Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4574 del 29/10/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4574 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: LA POSTA LUCIA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DI SANTO ANTONIA N. IL 25/11/1972
avverso l’ordinanza n. 4081/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di
NAPOLI, del 20/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA;
Data Udienza: 29/10/2013
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Napoli rigettava
le istanze presentate da Antonia Di Santo volte all’ammissione alle misure alternative
della detenzione domiciliare e della semilibertà e dell’affidamento in prova al servizio
sociale.
Il tribunale premetteva che la predetta deve espiare la pena di anni due di reclusione
relativa al reato di tentata estorsione commesso nel 2007. Rilevava, quindi, la sussistenza
di procedimenti penali pendenti a carico della condannata per i reati di evasione, ingiurie
lavoro indicato era prossimo alla scadenza.
Evidenziava, altresì, che la condanna si riferisce ad un reato grave riconducibile
all’ambiente criminale cui appartiene il coniuge e concludeva per l’attualità della
pericolosità della condannata.
2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la condannata, a mezzo
del difensore di fiducia, lamentando il vizio della motivazione in specie in ordine alla
mancata valutazione della documentazione prodotta dalla difesa al fine di dimostrare che
il contratto di lavoro è stato prorogato e che gli effetti civili del matrimonio della ricorrente
sono cessati. Inoltre, il tribunale non ha dato conto della ragioni della ritenuta attualità
della pericolosità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Invero, il rigetto delle richieste misure alternative è stato fondato su ragioni
adeguatamente esposte ed ancorate agli elementi di fatto acquisiti, mentre le circostanze
di fatto dedotte dalla ricorrente, neppure state allegate al ricorso, non possono essere
valutate dal giudice di legittimità.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a
e minacce e che il marito è elemento di spicco del clan dei Casalesi; inoltre, il contratto di
favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo
determinare in euro mille, ai sensi dell’ art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro mille in favore della cassa della
ammende.
Così deciso, il 29 ottobre 2013.
D EPOSITATA