Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46148 del 06/07/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 46148 Anno 2016
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: RICCARDI GIUSEPPE
Data Udienza: 06/07/2016

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Capogna Maria Altomare, nata a Corato il 19/0711970
Dahbaoui Tarik, nato a Corato il 10/08/1988
Diasparra Francesca, nata a Corato il 10/04/1982
DiPinto Filippo, nato a Corato il 15/09/1992
Lasorsa Annamaria, nata a Corato il 12/09/1979
Lasorsa Vito, nato a Corato il 20/08/1984
Patruno Luigi, nato a Corato il 30/08/1978

avverso la sentenza del 26/03/2015 della Corte di Appello di Bari

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Giuseppe Riccardi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paolo
Canevelli, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente al
diniego della fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R 309/90, ed il rigetto
dei ricorsi nel resto;
udito il difensore di Diasparra Francesca e Di P1nto Filippo, Avv. Marialuisa
Tarricone, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

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RITENUTO IN FATTO
l. Con sentenza del 04/11/2013 il Gup del Tribunale di Trani, all’esito del

giudizio abbreviato, condannava gli odierni ricorrenti alle pene rispettivamente
ritenute di giustizia, per i reati di cui all’art. 73 d.P.R. 309 del 1990, per una
serie di ipotesi di illecita detenzione~fini di spaccio e di cessione di sostanze
stupefacenti.
Con sentenza del 26/03/2015 la Corte di Appello di Bari, acquisita la
rinuncia degli appellanti limitatamente ai motivi di appello concernenti la
responsabilità penale, confermava la sentenza di condanna sul punto; negava,
inoltre, il riconoscimento del fatto di lieve entità, e, riconosciute le attenuanti
generiche a tutti gli appellanti, rideterminava la pena inflitta in termini più
favorevoli rispetto al l

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grado.

2. Avverso tale provvedimento ricorrono, con unico atto di impugnazione,

Lasorsa Vito e Capogna Maria Altomare, chiedendo l’annullamento della
sentenza.
2 .l. Deducono la violazione di legge sostanziale e il vizio di motivazione,
non avendo la Corte di Appello riconosciuto la fattispecie di lieve entità di cui
all’art. 73 comma 5, nonostante l’ammissione che i fatti contestati riguardassero
quantitativi di droga non elevati, e con una considerazione non individualizzante
degli altri indici di levità, che non tiene in conto che i fatti ascritti a Lasorsa sono
tre, e i fatti ascritti a Capogna sono due.
2.2. Violazione di legge per aver la sentenza impugnata illogicamente

.

determinato la pena base 41fanni 6 di reclusione ed ( 26.000,00 di multa, senza
una considerazione in concreto degli indici di gravità.

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3. Ricorre per cassazione Dahbaoui Tarik, chiedendo l’annullamento della
sentenza per vizio di motivazione: lamenta che la sentenza abbia omesso d1
motivare in ordine alle condotte ascritte al ricorrente, nonché in ordine al
mancato riconoscimento del fatto di lieve entità, e che non abbia applicato i
nuovi limiti edittali reintrodotti in seguito alla sentenza n. 32/2014 della Corte
cost., né abbia riconosciuto le attenuanti generiche.

4. Diasparra Francesca chiede l’annullamento della sentenza deducendo la
violazione di legge ed il vizio di motivazione.
Lamenta che l’affermazione di responsabilità in ordine ai capi 9, 11, 12 e 36
sia stata fondata su una valutazione unitaria e indistinta delle condotte, senza

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una analisi dei singoli fatti; deduce che la ricorrente è stata condannata due
volte in ordine ai medesimi fatti storici, in quanto il capo 9 e il capo 36
riguardano entrambi le cessioni a Musei Ilaria, mentre i capi 11 e 12 riguardano
le cessioni a Vangi Anna; censura il mancato riconoscimento del fatto di lieve
entità, nonostante la sporadicità delle condotte.
Contesta

la

valutazione degli

elementi

probatori

a fondamento

della

condanna per il capo 9 (intercettazioni con Musei), per il capo 11 (intercettazioni
con Vangi), per il capo 12 (intercettazioni e s.i. di Vangi), per il capo 36.

5. Di Pinto Filippo chiede l’annullamento della sentenza deducendo la
violazione di legge ed il vizio di motivazione.
Lamenta che l’affermazione di responsabilità in ordine ai capi 4, 7, 11 e 12
sia stata fondata su una valutazione unitaria e indistinta delle condotte, senza
una analisi dei singoli fatti; deduce che il ricorrente è stato condannato due volte
in ordine ai medesimi fatti storici, in quanto i capi 11 e 12 riguardano le
medesime cessioni a Vangi Anna, alle quali, stando alle dichiarazioni rese dalla
donna, non avrebbe partecipato il Di Pinto; censura il mancato riconoscimento
del fatto di lieve entità, nonostante la sporadicità delle condotte.
Contesta

la

valutazione degli

elementi

probatori

a fondamento

della

condanna per il capo 4, per il capo 7 (intercettazioni con Maino), per il capo 11 e
per il capo 12 (intercettazioni), in ordine al quale l’estraneità del Di Pinto emerge
dalle s.i. di Vangi.

6. Lasorsa Annamaria chiede l’annullamento della sentenza, deducendo i
seguenti motivi.
6.1. Violazione di legge e vizio di motivazione, in ordine al mancato
riconoscimento del fatto di lieve entità, in considerazione dell’esiguo numero di
condotte accertate (cinque su quindici originarie contestazioni), e della modestia
dei

quantitativi

di

droga

illecitamente detenuti,

nonché dell’inesistenza di

un ‘organizzazione.
6.2. Vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena inflitta.

7.

Patruno

Luigi chiede l’annullamento della sentenza, deducendo

seguenti motivi.
7 .1. Violazione di legge e vizio di motivazione, in ordine al mancato
riconoscimento del fatto di lieve entità, in considerazione dell’esiguo numero di
condotte accertate (cinque su diciannove originarie contestazioni), e della
modestia dei quantitativi di droga illecitamente detenuti, nonché dell’inesistenza
di un’organizzazione.

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7.2. Vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena inflitta.

CONSIDERATO IN DIRITTO

l. I ricorsi sono inammissibili.

2. I motivi di ricorso proposti da Dahbaoui Tarik, Diasparra Francesca e Di
Pinto Filippo in relazione all’affermazione di responsabilità sono inammissibili,
avendo tutti gli odierni ricorrenti rinunciato, in sede di giudizio di appello, ai
motivi di gravame concernenti la responsabilità penale.
La rinunzia parziale ai motivi di appello deve, infatti, ritenersi incondizionata
e determina il passaggio in giudicato della sentenza gravata limitatamente ai
capi oggetto di rinunzia, con formazione del c.d. giudicato progressivo (ex

multis, Sez. 2, n. 46053 del 21/11/2012, Lombardi, Rv. 255069).
3. Gli altri motivi di ricorso, proposti da tutti i ricorrenti, riguardano il diniego
della fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990.
Al riguardo, giova rammentare che, secondo quanto chiarito dalle Sezioni
Unite di questa Corte, il fatto di lieve entità di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n.

309 del 1990 può essere riconosciuto solo in ipotesi di minima offensività penale
della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri
parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell’azione),
con

la conseguenza

che,

ove

uno degli

indici

previsti dalla legge risulti

negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul
giudizio (Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247911); la fattispecie non

è configurabile nel caso di detenzione di sostanze di differente tipologia, a
prescindere

dal

dato quantitativo,

trattandosi

di

condotta

indicativa della

capacità dell’agente di procurarsi sostanze tra loro eterogenee e, per c1ò stesso,
di rifornire assuntori di stupefacenti di diversa natura, così da recare un danno
non tenue al bene della salute pubblica tutelato dalla norma incriminatrice (Sez.

3, n. 26205 del 05/06/2015, Khalfi, Rv. 264065, in una fattispecie relativa alla
detenzione di 20,875 grammi di eroina, di 5,176 grammi di cocaina e di 1,401
grammi di hashish).
Tanto premesso, la sentenza impugnata ha fatto buon governo dei principi
richiamati, evidenziando che, sebbene i singoli episodi contestati concernano lo
spaccio o la detenzione a fini di spaccio di quantitativi non particolarmente
elevati di sostanze stupefacenti (per lo più cocaina, ma anche hashish e

marijuana), la varietà delle sostanze oggetto di illecito traffico e le modalità con
le quali l’attività criminosa veniva esercitata ne sanciscono la significativa

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offensività; invero, gli imputati avevano intrapreso, nel territorio di Corato, una
fiorente

attività

di

vendita

di

sostanze

stupefacenti,

riuscendo

ad

approvvigionarsi facilmente, sul mercato illecito, della droga da destinare allo
spaccio al minuto, evidenziando un inserimento nei circuiti criminali sintomatico
della potenzialità offensiva dei fatti e della diffusibilità delle condotte illecite
accertate (Sez. 4, n. 34331 del 03/06/2009, Garau, Rv. 245199).
Pertanto,

la

valutazione

complessiva,

e

non

parcellizzata,

del

dato

pondera/e, della natura (anche ‘pesante’) delle sostanze stupefacenti oggetto di
traffico, la loro varietà, e le circostanze dello spacc1o, emblematiche di un’attività
non occasiona/e, ma costante e diffusa, come dimostrato dalla pluralità di reati
contestati

a c1ascun

imputato,

ha

correttamente

fondato

il

diniego

della

fattispecie di minore gravità.

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Annamaria

motivi
e

di

ricorso

Patruno

Luigi

proposti da Capogna
in

ordine

al

Maria Altomare,

trattamento

Lasorsa

sanzionatorio

sono

manifestamente infondati.
Al riguardo, va premesso che è pacifico che la graduazione della pena,
anche in relazione agli aumenti ed alle diminu7ioni previsti per le circostanze
aggravanti ed attenuanti, nentra nella discrezionalità del giudice di merito, che la
esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati
negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che,
nel giudizio dr cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della
pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento
illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (ex multis, Sez. 5, n. 5582 del

30/09/2013, dep. 2014, Ferrario, Rv. 259142); inoltre, nel caso in cui venga
irrogata una pena prossima al minrmo edittale, l’obbligo di motivazione del
giudice si attenua, talchè è sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della
pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (ex multis,
Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, Taurasi, Rv. 256464).
Con

riferimento

alle

doglianze

proposte,

dunque,

il

trattamento

sanzionatorio è stato determinato sulla base del più grave reato di cui al capo

33, concernente una illecita detenzione di 44 grammi di cocaina, ed è stato
individuato nel minimo edittale, pari a sei ann1 di reclusione ed ( 26.000,00 di
multa.
Analogamente va

detto con

riferimento a Lasorsa

Vito,

che è stato

condannato per i reati contestati ai capi 12, 37 e 39: in tal caso, il trattamento
sanzionatorio è stato determinato sulla base del più grave reato di cui al capo

12, concernente cessioni di cocaina, ed è stato individuato nel minimo ed1ttale,
pari a sei anni di reclusione ed ( 26.000,00 di multa.

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Anche il motivo proposto da Dahbaoui Tarik, secondo il quale la Corte di
Appello non avrebbe applicato i nuovi limiti edittali reintrodotti in seguito alla
sentenza n. 32/2014 della Corte cost., è manifestamente infondato, in quanto la
pena base, per il più grave reato di cui al capo 50 (concernente l’illecita
detenzione di hashish), è stata determinata

1r1

tre anni di reclusione ed C

7.500,00 di multa, nell’ambito della forb1ce edittale prevista dalla fattispecie
attualmente in vigore. Il motivo concernente il preteso diniego delle attenuanti
generiche è, altresì, manifestamente infondato, in quanto le circostanze sono
state riconosciute dalla Corte territoriale anche al Dahbaoui, e considerate nel
calcolo della pena.

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al
pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di denaro
in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare in
Euro 1.500,00: infatti, l’art. 616 cod. proc. pen. non dist1ngue tra le varie cause
di inammissibilità, con la conseguenza che la condanna al pagamento della
sanzione pecuniaria

in

e~;so

prevista deve essere inflitta sia

nel caso di

inammissibilità dichiarata ex art. 606 cod. proc. pen., comma 3, sia nelle ipotesi
di inammissibilità pronunciata ex art. 591 cod. proc. pen ..

P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500,00 ciascuno in favore della Cassa
delle Ammende.
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Così deciso in Roma il 06/07/2016

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