Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 45937 del 22/10/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 45937 Anno 2015
Presidente: CARCANO DOMENICO
Relatore: COSTANZO ANGELO

SENTENZA

sui ricorsi verso l’ordinanza del Tribunale per il Riesame di Bari n.210 del
9/7/2015 proposti da:
1. la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari ,
2. Sergio Salvatore, nato a Andria il 15/06/1976;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udito la relazione svolta dal Consigliere Angelo Costanzo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
Paolo Canevelli, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi;
udito il difensore del ricorrente, avv i to Maurizio Sante Maselllis, che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso;

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Data Udienza: 22/10/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 2/02/2015 il G.i.p. del Tribunale di Bari rigettava la
richiesta di misura cautelare presentata dal P.M. nei confronti (anche) di Sergio
Salvatore in relazione alle imputazioni provvisorie contenute nei capi B3 (artt.73,
comma 4 e 80. comma 2, del d.P.R. n.309/1990) e H (artt.73, commal,
d.P.R.n.309/1990) per insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.

Riesame di Bari ha rigettato l’appello del P.M. riguardante il capo H delle
imputazioni provvisorie. Invece, accogliendo l’appello del P.M. relativo al capo
B3, ha applicato a Sergio Salvatore la misura cautelare della custodia in carcere.

2. Il ricorso del Pubblico Ministero è limitato alla decisione del Tribunale
concernente il capo H delle imputazioni provvisorie. Assume il ricorrente che il
Tribunale per il Riesame non avrebbe adeguatamente valutato gli indizi con
particolare riferimento alle dichiarazioni accusatorie dei c.d. ‘collaboratori di
Giustizia’, ritenute non corroborate da riscontri esterni individualizzanti.

3. Il ricorso del difensore di Sergio Salvatore evidenzia che i nova che il
Pubblico Ministero ha addotto a sostegno del suo ricorso al Tribunale del Riesame
verso il provvedimento del G.i.p. non potevano essere utilizzati pervenire
all’accoglimento dell’appello del Pubblico Ministero relativo al capo B3) delle
imputazioni provvisorie con l’applicazione a Sergio Salvatore della misura della
custodia cautelare in carcere. Assume, inoltre, che, comunque, i contenuti dei
nova – costituiti dalle dichiarazioni di quattro c.d. ‘collaboratori di Giustizia’ (che
si aggiungono a quelle di altri due ‘collaboratori’ già utilizzate) e dai contenuti
delle intercettazioni di telefonate del suocero dell’indagato –

risulterebbero

scarni, discordanti e privi di riscontri (quali arresti, sequestri e altre attività di
P.G. specificamente pertinenti).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. In riforma del provvedimento del G.i.p., il Tribunale per il riesame ha
ritenuto sussistere gravi indizi di colpevolezza a carico di Sergio Salvatore circa il
reato descritto nel capo B3 delle imputazioni provvisorie (detenzione e cessione
di ingenti quantitativi di marijuana) avvalendosi dei

nova,

costituiti da

interrogatori allegati dal P.M. all’atto di appello e non conosciuti dal G.i.p. 2

Con l’ordinanza n.210 del 9/7/2015, oggetto dei ricorsi, il Tribunale per il

sebbene precedenti all’emissione del provvedimento cautelare – e da altri
depositati in sede di udienza camerale dal P.M., ma non espressamente indicati
nell’atto di appello.
Nel procedimento di appello ex art.310 cod.proc.pen., proposto dal P.M.
contro l’ordinanza reiettiva della richiesta di misura cautelare personale,
l’indagato può produrre, nel contraddittorio camerale, documentazione relativa
ad elementi probatori ‘nuovi’, sia preesistenti che sopravvenuti, acquisiti anche
all’esito di investigazioni difensive, che siano idonei a contrastare i motivi di

presupposti di applicabilità della misura cautelare richiesta. Analogamente al
P.M. è consentito – nell’ambito dei confini segnati dal

devolutum, purché sia

assicurato il contraddittorio nel procedimento camerale, anche mediante la
concessione di un congruo termine a difesa – di produrre documentazione
relativa ad elementi ‘nuovi’, intendendosi per tali quei materiali informativi,
preesistenti o sopravvenuti, cha non siano stati già oggetto di valutazione.
(Cass.pen.: S.U. n.18339 del 31/03/2004, Rv.227357; sez.5, n.42847 del
10/06/2014, Rv.261244)
Nel procedimento di appello

de libertate ex

art.310, comma 2,

cod.proc.pen., il tribunale può approntare spazi per il contraddittorio camerale
fra le parti e, in particolare, può concedere congruo termine alla difesa per
esaminare l’efficacia dimostrativa dei nova prodotti dall’accusa e sviluppare
controdeduzioni. Nel caso in esame, il ricorrente non lamenta specificamente
che abbia chiesto un termine per esaminare i nova e che questo termine non gli
sia stato concesso.

2. Il ricorrente ha incentrato le sue critiche sulla assenza di riscontri alle
dichiarazioni dei c.d. ‘collaboratori di Giustizia’.
2.1. I riscontri esterni alla chiamata di correità richiesti dall’art.192
cod.proc.pen., possono essere costituiti da qualsiasi elemento o dato probatorio,
sia rappresentativo sia logico, di qualsiasi natura. Ma, oltre a essere
individualizzanti e riguardare direttamente la persona dell’incolpato in relazione
allo specifico fatto a questi attribuito, debbono essere esterni alle dichiarazioni
accusatorie, allo scopo di evitare che la verifica sia circolare e autoreferente
(Cass.pen.Sez.6, n.1249 del 26/09/2013, dep.2014).
Questa condizione di indipendenza dei riscontri della narrazione può essere
offerta anche da altre chiamate in correità, purché la conoscenza del fatto da
provare sia autonoma e non appresa dalla fonte che occorre riscontrare e purché
i riscontri abbiano valenza individualizzante, ossia riguardino non soltanto il
3

gravame del P.M., ovvero a dimostrare l’insussistenza delle condizioni e dei

fatto-reato, ma anche la riferibilità dello stesso all’imputato. Invece, non è
richiesto che i riscontri abbiano lo spessore di una prova autosufficiente perché,
in caso contrario, la chiamata non avrebbe alcun rilievo, in quanto la prova si
fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla chiamata di correità (Cass.pen.:
Sez.U, n.20804 del 29/11/2012, dep.2013, Rv. 255143; Sez.3, n.44882 del
18/7/2014, Rv.260607).
2.2. Nella fattispecie, il Tribunale del Riesame ha accolto l’appello del
Pubblico Ministero sulla base non soltanto dei nova (costituiti dalle dichiarazioni

quelle di Scarcelli e Piarulli – nonché delle intercettazioni delle telefonate di
Pasculli Giuseppe – suo suocero di Sergio – considerati a sé stanti ma dei nova
valutati in connessione con gli elementi probatori preesistenti, ossia con l’insieme
– analiticamente vagliato nell’ordinanza oggetto del ricorso (pagg.5-13
dell’ordinanza) – costituito dalle dichiarazioni accusatorie di cinque c.d.
‘collaboratori di Giustizia’ (che indicano Sergio come detentore e spacciatore sia
di marjuana sia di cocaina), dai contenuti delle intercettazioni delle telefonate
del suocero Pasculli (che lo indica come suo complice che riuscì a procurare
anche 3 chilogrammi di stupefacenti), da riprese cinematografiche.

3. Il capo H delle imputazioni provvisorie riguarda uno specifico episodio di
spaccio di 350 grammi di cocaina contestato come commesso tra il gennaio 2013
e non oltre il 5 luglio 2013. Il c.d. collaboratore di Giustizia Scarcelli Paolo
afferma che Rino ‘Topone’ (ossia Sergio Salvatore) gli consegnò 350 grammi di
cocaina lo stesso giorno in cui gli disse che non intendeva più vendere cocaina.
3.1. Il Tribunale per il Riesame ha escluso che i contenuti delle le
dichiarazioni di Scarcelli costituiscano gravi indizi di colpevolezza non ritenendole
circostanziate quanto al luogo e al tempo.
In realtà la cessione di cocaina da parte di Sergio, ricordata da Paolo
/
Scarcelli nelle sue dichiarazioni, risulta dallo stesso contestualizzata poiché
collocata nel giorno in cui andò a parlare con Antonio Scarcelli in relazione alla
cessazione dello smercio di marijuana.
3.2. Inoltre, deve registrarsi che sulla base delle dichiarazioni di Scarcelli e
degli altri c.d. ‘collaboratori di Giustizia’ Di Canosa, Di Ceglia e Cafieri, Scarcelli e
Piarulli, nonché delle intercettazioni delle conversazioni telefoniche di Pasculli
Giuseppe, il Tribunale ha ritenuto sussistere in capo a Sergio gravi indizi di
colpevolezza circa il reato di detenzione e cessione di ingenti quantitativi di
marjuana (artt.81 cod.pen. e 73 e 80 d.P.R. n.309/1990; capo B3 delle
imputazioni provvisorie).
4

dei c.d. ‘collaboratori di Giustizia’ Dicanosa, Di Ceglia e Cafieri – aggiuntesi a

I contenuti di queste stesse dichiarazioni e conversazioni convergono
nell’individuare in Sergio un soggetto che: ” riforniva di un chilo di cocaina ogni
10 giorni” (dichiarazioni di Di Canosa), nel 2011 “compra 7 chili di cocaina. .dai
napoletani” (dichiarazioni di Piarulli), era ‘grossista di cocaina nella piazza di
Andria’ (dichiarazioni di Scarcelli), “spaccia stupefacenti, cocaina, marijuana
hashisc (..) mi diede 10 gr.di cocaina (…) nel settembre/ottobre 2012″
(dichiarazioni di Cafieri, con ulteriori dettagli di tempo, luogo e prezzo). Non
specificano la natura dello stupefacente le dichiarazioni di Piarulli che indicano

aveva pagato i sette chili sequestrati” o le affermazioni di Pasculli secondo cui
Sergio “riuscì a prendere tre pacchi…”.
3.3. Relativamente alla sopra richiamata imputazione provvisoria contenuta
nel capo H, deve rilevarsi che soltanto Scarcelli fa riferimento allo specifico
episodio di detenzione e smercio di cocaina. Ma lo stesso Tribunale per il
Riesame ha considerato “le dichiarazioni dei collaboratori unitamente valutate”
come “un’adeguata piattaforma indiziaria” per individuare in Sergio

“uno dei

principali fornitori ‘all’ingrosso’ per tutti i gruppi criminali operanti ad Andria di
sostanza stupefacenti di vario tipo” e l’episodio ricordato da Scarcelli, se vero, si
inserirebbe pienamente nella sopra considerata reiterata condotta di smercio di
cocaina quale delineabile delle reciprocamente riscontrantisi dichiarazioni
accusatorie.
3.4. Per la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, richiesti per
l’adozione di misure cautelari personali, l’art.273, comma

1-bis, cod.proc.pen.

rinvia ai criteri di valutazione della prova indicati dall’art.192, commi 3 e 4,
cod.proc.pen., che richiede che le dichiarazioni accusatorie del chiamante in
correità siano sottoposte a una verifica attraverso riscontri che – in quanto
collocati nell’ambito di un giudizio limitato all’apprezzamento dei presupposti
indispensabili per la cautela personale e quindi non diretto all’affermazione della
responsabilità penale come nel caso del giudizio di cognizione – possono
assumere il connotato della parziale individualizzazione che consenta di collocare
la condotta dell’accusato nello specifico fatto dell’imputazione provvisoriamente
elevata (Cass.pen.: S.U.n.3267/2006;Sez.F, n.31986/2002).
Quando convergono plurime chiamate in correità sul concreto reiterarsi di
modalità di comportamenti in molteplici singoli ripetuti episodi, il sussistere di
gravi indizi di colpevolezza circa uno specifico fatto riconducibile al genus di
quelli dei quali si è riconosciuto il reiterarsi può derivare anche da un’unica
dichiarazione, poiché il riscontro individualizzante è nello stesso ripetersi
uniforme e necessitato delle condotte (Cass.pen.Sez.6, n.3945/1999). In altri
5

Sergio come fornitore di droga in Santa Maria Vetere, il quale peraltro “non

termini, non è necessario che i detti riscontri riguardino le singole circostanze
riferite dal dichiarante, essendo sufficiente che riguardino la dichiarazione nel
suo complesso. Infatti, la citata disposizione richiede che gli “altri elementi di
prova”, unitamente ai quali il giudice di merito deve valutare le dichiarazioni di
cui si tratta, confermino l’attendibilità delle stesse e non le singole circostanze
riferite; altrimenti, la prova sarebbe data dai cosiddetti riscontri, e le
dichiarazioni delle persone menzionate nell’art.192, commi 3 e 4, cod.proc pen.
sarebbero svuotate di quel valore probatorio che il legislatore ha attribuito loro,

i quali, peraltro, possono esser costituiti da dichiarazioni di altri collaboranti, dato
che il legislatore non ha posto alcuna limitazione a riguardo
(Cass.pen.Sez.1,n.5036/1997).

P.Q.M.

annulla l’ordinanza impugnata in relazione al capo H e rinvia per nuova
deliberazione al Tribunale di Bari (in funzione ex art.310 c.p.p.).
Rigetta il ricorso di Sergio Salvatore che condanna al pagamento delle spese
processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art.28 reg.esec.c.p.p..

disponendo che le stesse “sono valutate unitamente agli altri elementi di prova”,

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