Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 45930 del 04/11/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 45930 Anno 2015
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CARTA GIANLUCA N. IL 02/10/1967
avverso la sentenza n. 1211/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
23/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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Data Udienza: 04/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 23 maggio 2013 la Corte d’appello di Milano, in parziale riforma
della sentenza emessa il 26 settembre 2012, all’esito di giudizio abbreviato, dal G.u.p.
presso il Tribunale di Milano, ha riqualificato l’originaria imputazione di concussione
continuata contestata a Carta Gianluca – nella sua qualità di geometra presso il settore
urbanistico del Comune di Milano e di tecnico istruttore della pratica di autorizzazione
commerciale per l’apertura di una nuova struttura di vendita da parte della società

tentata, rideterminando la pena inflitta in anni due di reclusione, con la concessione del
beneficio della sospensione condizionale e la conferma nel resto della sentenza
impugnata.

2. Il difensore del Carta ha proposto ricorso per cassazione avverso la su citata
sentenza, deducendo quattro motivi di doglianza il cui contenuto viene qui di seguito
sinteticamente illustrato.

2.1. Si denunciano, in primo luogo, vizi motivazionali, per mera apparenza, illogicità
e contraddittorietà della motivazione, nonché quello di erronea applicazione della legge
penale per la qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 319-quater c.p. e non ex art. 318
c.p. . Si evidenzia, in particolare, l’omessa valutazione della effettività dell’abuso di potere
da parte dell’imputato, che dovrebbe ritenersi in ogni caso inidoneo a determinare la
volontà di un soggetto privato delle dimensioni e della forza economica della società
persona offesa. Il privato, infatti, già con l’apertura di un punto vendita in difetto delle
prescritte autorizzazioni e procedure, aveva operato una scelta che contemplava anche i
rischi di un eventuale accertamento dell’illecito perpetrato, con la conseguenza che
l’adesione alla prima richiesta di denaro contante da parte del Carta dovrebbe essere
correttamente interpretata come libera da parte della società “Blumarine” ed il fatto non
potrebbe che qualificarsi come corruzione.

2.2. Vizi motivazionali ed erronea applicazione della legge penale in punto di
mancata concessione delle attenuanti di cui agli artt. 323-bis e 62, nn. 4 e 6, c.p., per
avere la Corte d’appello apoditticamente rigettato la prima, sulla base di una generica
rilevanza mediatica del caso, ed erroneamente escluso la seconda, sulla base di una
specialità assoluta e necessaria fra le norme di cui agli artt. 323-bis e 62, n. 4, c.p., senza
considerare che, nell’ipotesi in cui il fatto non sia per altre ragioni ritenuto tenue, non
esiste alcuna preclusione alla concessione dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, c.p., in
considerazione del solo aspetto del danno patrimoniale arrecato con il reato (danno che,
nel caso di specie, doveva ritenersi senz’altro di modesta entità).
Non adeguatamente motivato, infine, deve ritenersi il diniego dell’attenuante di cui
all’art. 62, n. 6, c.p., non avendo la Corte d’appello considerato che l’offerta di
risarcimento al Comune è stata rifiutata non già sulla base di una supposta inidoneità, ma

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“Blumarine s.r.l.” – in quella di induzione indebita in forma rispettivamente consumata e

sulla base dell’affermazione di un principio per il quale il Comune di Milano non intende
più addivenire a transazioni sul danno in presenza di reati quali quelli ascritti all’imputato.

2.3. Erronea applicazione della legge penale in punto di applicazione della sanzione
accessoria di cui all’art. 317-bis c.p., dalla Corte d’appello confermata nonostante la
riqualificazione del delitto sub art. 319-quater c.p. .

2.4. Vizi motivazionali in punto di impugnazione dei capi civili della sentenza, dei

secondo grado, tuttavia, non esaminato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è parzialmente fondato e va pertanto accolto nei limiti e per gli effetti di
seguito indicati.

2. Per quel che attiene al primo motivo di ricorso – infondato sino a lambire i margini
dell’inammissibilità, là dove tende a sollecitare una rivisitazione meramente fattuale delle
risultanze processuali, sul presupposto di una valutazione alternativa delle fonti di prova deve rilevarsi come i Giudici di merito abbiano compiutamente esaminato e disatteso le
obiezioni difensive, ponendo in evidenza, con argomenti congruamente esposti ed immuni
da vizi logico-giuridici in questa Sede rilevabili: a) che l’esborso di somme di denaro da
parte del privato si è verificato a seguito della prospettazione, da parte dell’imputato,
dell’alternativa di una sanzione amministrativa più elevata, se non anche del pericolo di
una sospensione dell’attività di vendita in periodo pre-natalizio; b) che malgrado gli
esborsi richiesti fossero “convenienti” rispetto alle possibili sanzioni, la su indicata società
decise di non sottostare alle richieste provenienti dall’imputato, non avendo peraltro
garanzia che le stesse dovessero cessare nel tempo; c) che lo stesso tema d’accusa è
stato enucleato con riferimento ad un comportamento induttivo ad una indebita dazione di
denaro contante al Carta per conto della società “Blunnarine s.r.l.”;

d) che nessun

oggettivo elemento di conferma della diversa tesi prospettata dall’imputato poteva
desumersi dagli atti processuali, mentre doveva al contempo escludersi una situazione di
sostanziale parità fra i due interlocutori, con la conseguente libera adesione del privato
alla proposta illecita del pubblico funzionario, poiché se l’iniziativa fosse venuta dalla parte
privata non avrebbe avuto alcun senso la formulazione di una prima richiesta, e poi di
un’altra, parimenti contenuta nell’entità, seguite entrambe dalla mutata intenzione di
denunciare i fatti nonostante l’applicazione della sanzione amministrativa derivante
dall’incompletezza dei documenti relativi alla richieste di apertura del punto di vendita si
rivelasse maggiormente pregiudizievole per gli interessi della società;

e) che nella

motivazione della decisione di primo grado, in particolare, è stata espressamente esclusa
ogni ipotesi di accordo corruttivo sulla base del rilievo attribuito al tenore della
conversazione oggetto della telefonata intervenuta il 5 dicembre 2011 fra il Carta ed

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quali si era richiesto l’annullamento con espresso motivo di gravame, dai Giudici di

Andrea Visani – imprenditore edile che aveva preso contatti con il primo per conto della
società “Blumarine” – ove il secondo fa riferimento alla preoccupazione
dell’amministratore che ciascuno dei diversi uffici competenti a rilasciare il parere potesse
avanzare al riguardo una richiesta di denaro.
Coerentemente con le risultanze offerte dal su esposto quadro probatorio, dunque, i
Giudici di merito hanno fatto buon governo dei principii stabiliti da questa Suprema Corte
(Sez. Un., n. 12228 del 24/10/2013, dep. 14/03/2014, Rv. 258470; Sez. 6, n. 32594 del
14/05/2015, dep. 24/07/2015, Rv. 264424), ravvisando gli estremi della fattispecie

si configura come persuasione, suggestione, inganno, pressione morale con più tenue
valore condizionante – rispetto all’abuso costrittivo tipico del delitto di concussione di cui
all’art. 317 cod. pen., come modificato dalla I. n. 190 – della libertà di autodeterminazione
del destinatario, il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare
acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perché motivato dalla
prospettiva di conseguire un indebito tornaconto personale.
Infondata deve ritenersi, poi, la seconda censura, là dove investe il diniego
dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 6, c.p., avendo la Corte territoriale congruamente
motivato al riguardo, nell’escludere in fatto la piena soddisfazione di ogni pretesa
risarcitoria sul rilievo che il danno all’immagine costituisce solo una delle possibili fonti di
pregiudizio complessivamente derivante dalla realizzazione della condotta delittuosa in
esame.
In relazione a tale profilo deve infatti richiamarsi il costante insegnamento di questa
Suprema Corte (da ultimo, v. Sez. 5, n. 7738 del 04/02/2015, dep. 19/02/2015, Rv.
263434), secondo cui, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante del danno
patrimoniale di speciale tenuità rilevano, oltre al valore economico del danno, anche gli
ulteriori effetti pregiudizievoli cagionati alla persona offesa dalla condotta delittuosa
complessivamente valutata.
Inammissibile, per aspecificità della formulazione, deve infine ritenersi il quarto
motivo di ricorso.

3. E’ invece fondato il terzo motivo di doglianza, avendo la Corte d’appello
erroneamente confermato l’applicazione della pena accessoria di cui all’art.

317-bis c.p.,

nonostante avesse riqualificato il delitto in quello di cui all’art. 319-quater c.p.: la relativa
pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici deve essere pertanto
eliminata.
Parimenti fondata, inoltre, deve ritenersi, in parte, la seconda doglianza difensiva,
poiché la Corte d’appello, nell’escludere la presenza di un danno di particolare tenuità, ha
erroneamente sovrapposto le diverse condizioni del vaglio delibativo oggetto della
disamina afferente ai presupposti di configurabilità delle circostanze attenuanti di cui agli
artt. 323-bis e 62, n. 4, c.p. .
Secondo la linea interpretativa tracciata da questa Suprema Corte (Sez. 6, n. 34248
del 09/06/2011, dep. 16/09/2011, Rv. 250837), solo nell’ipotesi in cui la circostanza

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incriminatrice di cui all’art. 319-quater c.p. sul rilievo che la condotta di induzione indebita

attenuante speciale prevista dall’art. 323-bis cod. pen. venga riconosciuta in ragione della
ritenuta esiguità del danno economico cagionato dal reato, rimane in essa assorbita quella
del danno patrimoniale di speciale tenuità di cui all’art. 62, comma primo, n. 4 cod. pen..
La circostanza attenuante speciale prevista per i fatti di particolare tenuità
presuppone un apprezzamento complessivo della vicenda e ricorre, infatti, quando il
reato, valutato nella sua globalità, presenti una gravità contenuta, dovendosi a tal fine
considerare non soltanto l’entità del danno economico o del lucro conseguito, ma ogni
caratteristica della condotta, dell’atteggiamento soggettivo dell’agente e dell’evento da

259501).
Ne discende che l’attenuante previsto dall’art. 323-bis cod. pen. può essere esclusa
anche nel caso in cui sia stata riconosciuta quella di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen., in
quanto mentre la prima si riferisce al reato nella sua globalità, la seconda prende in
considerazione il solo aspetto del danno o del lucro, che deve essere connotato da una
particolare tenuità (Sez. 6, n. 7919 del 22/02/2012, dep. 29/02/2012, Rv. 252432; v.,
inoltre, Sez. 6, n. 14825 del 26/02/2014, dep. 31/03/2014, Rv. 259501).

4. In relazione ai punti sopra indicati (v. il par. 3 e, in narrativa, il par. 2.2.)
s’impone, conseguentemente, l’annullamento con rinvio dell’impugnata sentenza, per un
nuovo giudizio che dovrà uniformarsi al quadro dei principii di diritto in questa Sede
stabiliti, eventualmente provvedendo alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio,
mentre nel resto il ricorso deve essere rigettato.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata in punto di applicabilità dell’art.

317-bis c.p. alla

specie ed elimina la misura dell’interdizione applicata; annulla la medesima sentenza in
punto di applicabilità delle attenuanti di cui agli artt. 323-bis e 62, n. 4, c.p. e rinvia per il
relativo nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Milano. Rigetta nel resto il
ricorso.

Così deciso in Roma, lì, 4 novembre 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

questi determinato (ex multis, v. Sez. 6, n. 14825 del 26/02/2014, dep. 31/03/2014, Rv.

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