Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4606 del 29/10/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4606 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
VOLANDRI STEFANO N. IL 31/10/1987
avverso la sentenza n. 1018/2010 TRIBUNALE di GROSSETO, del
15/07/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;
Data Udienza: 29/10/2013
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza pronunciata il 15 luglio 2011 il Tribunale di Grosseto, in
composizione monocratica, ha condannato Volandri Stefano, ritenuta la
fattispecie di cui all’art. 4, comma 3, parte 2°, legge n. 110 del 1975, alla pena
di 200 euro di ammenda, per aver portato fuori dalla propria abitazione, senza
giustificato motivo, una mazza da baseball della lunghezza di cm. 86,5; in
2. Avverso la predetta sentenza ha proposto appello, convertito in ricorso
per cassazione, il Volandri tramite il difensore, il quale chiede l’assoluzione
dell’imputato perché il fatto non sussiste o, comunque, perché il fatto non
costituisce reato, sul rilievo che, per integrare la ritenuta fattispecie
contravvenzionale, non sarebbe sufficiente la mancanza di giustificato motivo
del porto, ma occorrerebbe dimostrare che l’oggetto fosse chiaramente
utilizzabile, per le circostanze di tempo e luogo, per l’offesa alla persona;
ipotesi, quest’ultima, da escludere nel caso di specie, poiché la mazza si trovava
nel portabagagli della vettura ed era presumibilmente usata per attività
sportive.
OSSERVA IN DIRITTO
1. Il ricorso, manifestamente infondato, è inammissibile.
Il Tribunale, contrariamente alla doglianza del ricorrente, ha sostenuto, con
motivazione adeguata e coerente, non solo l’inesistenza di un giustificato motivo
del porto, ma anche la ricorrenza di elementi tali da indurre a ritenere
ragionevolmente che la mazza potesse essere utilizzata come corpo
contundente, giacché l’imputato fu sorpreso, alle cinque del mattino, mentre
circolava con l’attrezzo collocato nel bagagliaio e con tre giovani a bordo, senza
offrire alcuna spiegazione del porto dell’oggetto atto ad offendere e in assenza di
elementi che ne indicassero la destinazione ad attività sportiva o ad altri
impieghi leciti.
2. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616,
comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del
2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle ammende di
Grosseto l’8 novembre 2008.
una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il minimo ed il
massimo previsti, in euro mille.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 29 ottobre 2013.
ammende.