Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46270 del 23/10/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 46270 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: GARRIBBA TITO

SENTENZA
sul ricorso proposto da VISTOLA Giuseppe, nato il 19.04.1979,

avverso

l’ordinanza emessa il 12 aprile 2013 dal Tribunale di Bari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Tito Garribba;
udito il pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Carlo
Destro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Data Udienza: 23/10/2013

CONSIDERATO IN FATTO
§1.

Con ordinanza del 12 aprile 2013 il Tribunale di Bari, acco-

gliendo l’appello del pubblico ministero, applicava a VISTOLA Giuseppe, indagato
per il reato previsto dall’art. 73 d.P.R. n. 309/1990, la misura cautelare degli arresti domiciliari. Desumeva i gravi indizi di colpevolezza da due conversazioni

rebbe che costoro, essendo implicati nel traffico di stupefacenti e riconoscendosi
debitori dell’indagato, avrebbero da lui ricevuto una fornitura.
Avverso la decisione ricorre l’indagato, che denuncia:
1. inammissibilità dell’appello del pubblico ministero per difetto di specificità dei motivi, essendosi l’appellante limitato a censurare la mancata
analisi delle conversazioni intercettate, senza alcuna esplicazione valutativa della loro rilevanza in rapporto alle singole imputazioni;
2. mancanza di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dei gravi
indizi, assumendo che il “Giuseppe” di cui parlano i conversanti sarebbe stato apoditticamente identificato nell’odierno indagato e, soprattutto, che dal tenore delle conversazioni non si percepisce affatto che
l’indagato abbia effettuato le forniture addebitategli;
3. mancanza di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari, censurando che il pericolo di reiterazione del reato sia
stato desunto dalla pendenza di altro procedimento per violazioni della
disciplina sugli stupefacenti antecedentemente commesse, per il quale
fu sottoposto alla misura degli arresti domiciliari e poi dell’obbligo di
dimora, misure revocate nel luglio 2012 per cessate esigenze cautelari; censura infine che, risalendo la commissione del reato al febbraio
2010, è stata omesso l’accertamento sull’attualità del pericolo di recidiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO
§2.1.

Il primo motivo di ricorso è infondato, perché il pubblico mi-

nistero, indicando, col rinvio alla scheda personale redatta dalla polizia giudiziaria
sul conto dell’indagato, le conversazioni intercettate che costituirebbero la fonte

ambientali intercorse tra Franchelli Antonio e Clema Luciano, dalle quali si indur-

indiziaria e precisando il significato dimostrativo che se ne ricaverebbe in ordine
al fatto contestato, ha soddisfatto il requisito della specificità prescritto per l’ammissibilità dell’impugnazione.

§2.2

Il secondo motivo è fondato.

re effettuato ripetute forniture di cocaina al duo Franchelli-Clema tra il 10 e il 27
febbraio 2010, il giudice d’appello, a dimostrazione dei gravi indizi di colpevolezza, riporta il contenuto testuale di due conversazioni intercettate il 22 e il 27 febbraio 2010, intercorse tra Franchelli Antonio e Clema Luciano mentre si trovano
sull’autovettura del primo, dalle quali si ricaverebbe che gli stessi sarebbero debitori verso l’indagato, donde si dedurrebbe che da lui avrebbero comperato dello
stupefacente.
Orbene dalla lettura delle conversazioni trascritte si apprende:
– dalla prima, che Clema, a corto di denaro, vorrebbe vendere una sua autovettura (“la 166”) e l’amico Franchelli gli propone di cederla a Giuseppina, moglie
dell’indagato, ma la proposta è lasciata cadere perché Clema riceverebbe in cambio “immondizia”; poi parlano di soldi da dare a Giuseppe “anche quando finiamo
la cosa che abbiamo”;
– dalla seconda, che Franchelli, nel transitare nei pressi dell’abitazione dell’indagato, rievoca un incontro avuto con lo stesso per combinare una compravendita
che, però, non è andata a buon fine (“mica me li hai portate quelle cose Giuseppe”).
Peraltro le predette conversazioni si svolgono in un linguaggio sgrammaticato, smozzicato, di non facile comprensione, per cui l’affermazione del giudice a quo, secondo cui dalla loro lettura si ricaverebbe “con evidenza” l’esistenza di un pregressa fornitura di sostanza stupefacente fatta dall’indagato ai due
conversanti, non accompagnata da un’adeguata decodificazione e spiegazione
delle parole o frasi dalle quali si trarrebbe la dimostrazione dell’avvenuta effettuazione della fornitura non soddisfa l’obbligo di motivazione.
Pertanto, in accoglimento del secondo motivo, in esso assorbito il terzo, l’ordinanza impugnata dev’essere annullata con rinvia per nuova decisione,
che spieghi a dovere se e come le conversazioni intercettate consentano di rite-

-3-

Premesso che il capo d’imputazione (C5) addebita all’indagato di ave-

nere la qualificata probabilità che l’indagato abbia commesso il reato ascrittogli.

P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale
di Bari.

Così deciso il 23 ottobre 2013.

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