Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4573 del 16/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 4573 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: VERGA GIOVANNA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ALLEGRETTI ELIO N. IL 21/07/1949
avverso la sentenza n. 4191/2010 CORTE APPELLO di ROMA, del
09/10/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA;

Data Udienza: 16/12/2014

OSSERVA

Il ricorso di ALLEGRETTI Elio deve essere dichiarato inammissibile.
Le censure di cui ai punti 1 e 3 del ricorso sono connotate da assoluta genericità ed in
ogni caso invitano ad una rilettura nel merito della vicenda, non consentita in sede di
legittimità, laddove, come nel caso di specie, la motivazione della sentenza appare
coerente e non affetta da manifesta illogicità. Va ricordato che, con consolidato

per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e
ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non
specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’esserè apprezzata non solo
per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione
tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato
senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591, comma 1, lett.
c), all’inammissibilità” (Cass. 4, 5191/2000, imp. Barone, rv. 216473). Nel caso di
specie, dalla semplice lettura delle doglianze si evince la assoluta assenza di specificità
e la loro attinenza a valutazioni di merito della vicenda.
La censura in punto di elemento soggettivo non è stata dedotta innanzi alla Corte di
Appello avverso la cui sentenza è ricorso ed è quindi questione nuova.
Questa Corte (Cass. Sez. 4″, 18/05/1994 – 13/07/1994, n. 7985) ha infatti affermato
che sussiste violazione del divieto di “novum” nel giudizio di legittimità quando siano
per la prima volta prospettate in detta sede questioni, come quella in esame,
coinvolgenti valutazioni in fatto, mai prima sollevate.
A mente dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità – determinata da profili
di colpa emergenti dal ricorso (v. Corte Cost. sent. 186/2000) – consegue l’onere delle
spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa
delle ammende, fissata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di
1.000,00 (mille) euro.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma di
1.000,00 euro. Così deliberato in Roma il 16.12.2014

orientamento, questa Corte ha avuto modo di precisare che “È inammissibile il ricorso

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