Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4614 del 29/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 4614 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TAURO COSIMO N. IL 22/10/1968
TAURO GIUSEPPE N. IL 09/04/1973
avverso la sentenza n. 6132/2012 GIP TRIBUNALE di BRINDISI, del
31/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 29/10/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza pronunciata il 31 gennaio 2013, ai sensi dell’art. 444
cod. proc. pen., il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brindisi
ha applicato a Tauro Cosimo e Tauro Giuseppe la pena di anni uno e mesi
dieci di reclusione ed euro 500,00 di multa, ciascuno, per il reato di
concorso in detenzione di arma clandestina, commesso in agro di Lantiano,

2. Avverso la predetta sentenza hanno proposto distinti ricorsi a questa
Corte di cassazione gli imputati personalmente, i quali lamentano violazione
di legge e difetto di motivazione con riguardo agli artt. 129, 192 e 530 cod.
proc. pen. e 62, 62bis, 69 e 133 cod. pen.

CONSIDERATO in DIRITTO

1. I ricorsoi sono inammissibili.
Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un
meccanismo processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico
ministero si accordano sulla qualificazione giuridica della condotta
contestata, sulla concorrenza di circostanze, sulla comparazione fra le
stesse e sull’entità della pena. Da parte sua il giudice ha il potere-dovere di
controllare l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici e la congruità della
pena richiesta e di applicarla, dopo aver accertato che non emerga in modo
evidente una delle cause di non punibilità previste dall’art. 129 cod. proc.
pen.
Ne consegue che -una volta ottenuta l’applicazione di una determinata
pena ex art. 444 cod. proc. pen.- l’imputato non può rimettere in
discussione profili oggettivi o soggettivi della fattispecie, perché essi sono
coperti dal patteggiamento.
Tanto premesso, la Corte osserva che i motivi dei ricorso sono
manifestamente infondati, atteso che il giudice, nell’applicare la pena
concordata, si è, da un lato, adeguato a quanto contenuto nell’accordo
intervenuto fra le parti, apprezzando la congruità della pena pattuita in
funzione della sua finalità rieducativa e alla stregue dei parametri di cui
all’art. 133 cod. pen.; e, dall’altro, ha escluso la sussistenza dei presupposti
di cui all’art.129 cod. proc. pen per un proscioglimento nel merito, sulla
base delle fonti di prova richiamate in sentenza.

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il 12/11/2012.

Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento
in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare
pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni,
secondo la costante giurisprudenza di legittimità (si vedano, tra le altre,
Sez. U, n. 5777 del 27/03/1992, dep. 15/05/1992, Di Benedetto, Rv.
191134 e 191135; Sez. U, n. 10372 del 27/09/1995, dep. 18/10/1995,
Serafino, Rv. 202270; Sez. U, n. 11493 del 24/06/1998, dep. 03/11/1998,

2. Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi segue, ai sensi dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del
2000), anche la condanna di ciascuno al versamento a favore della cassa
delle ammende di una sanzione pecuniaria, che si stima equo determinare
in euro millecinquecento.

P. Q. M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno al versamento della somma di euro 1.500,00
in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 29 ottobre 2013.

Verga, Rv. 211468).

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