Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4629 del 08/07/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 4629 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: ESPOSITO LUCIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SCORDO DOMENICO N. IL 20/03/1981
MORABITO GIOVANNI N. IL 05/07/1971
avverso l’ordinanza n. 2703/2013 GIP TRIBUNALE di CAGLIARI, del
17/01/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;
lette/site le conclusioni del PG Dott. f u2,,,; 9
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Data Udienza: 08/07/2014

Ritenuto in fatto

1.Scordo Domenico e Morabito Giovanni ricorrono a mezzo del proprio difensore avverso il
provvedimento con cui il g.i.p. del Tribunale di Cagliari, decidendo sulle eccezioni formulate da
un coimputato nel processo penale instaurato anche a loro carico, aveva dichiarato la nullità
del decreto che dispone il giudizio immediato, rilevando che nel medesimo decreto era stata
omessa l’imputazione nei confronti dei predetti e aveva disposto, quindi, la restituzione degli

2. I ricorrenti deducono l’abnormità del suddetto provvedimento. Osservano che detta
abnormità si coglie ove si consideri che esso risulta connotato da “singolarità e stranezza del
contenuto”, tale da renderlo avulso dall’intero sistema. Evidenziano che il provvedimento è
stato adottato senza che i ricorrenti fossero stati interpellati sul punto, in violazione delle loro
prerogative difensive, in particolare senza che fosse loro consentito di azionare il diritto di
sollevare l’eccezione di nullità dinanzi al Tribunale in composizione collegiale.

3.11 Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, con propria requisitoria scritta, rileva
l’abnormità del provvedimento, osservando che la declaratoria di nullità determina una non
consentita regressione del procedimento.

Considerato in diritto

1.Va premesso che, secondo il costante indirizzo di questa Corte di legittimità, abnorme è il
provvedimento che, oltre a non corrispondere a nessuno schema legale e a porsi quindi al di
fuori dell’ordinamento giuridico, determina una stasi del procedimento non altrimenti
superabile che attraverso l’intervento rescindente del giudice di legittimità.

2.Ciò premesso, va rilevato che “il principio della tassatività degli esiti dell’udienza preliminare
è stato (…) da questa Corte affermato con riferimento al caso normale di una rituale
contestazione contenuta nella richiesta di rinvio a giudizio; e non può riguardare il caso in cui
l’imputazione manchi addirittura, senza che il p.m. si sia attivato ai sensi dell’art. 423 c.2
c.p.p. In un caso del genere altro non potrà fare il giudice, nella materiale impossibilità di
determinarsi sia nel senso dell’improcedibilità sia nel senso del rinvio a giudizio, che disporre la
restituzione degli atti al p.m. perché formuli la propria richiesta in precedenza omessa: non
può, invero, ipotizzarsi un obbligo del giudice di decidere ai sensi dell’art. 424 c.I. c.p.p.
quando manchi il presupposto stesso della decisione, e cioè l’esercizio dell’azione penale da
parte del p.m. nei confronti di una persona determinata. In tal caso la restituzione degli atti al
p.m., lungi dal determinare una stasi irrimediabile del procedimento, è anzi l’unico mezzo per
rimediare alla stasi determinata dall’impossibilità di decidere nell’uno o nell’altro senso, e cioè

atti al P.M.

per assicurare al procedimento il suo corso naturale” (Sez. 6, Sentenza n. 3233 del
27/10/1998, Rv. 212019). Da quanto si è illustrato emerge con chiarezza che il caso in esame,
diverge da quello cui si riferisce la sentenza citata dalla difesa (Sez. U, Sentenza n. 5307 del
2008, rv. 238240), nel quale la restituzione degli atti all’ufficio del P.M. era conseguente al
rilievo della sommarietà e della genericità della descrizione del fatto contenuta nella richiesta
del pubblico ministero di rinvio a giudizio e non alla totale mancanza dell’imputazione, talché
correttamente era stato rilevato che il pur legittimo potere di controllo dell’azione e

ragionevole limite, non essendo consentito a quel giudice di disporre ex abrupto la regressione
del procedimento alla fase antecedente delle indagini preliminari, segnandone così l’anomalo
epilogo, senza avere prima richiesto al pubblico ministero di attivare il rimedio correttivo del
vizio dell’atto imputativo nell’ambito della medesima udienza.

3.Ne consegue che il provvedimento non è impugnabile, nel difetto di una espressa previsione
di legge in tal senso e nel difetto di connotazioni tali da farlo rientrare sotto il profilo
dell’abnormità.

4. Il ricorso pertanto va dichiarato inammissibile e va disposta la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali, con esonero dal pagamento della sanzione pecuniaria ex
art. 616 C.P.P. in ragione della peculiarità della fattispecie che ha dato luogo al provvedimento
impugnato.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma 1’8/7/2014.

dell’imputazione, riservato al giudice dell’udienza preliminare, era stato esercitato oltre ogni

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