decisione su
fatti concreti e precisi e non su mere supposizioni,
esaminando la condotta del richiedente, sia prima e
sia dopo la perdita della libertà personale,
indipendentemente dall’eventuale conoscenza che
quest’ultimo abbia avuto dell’attività di indagine,
al fine di stabilire, con valutazione ex ante, non se
tale condotta integri estremi di reato, ma solo se
sia stato il presupposto che ha ingenerato, ancorchè
in presenza di errore dell’autorità procedente, la
falsa apparenza della sua configurazione come
illecito penale, dando luogo alla detenzione con
rapporto di causa ad effetto (cfr. Cass. Sezioni
Unite, Sent. n.34559/2002; Cass., Sez.4, Sent.
n.17552 del 2009)
Tanto premesso si osserva che la Corte di Appello di
Napoli, con motivazione adeguata, ha enucleato,con
congrua verifica degli accertati elementi di
riferimento, la condotta del richiedente ostativa
all’accoglimento dell’istanza di equa riparazione.
In primo luogo ha posto in rilievo il fatto che il
ricorrente intratteneva rapporti di frequentazione
anche con esponenti di spicco del cosiddetto clan dei
Casalesi, in particolare con Bidognetti, tanto da
essere indicato come autista personale e4 uomo di
fiducia di quest’ultimo, pur non essendo stato
ritenuto che siffatti elementi- comunque prospettati
da ben quattro collaboratori di giustizia- trovassero
riscontro non con riferimento alle circostanze
riferite, ma limitatamente alla stabile, organica

t’?

adesione del ricorrente al sodalizio criminale a lui
contestato. La Corte territoriale ha pertanto
ritenuto che tali elementi, atteso il contesto dei
fatti in oggetto e la natura della contestazione
(concorso in associazione per delinquere di stampo
camorristico) fossero altamente indicativi e
riflettenti comportamenti oggettivamente sospetti ed
imprudenti che ben potevano indurre gli inquirenti a
concludere nel senso del coinvolgimento del Papa nel
sodalizio di stampo mafioso in oggetto, la cui
esistenza ed i cui personaggi di spicco non potevano
non essere conosciuti dal ricorrente sia per la loro
obiettiva notorietà, sia perché anche il ricorrente
era nativo del casertano.
Questo essendo il quadro accusatorio, il motivo
proposto dall’odierno ricorrente non può essere
accolto.
il
definisce
che
impugnato,
Il
provvedimento
dell’ingiusta
riparazione
la
per
procedimento
detenzione, supera quindi il vaglio di questa Corte
che è limitato alla correttezza del procedimento
logico giuridico con cui il Giudice è pervenuto ad
accertare o negare i presupposti per l’ottenimento
del beneficio indicato. Resta invece nelle esclusive
attribuzioni del giudice di merito, che è tenuto a
il
suo
logicamente
e
adeguatamente
motivare
convincimento, la valutazione sull’esistenza e la
gravità della colpa e sull’esistenza del dolo.
riconosciuto
infatti
non
ha
legislatore
Il
incondizionatamente il diritto all’equa riparazione,
ma l’ha esplicitamente escluso allorquando il
come appunto nella
comportamento dell’indagato,
fattispecie de qua, abbia indotto in errore il
giudice circa l’esistenza dei gravi indizi di
colpevolezza a suo carico.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato e il
ricorrente deve essere condannato al pagamento delle
spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
Così deciso i Roma il 5.11.2013

(‘

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