Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4597 del 14/05/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 4597 Anno 2015
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
1. PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI MESSINA
Nei confronti di :
1. BISCARI FILIPPO
N. IL 28.05.1987
2. BISCARI GIUSEPPE N. IL 23.07.1957
3. BISCARI FILIPPO N. IL 28.05.1987
4. BISCARI GIUSEPPE N. IL 23.07.1957
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI MESSINA in data 17.06.2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI, udite le
conclusioni del PG in persona del dott. Paolo Canevelli che ha chiesto dichiararsi
inammissibili tutti i ricorsi

RITENUTO IN FATTO
1. Con l’impugnata sentenza la Corte d’appello di Messina confermava la sentenza del
Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto in data 1.12.2009, appellata da Biscari
Giuseppe e Biscari Filippo. Questi erano stati tratti a giudizio e condannati alla pena
di giustizia per il reato di cui all’art. 95 d.P.R. n. 115/2002 perché in concorso fra loro
con istanza di ammissione al gratuito patrocinio avente valore di autocertificazione
(atto destinato a provare la verità dei fatti asseriti), dichiaravano, contrariamente al
vero, di trovarsi nelle condizioni di reddito previste dalla legge per l’ammissione al
richiesto beneficio poiché il loro reddito familiare ammontava ad C 12.429,00
inferiore al limite di reddito complessivo valutabile ex art. 76 ed art, 92 d.P.R. 2002
in C 15.921,30, mentre emergeva a seguito di accertamenti eseguiti dalla Guardia di
Finanza che vi era la mancanza delle condizioni di reddito per l’ammissione al chiesto
beneficio.

Data Udienza: 14/05/2014

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. I ricorsi degli imputati sono manifestamente infondati e come tali vanno dichiarati
inammissibili. I ricorrenti si limitano infatti a reiterare senza alcun profilo di “novità”
e specificità in relazione al contenuto della gravata sentenza, le censure già avanzate
in sede di gravame. Nella giurisprudenza di legittimità è stato infatti affermato il
seguente principio di diritto: “E’ inammissibile il ricorso per cassazione fondato su
motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice
del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di
specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità,
come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice
censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591
comma 1 lett. c), all’inammissibilità” (in termini, Sez. 4, N. 256/98, RV. 210157;
nello stesso senso Sez. 4, N. 1561/93 , RV. 193046).
4. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi degli imputati consegue, a norma
dell’articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del
procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo
ragioni di esonero, della somma di € 1000,00 ciascuno a titolo di sanzione
pecuniaria.
5. Parimenti inammissibile è da ritenersi il ricorso del PG: il ricorso, infatti, non può
avere seguito se l’organo di accusa non abbia interesse concreto (art. 591 c.p.p.,
comma 1, lett. a) alla dichiarazione di inammissibilità (in luogo del pronunciato
rigetto del gravame). Difatti il rito accusatorio, ponendo le parti su un piano dialettico
egualitario, è svincolato dal parametro dell’osservanza di legge, astratto dalla
funzione strumentale del processo di applicare le norme penali e rendere applicabili
quelle civili o amministrative. Tanto è evidente già relativamente all’esercizio
obbligatorio dell’azione penale, ancorato per lettera ad economia residuale, inversa
rispetto al sistema inquisitorio, dell’inesistenza dei presupposti per la richiesta di
archiviazione (v. l’art. art. 50 CPP), determinata dall’inidoneità degli elementi
acquisiti per sostenere l’accusa in giudizio (art. 125 disp. att. c.p.p.). Specularmente
l’art. 129 prevede che il giudice di ogni grado impedisca la prosecuzione inutile del
processo, qualora rilevi allo stato una qualsiasi causa di non punibilità. E l’insieme
risponde al principio del giusto processo, di ragionevole durata (art. 111 Cost.).
Nel caso di specie il P.M. non ha palesato alcun concreto interesse ad ottenere una
diversa formula di (sostanziale) conferma della sentenza gravata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del Procuratore Generale di Messina; dichiara altresì
inammissibili i ricorsi di Biscari Giuseppe e di Biscari Filippo, che condanna al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 ciascuno in favore della cassa delle ammende
Così deciso nella camera di consiglio del 14 maggio 2014
IL CONSIGLIERE ESTENSORE

IL PRESIDENTE

2. Avverso tale decisione ricorre il Procuratore Generale della Repubblica presso la
Corte d’Appello di Messina, lamentando la mancata declaratoria di inammissibilità
dell’appello. Ricorrono anche Biscari Giuseppe e Biscari Filippo lamentando a mezzo
dell’avvocato Buccheri il difetto di motivazione anche in relazione all’elemento
soggettivo e l’eccessività della pena,

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