Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4585 del 29/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 4585 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SGURA GIOVANNI N. IL 23/01/1972
avverso la sentenza n. 7132/2011 CORTE APPELLO di TORINO, del
30/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZE!;

Data Udienza: 29/10/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza pronunciata il 30 novembre 2012 la Corte di appello di
Torino ha dichiarato inammissibile per tardività l’appello presentato da Sgura
Giovanni avverso la sentenza del Tribunale di Asti, in data 20 aprile 2011, con la
quale era stato condannato alla pena di mesi dieci di reclusione per il reato di
cui all’art. 9, comma 2, legge n. 1423 del 1956, commesso in Villanova d’Asti il

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione lo Sgura
tramite il difensore, il quale, con unico motivo, deduce testualmente la
“violazione ed erronea applicazione della legge penale, ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione al decreto di aggravamento della
misura di prevenzione della sorveglianza speciale, per cui andava applicato l’art.
9, comma 1, che prevede ipotesi di reato contravvenzionale”.

OSSERVA IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
La Corte di appello, come si è detto, ha rilevato l’inammissibilità
dell’impugnazione perché tardiva, mentre il ricorrente, senza formulare alcuna
censura sul punto, contesta la qualificazione del fatto ascrittogli come delitto ai
sensi del comma 2 dell’art. 9 legge n. 1423 del 1956 e ne chiede la
derubricazione alla fattispecie contravvenzionale di cui al comma 1 della stessa
norma.
La totale incongruenza tra la ratio decidendi del provvedimento impugnato e
i motivi addotti a sostegno del ricorso va assimilata alla genericità del motivo ed
importa, a norma degli artt. 591, comma 1, lett. c), e 581, comma 1, lett. c),
cod. proc. pen., l’inammissibilità dell’impugnazione.

2.

Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616,

comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del
2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle ammende di
una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il minimo ed il
massimo previsti, in euro mille.

18 aprile 2011.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 29 ottobre 2013.

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