Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 45813 del 09/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 45813 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SALMONE ANTONIO N. IL 25/10/1973
CONIGLIO MARIA N. IL 12/09/1975
avverso la sentenza n. 282/2014 CORTE APPELLO di PALERMO, del
21/11/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

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Data Udienza: 09/11/2015

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, con parziale conferma di quella di primo
grado, SALMONE ANTONIO e CONIGLIO MARIA furono ritenuti responsabili del
reato di furto della somma di C 50, sottratti dalla cassa di un esercizio commerciale,
approfittando della momentanea distrazione di Spanò Stefania e dunque aggravato
dalla destrezza, con conseguente condanna alla pena di giustizia;

che avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione

Benedetto Inzerillo e Giuseppe Inzerillo, affidati ad unico motivo sostanzialmente
sovrapponibile, con il quale viene dedotta violazione di legge e vizio di motivazione
in relazione all’aggravante di cui all’art. 625, n. 4, cod. pen., poiché la destrezza
deve essere esclusa allorché l’impossessamento non avvenga con l’utilizzo di
particolare astuzia, come avviene quando l’imputato si limiti a sottrarre il denaro,
approfittando di un momentaneo allontanamento del titolare da un locale lasciato
aperto, richiamando un precedente della Quarta Sezione di questa Corte del 2007;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, poiché
l’aggravante della destrezza è stata correttamente contestata in riferimento alla
momentanea distrazione della vittima. La motivazione della decisione chiarisce che
gli imputati sono stati quanto mai tempestivi ad impossessarsi del denaro ed hanno
approfittato della situazione di tempo di luogo, con manovra tempestiva e scaltra,
poiché la donna non si era allontanata dal luogo in cui si trovava il denaro sottratto;
– che in tal modo è stata fatta corretta applicazione del principio giurisprudenziale
più volte affermato da questa Corte suprema (Sez. 6, n. 23108 del 07/06/2012,
Antenucci, Rv. 252886; Sez. 5, n. 11079 del 22/12/2009 – dep. 23/03/2010,
Bonucci, Rv. 246888) secondo il quale, in tema di furto, sussiste l’aggravante della
destrezza quando l’agente approfitti di una condizione contingentemente favorevole
o di una frazione di tempo in cui la parte offesa ha momentaneamente sospesa la
vigilanza sul bene perché impegnata, nello stesso luogo di detenzione della cosa o
in luogo immediatamente prossimo, a curare attività di vita o di lavoro, come anche
qualora la condotta di sottrazione e di impossessamento del bene si realizzi
mediante approfittamento di una condizione di attenuata difesa, quale è quella del
proprietario che perda di vista la cosa per una frazione di tempo, senza precludersi,
tuttavia, il controllo e l’immediato ricongiungimento con essa; l’approfittamento di
questa frazione di tempo, in permanenza della vigilanza diretta e immediata della
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separatamente gli imputati, con atti sottoscritti dai rispettivi difensori, avv. Luca

cosa, configura la condotta elusiva che il legislatore intende punire più gravemente,
‘in quanto espressione di una particolare attitudine criminale del soggetto;
– che di conseguenza il precedente giurisprudenziale invocato non è applicabile al
caso di specie, poiché diverse la fattispecie da esso esaminata;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art.
616 cod. proc. pen., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere
ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui

P. Q. M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno al versamento della somma di mille euro in favore della
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9 novembre 2015
Il consigliere estensore

Il presidente

importo stimasi equo fissare in euro mille per ciascun imputato;

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