Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46165 del 15/10/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 46165 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ROSI ELISABETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CASO CIRO N. IL 13/08/1978
avverso l’ordinanza n. 269/2015 TRIB. LIBERTA’ di ANCONA, del
24/07/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ELISA TTA ROSI;
e/se tite le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 15/10/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 24 luglio 2015, il Tribunale di Ancona, in sede di appello
cautelare, ha confermato l’ordinanza di rigetto dell’istanza di sostituzione della
misura cautelare della custodia in carcere per Caso Ciro, emessa dal Tribunale di
Macerata in data 22 giugno 2015, in relazione al procedimento a carico del
predetto indagato per i reati di cui agli artt. 74 e 73 D.P.R. n. 309 del 1990, non
ritenendo affievolite le esigenze cautelari in correlazione con la sentenza di primo
grado pronunciata dal medesimo Tribunale, in conseguenza del riconoscimento

ipotesi di cui all’art. 73 del medesimo D.P.R. contestate, sottolineando la
pronunciata sentenza di condanna all’esito del giudizio di primo grado alla pena
di dodici anni e mesi sei di reclusione ed il permanere dell’attualità del pericolo di
reiterazione .
2. Avverso la decisione il ricorrente, tramite il difensore, ha proposto ricorso per
cassazione, chiedendone l’annullamento, per i seguenti motivi: 1) Inosservanza
ed erronea applicazione di legge, mancanza, contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari,
tenuto conto del tempo trascorso dal fatto (l’ultimo commesso nel febbraio
2011) e della possibilità degli arresti donniciliari, in considerazione della nuova
formulazione dell’art. 274 c.p.p.;
2) Inosservanza ed erronea applicazione di legge, mancanza, contraddittorietà e
manifesta illogicità della motivazione in ordine alla non adeguatezza della misura
degli arresti domiciliari, richiesta con l’applicazione del braccialetto elettronico,
considerando il principio del minor sacrificio necessario che vige nel sistema delle
misure cautelari, secondo quanto affermato dalla Corte Costituzionale, atteso
che il ricorrente si trova ristretto in carcere dal settembre 2012.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va premesso che in materia di misure cautelari l’ambito del controllo di
legittimità attiene alla verifica che l’ordinanza impugnata contenga l’esposizione
delle ragioni giuridicamente significative che hanno sorretto la decisione e sia
immune da illogicità evidenti, ossia il controllo riguarda la congruenza delle
argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (ex multis, Sez.
6, n. 3529 dell’1/2/1999, Sabatini, Rv. 212565; Sez. 4, n. 2050 del 24/10/1996,
Marseglia, Rv. 206104), senza entrare nel merito della ricostruzione dei fatti, né
valutare l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e/o concludenza dei dati
probatori, ovvero considerare le caratteristiche soggettive delle persone
indagate, compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure
ritenute adeguate: questi accertamenti rientrano nel compito esclusivo e
insindacabile dei giudici della cautela.

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dell’ipotesi dell’art. 74, comma 2 D.P.R. n. 309 e dell’assoluzione di alcune tra le

2. Peraltro la giurisprudenza di legittimità ha precisato che il ricorso per
cassazione avverso l’ordinanza emessa in sede di appello cautelare è proponibile
solo per violazione di legge, per cui non possono essere dedotti con tale mezzo
di impugnazione vizi della motivazione, quali la manifesta illogicità della
motivazione, separatamente previste come motivo di ricorso dall’art. 606, lett.
e) c.p.p. (cfr. Sez. 1, n. 40827 del 27/10/2010, Madio, Rv. 248468).
3. Inoltre, una volta intervenuta la sentenza di condanna, la valutazione delle
esigenze cautelari – censurata nel caso di specie – deve sempre mantenersi

quel che attiene all’affermazione di colpevolezza e alla qualificazione giuridica,
ma, anche, per tutte le circostanze del fatto, che non possono essere apprezzate
in modo diverso dal giudice della cautela (in tal senso, Sez. 2, n. 3173 del
22/1/2009, Di Martino, Rv. 242474; Sez. 4, n. 26636 del 30/6/2009, Turloiu, Rv.
244877).
4. Di conseguenza, il controllo di questa Corte sul provvedimento de quo, che è
stato censurato dal ricorso sia in merito all’attualità delle esigenze di cautela che
quanto alla stessa proporzionalità della misura detentiva applicata, è limitato alla
verifica della esistenza della eventuale violazione di specifiche norme di legge o
della mancanza della motivazione, risultante dal testo del provvedimento
impugnato.
5.

Orbene, per quanto appena detto, deve essere innanzitutto rilevata

l’infondatezza delle argomentazioni sviluppate con il primo motivo di ricorso,
relativo alla sussistenza delle esigenze cautelari e, quindi, alla loro attualità, in
quanto le stesse si risolvono nella prospettazione di vizi della motivazione non
riconducibili alla categoria della «violazione di legge» ai sensi dell’art. 325,
comma 1, c.p.p., a fronte di una motivazione dell’ordinanza impugnata
pienamente adeguata e logicamente coerente, avendo i giudici escluso la
rilevanza delle argomentazioni difensive, identiche a quelle avanzate nella
presente sede, sottolineando la valutazione di gravità dei reati, nonostante
all’imputato fosse stato riconosciuto il ruolo di partecipe e non di promotore del
sodalizio criminale finalizzato al traffico di droga, gravità evidenziata dalla
condanna in primo grado alla pena di anni dodici e mesi sei di reclusione, frutto
di una valutazione del giudice del merito di piena inclusione nel contesto
associativo, confermata dalle ripetute attività delittuose poste in essere nel
tempo dal medesimo e con rinnovata valutazione di attualità delle esigenze
cautelari.
6. Anche le censure concernenti la proporzionalità ed adeguatezza non sono
fondate, atteso che i giudici dell’appello cautelare hanno espresso, con

nell’ambito della ricostruzione operata dalla pronuncia di merito, non solo per

motivazione sintetica, il proprio giudizio confermativo dell’ordinanza di rigetto
della sostituzione della misura, declinandolo sia in riferimento alla gravità delle
esigenze cautelari, connesse anche alla gravità dei reati, sia in relazione alla
capacità diffusiva delle condotte illecite delle quali sussiste il pericolo. I giudici
anconetani, inoltre, hanno ritenuto, confermando un principio di diritto di questa
Corte (fr. Sez. 5, Ord. n. 40680 del 19/6/2012, Bottan, Rv. 253716), che qui si
riafferma, che l’applicazione del dispositivo del braccialetto elettronico non
costituisce una differente tipologia misura cautelare, ma rappresenta solo una

ritenuta inidonea nel caso di specie.
Di conseguenza il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna del
ricorrente, ex art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali. Copia del
presente provvedimento deve inoltre essere trasmessa al Direttore dell’Istituto
penitenziario competente.
P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al
Direttore dell’Istituto penitenziario competente, a norma dell’art. 94 Disp. Att.
c.p.p.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2015.

modalità di esecuzione di quella degli arresti domiciliari, misura cautelare

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