Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 45970 del 22/05/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 45970 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CIAO CHRISTIAN N. IL 22/04/1972
avverso la sentenza n. 1935/2009 CORTE APPELLO di ANCONA, del
08/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA
SAVINO;

Data Udienza: 22/05/2015

In fatto e diritto
Ciao Cristian, a mezzo del difensore, ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza della
Corte di Appello di Ancona emessa in data 8.2.2013 a conferma della sentenza del Tribunale di
Ascoli Piceno del 2.3.09 di condanna del predetto per il reato di cui all’art. 73 co 1 bis dpr 309/90,
per aver illecitamente detenuto gr 50,798 di cocaina, gr 10,95 di hashish, gr 0,45 di marijuana.
Deduceva la difesa, a sostegno del ricorso vizio di motivazione con riguardo alla prova della

insaputa, con riguardo alla prova della destinazione alla spaccio dello stupefacente rinvenuto nella
sua abitazione, essendo finalizzato ad uso terapeutico, quindi personale, illogicità della
motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui al V comma d.p.r. 309/90 e
al diniego della attenuanti generiche.
Il ricorso è inammissibile perché tende ad introdurre, surrettiziamente, sotto forma di vizio di
motivazione, censure di merito volte a sollecitare un diversa valutazione delle risultanze
processuali non consentita in sede di legittimità, in presenza di una sentenza che fornisca una
congrua motivazione,, esente da vizi logici e giuridici (Cass. S.U.n.12 del 31.5.00, S.U. n.47289
del 24.9.03, sez III n.40542 del 12.10.07, sez IV n.4842 del 2.12.03).
Nel caso in esame la sentenza impugnata presenta un apparato argomentativo del tutto congruo ed
esauriente sui punti oggetto delle censure proposte in questa sede; difatti condivisibilmente i
giudici di seconde cure, anche attraverso il richiamo della motivazione della sentenza di primo
grado, hanno ritenuto del tutto inattendibile la tesi difensiva dell’imputato secondo cui la droga
rinvenuta nella sua auto sarebbe stata posta da terztpersone per ritorsione, illustrando le ragioni
della inverosimiglianza di tale assunto e rilevando come, a prescindere dalla sostanza trovata
nell’auto, la prova della detenzione per finalità di cessione si ricava anche dall’altro stupefacente
rinvenuto nella sua abitazione, la cui destinazione per uso terapeutico personale, oltre a non essere
fornita di adeguata dimostrazione, non è stata oggetto dei motivi di appello.
Quanto poi al mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art. 73 V co dpr 309/90, si richiamano i
principi enunciati da questa Corte secondo cui secondo cui “in tema di stupefacenti, la fattispecie
del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 309 del 1990, anche all’esito della
formulazione normativa introdotta dall’art. 2 del D.L. n. 146 del 2013 (conv. in legge n. 10 del
2014), può essere riconosciuta solo nella ipotesi di minima offensività penale della condotta,
desumibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati espressamente
dalla disposizione (mezzi, modalità e circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove uno
degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta
priva di incidenza sul giudizio”

appartenenza al Ciao della sostanza rinvenuta sua autovettura, essendo stata collocate da terzi a sua

Sez. 3, Sentenza n. 23945 del 29/04/2015 Ud. (dep. 04/06/2015)

Rv. 263651,

Sez. 3, Sentenza n. 27064 del 19/03/2014 Ud. (dep. 23/06/2014) Rv. 259664
Sez. U, Sentenza n. 35737 del 24/06/2010 Ud. (dep. 05/10/2010) Rv. 247911
Sez. 4, Sentenza n. 38879 del 29/09/2005 Ud. (dep. 21/10/2005 ) Rv. 232428
Nel caso in esame la minima offensività del fatto deve ritenersi esclusa, come correttamente
argomentato dai giudici gravati, dalla quantità dello stupefacente, cocaina, avente un principio

Altrettanto inammissibili sono le censure riguardanti la motivazione in ordine al mancato
riconoscimento delle attenuanti generiche.
Si rammenta in proposito che le statuizioni in ordine al riconoscimento o meno delle attenuanti
generiche, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, rientrano
nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, che sfugge al sindacato di
legittimità qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretto da
sufficiente motivazione.( Sez. U, Sentenza. del 25/02/2010 Ud. (dep. 18/03/2010 ) Rv. 245931, Sez.
2, Sentenza del 18/01/2011 Ud. (dep. 01/02/2011 ) Rv. 249163).
Il relativo giudizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la
valutazione circa l’adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo.
Si è ritenuto di conseguenza che, ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti
generiche, il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod.
pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio,
sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle
modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso, non essendo necessario che siano
esaminati tutti i parametri di cui all’art. 133 cod. pen..(Cass

Sez. 2, Sentenza 18/01/2011-

01/02/2011 rv. 249163, Sez. 1, Sentenza del 07/07/2010- 13/09/2010 Rv. 247959)
Orbene la sentenza impugnata ha fornito adeguata e congrua motivazione della scelta operata,
fondata su un’attenta ponderazione della gravità della condotta e della personalità del predetto,
come desunta da un grave precedente penale, secondo i criteri direttivi di cui all’art. 133 c.p..
motivazione conforme ai principi espressi dalle richiamate pronunce della Suprema Corte, del tutte
esente da censure di legittimità.
Il ricorso è dunque inammissibile
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000 favore della cassa
delle ammende.
P.Q.M.

attivo elevato pari al 79,5% , tale da consentire di ricavare 324 dosi singole.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 22.5.2015

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