Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4587 del 29/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 4587 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

Data Udienza: 29/10/2013

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LAVOPA LORENZO N. IL 05/11/1970
avverso la sentenza n. 1881/2012 CORTE APPELLO di BARI, del
14/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

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RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza pronunciata il 14 giugno 2012 la Corte di appello di Bari ha
confermato la sentenza emessa il 27 settembre 2006 dal Tribunale della sede,
con la quale Lavopa Lorenzo era stato condannato alla pena di mesi dieci e
giorni venti di reclusione, per il reato previsto dall’art. 9, comma 2, legge n.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Lavopa
personalmente, il quale, con unico motivo, lamenta la ritenuta e applicata
recidiva reiterata, osservando che l’aumento di pena per essa previsto non è
obbligatorio, come sarebbe stato erroneamente ritenuto dalla Corte di merito.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché enuncia motivo nuovo non proposto con
il ricorso in appello, nel quale l’imputato si doleva solo della mancata
concessione delle circostanze attenuanti generiche e dell’entità della pena non
determinata nel minimo.
In ogni caso, la sentenza impugnata non ha sostenuto l’obbligatorietà
dell’aumento della pena per la recidiva, ma, in applicazione dei criteri indicati
nell’art. 133 cod. pen., valutata la gravità del fatto commesso pochi giorni dopo
la sottoposizione del Lavopa alla misura di prevenzione e i suoi precedenti
penali, ha ritenuto giustificata la mancata concessione delle circostanze
attenuanti generiche e l’applicazione di un aumento di pena (peraltro inferiore ai
due terzi) per la contestata recidiva reiterata infraquinquennale, di cui all’art.
99, comma quarto, cod. pen.

2. Alla dichiarazione di inammissibilità segue, ai sensi dell’art. 616, comma
1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del
2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle ammende di
una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il minimo ed il
massimo previsti, in euro mille.

1423 del 1956, commesso in Bari il 13 agosto 2006.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 29 ottobre 2013.

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