Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4631 del 09/11/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 4631 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Iammarino Gaetano, nata a Foggia il 04/09/1964

avverso l’ordinanza del 04/05/2012 della Sezione del riesame del Tribunale di
Bari

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Luigi
Riello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento impugnato veniva confermata l’ordinanza del
Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Bari del 03/04/2012, con
la quale veniva applicata nei confronti di Gaetano Iammarino la misura cautelare

Data Udienza: 09/11/2012

della custodia in carcere per i reati di cui agli artt.56, 629 e 319 cod. pen.,
aggravati dal fine di agevolare il clan mafioso Moretti-Pellegrino, ipotizzati
1.1. nell’aver offerto dal 20/10/2009 al 13/07/2010 ad Elio Aimola,
presidente del consiglio di amministrazione della Amica s.p.a., società
interamente partecipata dal Comune di Foggia alla quale era affidato il servizio
pubblico di igiene ambientale, utilità consistite nel pagamento delle spese
funerarie del padre per €.1.550 e di quelle per le riparazioni di due autovetture,
un ciclomotore ed una serranda e nella disponibilità di un operaio per lavori di

Fiore Service, gestita dai fratelli Gaetano e Giacomo Iammarino, di contratti a
cottimo fiduciario, in violazione delle normative in materia, per i servizi di
raccolta dei rifiuti nella città di Foggia;
1.2. nell’aver prospettato dal febbraio all’aprile del 2010 a Giovanni Battista
Mongelli, Sindaco di Foggia, ed a Michele Di Bari, amministratore unico della
Amica s.p.a., azioni ritorsive, ove i contratti di cui sopra non fossero stati
prorogati, e nell’aver poi attuato le stesse a tal fine mettendo fuori uso i veicoli
utilizzati per la raccolta dei rifiuti nella città di Foggia sottaendone le chiavi di
accensione, promuovendo un’iniziativa di protesta che determinava l’interruzione
o la turbativa del servizio, ostruendo l’ingresso della sede della Amica anche con
cassonetti, minacciando i dipendenti addetti alla guida dei mezzi della società e
resistendo con violenza agli agenti di polizia intervenuti per lo sgombero.

2. L’indagato ricorrente deduce i seguenti motivi.
2.1. Violazione di legge nel rigetto delle eccezioni di inefficacia della misura
per la mancata trasmissione al Tribunale dei verbali originali delle dichiarazioni
del Mongelli e del Di Bari, semplicemente riportate nell’informativa di polizia
giudiziaria, e comunque di inutilizzabilità per tali ragioni di dette dichiarazioni. Il
ricorrente ribadisce l’eccezione di inutilizzabilità di dichiarazioni assunte dalla
polizia giudiziaria e pervenute al Tribunale attraverso un’inammissibile
trascrizione in altri atti provenienti dallo stesso organo, profilo particolarmente
rilevante per le dichiarazioni del Mongelli in quanto riferite ad un soggetto
indicato con il solo cognome Iamnnarino, proprio anche di altri soggetti coinvolti
nella vicenda, sulla base di un riconoscimento fotografico effettuato su un album
non depositato.
2.2. Difetto di motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento
psicologico del reato di tentata estorsione ed alla ravvisabilità del diverso reato
di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Il ricorrente lamenta mancanza di
motivazione sull’argomento difensivo per il quale i dipendenti della cooperativa
agivano in quanto illusi dalla proroghe di altri contratti concesse già sotto la
2

dipintura dell’abitazione dell’Aimola, ottenendo l’attribuzione alla cooperativa

gestione del Di Bari e dall’affidamento di servizi ad altre cooperative, e le
rimostranze degli stessi erano finalizzate ad ottenere la corresponsione dei
compensi maturati per i lavori effettuati, in effetti liquidati dopo le manifestazioni
di protesta.
2.3. Violazione di legge sulla ravvisabilità del reato di corruzione propria e,
segnatamente, di un comportamento illegittimo del precedente responsabile
della municipalizzata Elio Aimola. Il ricorrente contesta in particolare che la
stipulazione dei contratti di cottimo fiduciario violasse l’art.23-bis d.l. 25 giugno

comma del citato articolo subordinava l’applicazione della norma all’emanazione
di un regolamento di attuazione avvenuta solo con il d.P.R. 7 settembre 2010,
n.168, successivamente ai fatti in questione. Discute altresì l’argomentazione del
Tribunale per la quale l’art.23-bis avrebbe natura meramente ricognitiva rispetto
alla disciplina di cui all’art.11 d.lgs. 12 aprile 2006, n.163, pertanto già
direttamente applicabile alla situazione esaminata, osservando che la norma del
2008 ed il regolamento di esecuzione del 2010 costituiscono disposizioni
derogatrici della disciplina generale degli appalti. Osserva che comunque nella
stessa ordinanza impugnata, dandosi atto che unico aspetto innovativo del
regolamento è la sottoposizione alle procedure di evidenza pubblica
dell’assunzione di personale precedentemente regolata in regime privatistico, e
che i contratti di cottimo fiduciario avevano ad oggetto servizi affidati alla
municipalizzata in via esclusiva, rispetto ai quali i dipendenti della cooperativa
svolgevano attività meramente complementare a quella dei dipendenti della
municipalizzata, si ammetteva che i contratti erano nella sostanza relativi
all’assunzione di personale e quindi svincolati all’epoca dei fatti dal regime
pubblicistico. E conclude che la condotta doveva pertanto essere qualificata come
corruzione per un atto d’ufficio, nella prospettiva della quale le utilità conseguite
dal presidente della municipalizzata era talmente modeste da escludere che le
stesse avessero concretamente inciso sulla regolarità dell’attività amministrativa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il motivo di ricorso relativo alle eccezioni di inefficacia della misura e di
inutilizzabilità delle dichiarazioni del Mongelli e del Di Bari è infondato.
Infondata è in primo luogo la questione di inefficacia della misura per la
mancata trasmissione al Tribunale dei verbali delle dichiarazioni di cui sopra; è
invero precisato nell’ordinanza impugnata, senza che il ricorrente abbia sollevato
rilievi specifici in contrario, che detti verbali non venivano trasmessi
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2008, n.112, convertito con legge 6 agosto 2008, n.133, in quanto il decimo

semplicemente in quanto non presenti neppure agli atti del fascicolo del pubblico
ministero, risultando le dichiarazioni in esame riportate nell’informativa della
polizia giudiziaria. Non senza considerare, d’altro canto, che l’art.291 cod. proc.
pen. prevede l’obbligo per il pubblico ministero di presentare gli elementi SU Cui
si fonda la richiesta di applicazione della misura cautelare, e non gli atti che detti
elementi contengano, i quali possono pertanto essere trasmessi anche in forma
non integrale, purché rappresentativi degli elementi posti a sostegno
dell’applicazione della misura (Sez. 5, n. 47080 del 26/10/2011, Rapisarda,

Queste ultime considerazioni evidenziano per altro verso l’infondatezza
dell’ulteriore eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni in quanto, per
l’appunto, trasfuse nell’informativa e non contenute in verbali specificamente
redatti. Come correttamente osservato in proposito nel provvedimento
impugnato, l’integrale trascrizione delle dichiarazioni nell’informativa realizzava
adeguatamente lo scopo di portare a conoscenza del Tribunale gli elementi utili
per il giudizio sulla sussistenza dei gravi indizi a carico dell’indagato. Né alcun
profilo di inutilizzabilità è ravvisabile per il solo fatto che detta trascrizione sia
stata eseguita dallo stesso organo di polizia giudiziaria che aveva raccolto le
dichiarazioni. L’orientamento giurisprudenziale citato in proposito dal ricorrente,
come già del resto osservato dal Tribunale, è inconferente in quanto relativo al
caso diverso della trascrizione di elementi di prova nella richiesta di applicazione
della misura cautelare formulata dal pubblico ministero; la cui inutilizzabilità è
dovuta alla violazione dell’obbligo di corredare siffatta richiesta con i documenti
rappresentativi delle fonti di prova che la sostengono, i quali devono
necessariamente essere distinti dalla richiesta stessa (Sez. 6, n.8940 del
09/12/2010 (07/03/2011), Napolano, Rv.249723). L’aspetto, segnalato dal
ricorrente, dell’aver il teste Mongelli indicato nelle proprie dichiarazioni un
soggetto indicato con il solo cognome Iammarino e riconosciuto fotograficamente
in una raccolta non depositata, attiene non all’utilizzabilità dell’atto, ma alla
valenza probatoria dello stesso; e comunque il Tribunale motivava
adeguatamente sull’esclusione di qualsiasi incertezza sull’identificazione
dell’indagato, considerato che nell’informativa la polizia giudiziaria dava atto
della corrispondenza allo stesso della fotografia individuata dal teste.

2. Anche il motivo di ricorso relativo alla sussistenza dell’elemento
psicologico del reato di tentata estorsione, ed alla ravvisabilità del diverso reato
di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, è infondato.
Nel provvedimento impugnato, la tesi difensiva della riconducibilità delle
condotte contestate a )’IR ‘rnere manifestazioni di protesta per il mancato rinnovo
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L/

Rv.251441; Sez. 2, n.6367 dell’08/02/2012, Protopapa, Rv.252107).

dei contratti veniva adeguatamente affrontata, e coerentemente disattesa, in
base alla gravità delle minacce rivolte agli autisti dell’azienda municipalizzata ed
all’impossibilità di qualificare l’indagato, organizzatore delle azioni, come mero
portavoce dei dipendenti di una cooperativa alla quale il predetto non era legato
da rapporti di lavoro; il che consentiva di ravvisare nei fatti una vera e propria
operazione intimidatoria. Anche la prospettazione della riferibilità dell’oggetto di
tale operazione al pagamento dei compensi per i lavori effettuati, posta a
sostegno della configurabilità del diverso reato di esercizio arbitrario delle proprie

dichiarazioni dell’amministratore della municipalizzata, per le quali le azioni
violente venivano effettuate nonostante il predetto non avesse assolutamente
negato il diritto dei lavoratori a percepire i compensi di cui sopra, manifestando
unicamente la necessità di attendere qualche tempo per la relativa liquidazione,
in effetti avvenuta pochi mesi dopo.

3. E’ da ultimo infondato il motivo di ricorso relativo alla ravvisabilità del
reato di corruzione propria.
Il provvedimento impugnato presenta, in ordine alle coordinate giuridicoamministrative della questione, una coerente motivazione, articolata nei
passaggi della previsione, già per effetto dell’art.11 D.Igs. n.163 del 2006, del
ricorso a procedure di evidenza pubblica per l’affidamento di contratti da parte di
società cosiddette in house, parificabili ad organi della pubblica amministrazione;
della qualificabilità in questi ultimi termini dell’azienda municipalizzata in oggetto
in quanto a partecipazione azionaria interamente pubblica ed impegnata in
attività svolte per la loro parte più significativa a favore del Comune di Foggia; e
della funzione meramente ricognitiva attribuibile in questo quadro normativa
all’art.23-bis di. n.12 del 2008 ed al richiamo del decimo comma di detta
disposizione all’emanazione di disciplinanti le procedure ad evidenza pubblica per
l’acquisto di beni o servizi e l’assunzione di personale, posto a fondamento della
contraria argomentazione della difesa, in considerazione della collocazione della
norma nel sopravvenuto contesto giuridico per il quale non era più ammesso
l’affidamento diretto a società

in house di servizi di valore superiore ad

€.900.000.
Non va peraltro trascurato che, con riferimento ad attività amministrative di
carattere discrezionale quale quella in esame, la ravvisabilità del diverso reato di
corruzione impropria presuppone comunque che, nell’esercizio della
discrezionalità, l’atto sia stato adottato nell’esclusivo interesse della pubblica
amministrazione e nella prospettiva della migliore realizzazione di detto interesse
(Sez. 1, n.4177 del 27/10/2003 (04/02/2004), Balsano, Rv.227101; Sez. 6,
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ragioni, veniva respinta dal Tribunale con congrua motivazione fondata sulle

n.36083 del 09/07/2009, Mussoni, Rv.244258) Ed il Tribunale motivava
specificamente in questa prospettiva laddove osservava che la procedura ad
evidenza pubblica risultava essere stata applicata dalla municipalizzata, nel corso
dell’anno 2008, per tutti gli affidamenti di contratti a cooperative diverse dalla
Fiore Service; elemento, questo, logicamente ritenuto significativo del
collegamento della diversa scelta amministrativa adottata per quest’ultima
cooperativa con le utilità offerte al presidente della municipalizzata, e quindi
della riferibilità della decisione a finalità divergenti da quella del perseguimento

Inammissibile è infine la censura relativa alla dedotta carenza motivazionale
sull’identificazione dell’oggetto sostanziale dei contratti in discussione
nell’assunzione di personale piuttosto che nell’affidamento di lavori di pubblica
utilità e sulla conseguente natura privatistica dei relativi rapporti. Il tema non
risulta infatti specificamente proposto fra i motivi di riesame, al di fuori del
generico richiamo, nell’ambito dell’esposizione del diverso motivo dell’asserita
incertezza del quadro normativo all’epoca dei fatti, ad un parere del Consiglio di
Stato che trattava fra l’altro dell’argomento.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato, seguendone la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 09/11/2012

Il Consigliere estensore

dell’interesse pubblico.

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