Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46271 del 23/10/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 46271 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: GARRIBBA TITO

SENTENZA
sul ricorso proposto da MORINELLI Davide, nato il 27..09.1979,

avverso

l’ordinanza emessa il 10 giugno 2013 dal Tribunale di Salerno;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Tito Garribba;
udito il pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Carlo
Destro, che ha concluso per l’annullamento con rinvio;

Data Udienza: 23/10/2013

CONSIDERATO IN FATTO

§1.

Con ordinanza del 10 giugno 2013 il Tribunale di Salerno, ri-

gettato l’appello di MORINELLI Davide indagato per il delitto di cui all’art. 572

accertata la violazione delle prescrizioni inerenti alla misura cautelare del divieto
di avvicinamento alla persona offesa, l’aveva sostituita – a norma dell’art. 276,
comma 1, cod.proc.pen. – con quella degli arresti domiciliari.
Contro detta ordinanza ricorre l’indagato, che denuncia:
1.

inosservanza della legge processuale, assumendo che la sostituzione della
misura originaria con altra più grave s’era risolta con l’applicazione di una
misura nuova e, pertanto, si sarebbe dovuto assumere l’interrogatorio di
garanzia previsto dall’art. 294 cod.proc.pen.;

2.

erronea applicazione degli artt. 303 e 308 cod.proc.pen., assumendo che
la misura cautelare originaria, avendo una durata massima di sei mesi ed
essendo stata applicata il 19.10.2012, sarebbe scaduta il 14 aprile 2013
e, quindi, sia la richiesta del pubblico ministero di aggravamento della misura datata 17.4.2013 sia l’ordinanza conforme emessa dal giudice per le
indagini preliminari il 3.5.2013, in quanto successive alla perenzione della
misura originaria, sarebbero nulle;

3.

inosservanza della legge processuale e mancanza di motivazione, perché
il giudice a quo, adducendo erroneamente il c.d. giudicato cautelare, non
ha verificato l’attuale sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza; inoltre
ha omesso di esaminare le dichiarazioni testimoniali raccolte in sede di indagini difensive sulla pretesa violazione della misura cautelare, giudicandole illogicamente come “recessive” rispetto a quelle della persona offesa.
Conclude pertanto per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
§2.1.

Il primo motivo di ricorso è infondato.

Anzitutto va chiarito che l’impugnazione avverso il provvedimento

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cod. pen., confermava l’ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari,

giudiziale di aggravamento della misura cautelare personale adottato ai sensi
dell’art. 276 cod.proc.pen., deve essere qualificata come appello e non già come
richiesta di riesame (v. da ultimo, Cass., Sez. 5, 27.04.2012 n. 18062, rv
253761).
In secondo luogo si rammenta che la dibattuta questione della neces-

di aggravamento della

misura cautelare personale in seguito alla trasgressione delle prescrizioni imposte è stata definitivamente risolta in senso negativo dalla sentenza delle Sezioni
Unite n. 4932 del 18.12.2009, che ha osservato che nelle ipotesi previste dall’art. 276 cod.proc.pen. non vengono in discussione i presupposti fondamentali
per l’applicazione della misura cautelare, ossia la gravità degli indizi di colpevolezza e l’esistenza delle esigenze cautelari, alla cui verifica è finalizzato l’interrogatorio di garanzia. Viene in discussione, invece, solamente l’adeguatezza della
misura cautelare in corso di esecuzione rispetto alle nuove esigenze cautelari
– eventualmente aggravate – determinate dalla trasgressione alle prescrizioni
inerenti alla misura medesima. Quanto poi alla tutela difensiva, essa è assicurata
dal ricorso ai normali mezzi di impugnazione.

§2.2.

Anche il secondo motivo è infondato.

Anzitutto va chiarito che, a norma dell’art. 172 cod.proc.pen., i termini processuali, nei quali ricadono anche quelli di durata massima delle misure
cautelari personali, si computano secondo il calendario comune, il che significa
che i termini stabiliti a mesi o anni scadono nel giorno corrispondente a quello
del mese o dell’anno di inizio.
Nel caso concreto, il termine di durata massima della misura coercitiva prevista dall’art. 282 ter cod.proc.pen., pari a mesi sei (a norma degli artt.
308, comma 1, e 303, comma 1, lett. a) n. 1, cod.proc.pen.), è cominciato a decorrere il 19.10.2012 e, quindi, è scaduto il 19.4.2013. Pertanto la richiesta di
aggravamento della misura cautelare, presentata dal pubblico ministero il
17.4.2013, è intervenuta prima che la misura scadesse. ‘
Invece la decisione del giudice, che, accogliendo la richiesta del pubblico ministero, ha applicato in data 3.5.2012 la misura degli arresti domíciliari, è
effettivamente sopravvenuta dopo la scadenza dei sei mesi, ma, al riguardo, va

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sità di procedere all’interrogatorio di garanzia nelle ipotesi

rilevato:
– che, a quel momento, non era stata emessa l’ordinanza prevista dall’art. 306
cod.proc.pen., destinata a sancire l’estinzione della misura per scadenza del termine di durata massima;
– che l’ordinanza con cui il giudice ha disposto, a titolo di aggravamento delle

pologia delle due misure susseguitesi nel tempo e del diverso termine della correlativa durata massima, la decorrenza del nuovo termine proprio di quest’ultima
misura (cfr. Cass., Sez. 6, 28.6.1995 n. 2627, Mappelli, rv 203845; Sez. 3,
29.1.1998 n. 429, Parisi, rv 210863).
Pertanto la scadenza – teorica – della misura cautelare originaria non
ha prodotto la pretesa “nullità” dell’ordinanza che, accertato il sopravvenuto aggravamento delle esigenze cautelari, ha disposto l’applicazione degli arresti domiciliari.

§2.3.

E’ fondato invece il terzo motivo là dove denuncia vizio di

motivazione in ordine alla sostituzione della misura cautelare in corso con altra
più grave.
La violazione delle prescrizioni inerenti alla misura cautelare, per essere apprezzata dal giudice ai fini della sostituzione con altra misura più grave,
non può consistere in una mera inosservanza di taluna delle prescrizioni imposte,
ma deve determinare un aggravamento della situazione cautelare tale da rendere la misura applicata concretamente inidonea a salvaguardare le esigenze tutelate.
Il giudice, investito della richiesta di aggravamento, deve quindi anzitutto accertare che la trasgressione sia stata effettivamente commessa e, quindi,
discrezionalmente valutare se la misura già applicata risulti, alla luce del comportamento trasgressivo, inadeguata a prevenire il pericolo in vista del quale fu imposta.
Orbene, sul primo punto, il giudice a quo ha ritenuto la sussistenza
della violazione denunciata dalla persona offesa dal reato, affermando che “il
giudizio di attendibilità frazionata già operato dal giudice per le indagini preliminari e confermato in sede di riesame dal tribunale rendon9 recessivi gli accerta-

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esigenze cautelari, gli arresti domiciliari, ha determinato, a causa della diversa ti-

menti compiuti nelle indagini difensive”.
Tale motivazione appare inadeguata e manifestamente illogica per difetto di pertinenza, perché il giudizio di attendibilità a cui rinvia il giudice a quo è
quello che fu formulato con riferimento alla denuncia del reato di maltrattamenti
in famiglia posta a fondamento della misura cautelare originaria, mentre la re-

commessa il 26.3.2013, da compiersi mediante la valutazione – finora totalmente elusa – della credibilità delle dichiarazioni rese su questo specifico fatto dalla
persona offesa, da mettersi a confronto con le contrastanti dichiarazioni rese in
sede di indagini difensive da Cannas Martina (allegate alla memoria prodotta nell’udienza di appello).
Pertanto l’ordinanza impugnata dev’essere annullata per mancanza di
motivazione.
Improponibile è infine la censura con cui il ricorrente lamenta il mancato riesame dei gravi indizi di colpevolezza, giacché la questione – come esattamente afferma il giudice a quo – è preclusa dalla formazione del c.d. giudicato
cautelare e può essere riproposta solamente con una richiesta di revoca avanzata ex art. 299 cod.proc.pen. sulla base della sopravvenienza di nuovi elementi.

P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale
di Salerno.
Così deciso il 23 ottobre 2013.

giudicanda attuale riguarda l’accertamento della trasgressione asseritamente

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