Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46309 del 10/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 46309 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da D’Orazio Giovanni nato a Messina il 27/5/1972
avverso la sentenza del 7/3/2013 della Corte d’appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Luigi Birritteri, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga
dichiarato inammissibile;

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 7/3/2013, la Corte di appello di Roma confermava la
sentenza del Tribunale di Roma in data 10/6/2009 con la quale D’Orazio
Giovanni era stato condannato alla pena di anni uno e mesi otto di
reclusione ed € 600,00 di multa per il reato di cui all’art. 648 cod. pen.
1.1. La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello ed
in particolare quelle relative alla riconosciuta responsabilità dell’imputato per
il fatto contestato e quelle relative al trattamento sanzionatorio.
2. Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato, per mezzo del suo

1

Data Udienza: 10/11/2015

a

difensore di fiducia, sollevando i seguenti motivi di gravame:
2.1.erronea applicazione della legge penale nonché mancanza, manifesta
illogicità e contraddittorietà della motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1
lett. b) ed e) cod. proc. pen., in relazione al mancato riconoscimento della
fattispecie di lieve entità di cui all’art. 648 cpv. cod. pen. Ha, al riguardo,
evidenziato che il mancato riconoscimento dell’attenuante è stato basato su
un fatto storico errato e cioè l’immatricolazione dell’autovettura da soli tre

2.2. .erronea applicazione della legge penale nonché mancanza, manifesta
illogicità e contraddittorietà della motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1
lett. b) ed e) cod. proc. pen., per non essere stata riconosciuta la
continuazione fra il reato di cui alla sentenza impugnata e quello di cui alla
sentenza del Tribunale di Roma del 19/9/2006 relativo al reato di evasione
accertato lo stesso giorno.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi manifestamente
infondati. Difatti, con riferimento al primo motivo, viene riprodotta
pedissequamente la stessa questione prospettata nel gravame, in ordine
alla quale la Corte d’appello ha dato adeguate e argomentate risposte,
esaustive in fatto e corrette in diritto, che il ricorrente non considera,
limitandosi a censurarle genericamente. Segnatamente le motivazioni svolte
dal giudice d’appello non risultano viziate da illogicità manifesta e
contengono argomentazioni esaustive e conformi al disposto normativo in
ordine al diniego dell’attenuante di cui al secondo comma dell’art.648 cod.
pen., facendosi correttamente riferimento ad una valutazione complessiva
del fatto reato effettuata attraverso un contestuale apprezzamento di tutti
quegli elementi che rientrano nella fattispecie delittuosa; in tale direzione,
oltre al riferimento errato all’epoca di immatricolazione dell’autovettura,
riferimento peraltro non contenuto nella decisione di primo grado, ci si è
basati su una valutazione complessiva del fatto fondata su una valutazione
complessiva della personalità dell’imputato in regione di elementi concreti
analiticamente illustrati dal giudice di merito. Ed al riguardo è noto che la
valutazione della particolare tenuità del fatto ai fini dell’applicazione
dell’ipotesi lieve di ricettazione va operata con riferimento a tutte le
circostanze indicate nell’art. 133 cod. pen.; di conseguenza si deve aver
riguardo al fatto inteso nella interezza delle sue componenti oggettive e
2

anni.

soggettive e, cioè, non solo alla qualità o all’entità del compendio della
ricettazione, ma anche alle modalità dell’azione ed ai motivi della stessa e
quindi alla condotta complessiva ed alla personalità del colpevole (sez. 2 n.
15627 del 13/1/1989, Rv. 182523).
Quanto poi al mancato riconoscimento della continuazione, di cui al
secondo motivo proposto, con valutazione di merito non sindacabile in
questa sede è stata esclusa la ricorrenza dell’unicità del disegno criminoso

arresti domiciliari, di cui ad altra decisione, commessa lo stesso giorno.
Segnatamente il giudice di primo grado, con valutazione confermata in
appello, ha escluso l’esistenza di un programma preventivo e preordinato,
non essendo stato accertato quando l’imputato era entrato in possesso
dell’autovettura e non risultando in alcun modo che lo stesso avesse
ottenuto il possesso dell’autovettura per evadere. La decisione risulta
perfettamente in linea con la giurisprudenza di questa Corte in base alla
quale l’esistenza di un medesimo disegno criminoso è ravvisabile solo
allorché risulti che le plurime azioni del reo siano espressione di un unico
programma di intenzioni che le abbia considerate anche solo in linea di
massima o come ipotesi eventuali o genericamente incluse nelle linee
fondamentali della preventiva rappresentazione, senza necessità che siano
frutto di una precisa e dettagliata ideazione, nell’ambito di un progetto
criminale esattamente individuato e dal contenuto definito in ogni sua parte
(sez. 2 n. 2611 del 18/1/1993, Rv. 193576). A ciò consegue che non è
configurabile continuazione tra un delitto e un altro commesso dallo stesso
soggetto in occasione dell’esecuzione del primo, non programmato “ah
origine” neanche come ipotesi eventuale, che si pone come un incidente di
percorso dovuto a ragioni sopravvenute, se pur in qualche modo ricollegabili
al reato per così dire principale.

4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi
dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna dell’imputato che lo ha
proposto al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n.
186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in C
1.000,00.

3

fra la condotta di ricettazione di cui al presente ricorso e l’evasione dagli

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Il Consigl .

estensore

Il Presidente

Così deciso, il 10 novembre 2015

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