Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 45688 del 19/10/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 45688 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COSCODAR CIPRIAN FLORIN N. IL 28/10/1982
avverso l’ordinanza n. 1825/2015 TRIB. LIBERTA’ di ROMA, del
20/07/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO
SETTEMBRE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 19/10/2015

Udito il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, dr.
Enrico Delehaye, che ha chiesto l’annullamento con rinvio della decisione
impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1.Ricorre Coscodar Ciprian Florin avverso ordinanza del Tribunale del Riesame di
Roma, che ha rigettato l’appello da lui proposto avverso la pronuncia della Corte

sua richiesta di scarcerazione per decorrenza dei termini massimi di custodia
cautelare.
Assume il ricorrente di essere stato sottoposto il 6/10/2013 a fermo di P.G. e,
poi, a custodia cautelare in carcere dal Giudice delle indagini preliminari del
Tribunale di Roma per il reato di cui all’art. 628, commi 1 e 3 e 61, n. 5, cod.
pen., perché sospettato, insieme a Marius Vasile Juchi, della rapina commessa in
danno di Lucia Taverna (ignoti si erano introdotti nell’abitazione d’ella donna e,
per impossessarsi di quanto la stessa possedeva, le avevano procurato gravi
lesioni personali). Per tale reato, e per quello di cui agli artt. 582, 583 e 585 cod.
pen. fu citato a giudizio immediato, trasformatosi, per sua scelta, in giudizio
abbreviato. Nel corso del giudizio intervenne il decesso della vittima, per cui
l’originaria contestazione di lesioni fu modificata – dal Pubblico Ministero – in
quella di omicidio volontario, a sua volta riqualificata, all’esito del giudizio di
primo grado, in omicidio preterintenzionale, con condanna alla pena dì anni 14 di
reclusione (pena base, anni 17 e mesi 4 di reclusione per l’omicidio
preterintenzionale, aumentata ad anni 18 e mesi 6 di reclusione per l’aggravante
di cui all’art. 61, n. 5, cod. pen., ulteriormente aumentata ad anni 21 di
reclusione per la rapina, diminuita di un terzo per il rito).

2. Tanto premesso, aggiunge di aver scontato per intero la pena irrogata per il
reato di rapina – l’unico reato per cui era stata disposta la misura cautelare – e di
aver presentato, per questo, istanza di scarcerazione in data 3/6/2015,
inopinatamente rigettata del giudice procedente sul presupposto che la condanna
aveva riguardato anche il grave fatto di violenza personale, per cui, sebbene
modificato nella qualificazione giuridica, quel fatto era da ritenere, comunque, a
base del titolo custodiale in atto. Il ricorrente ribadisce che la misura cautelare fu
applicata solo per la rapina e si rifà a giurisprudenza di questa Corte, secondo
cui, quando la condanna è pronunciata per più reati, il giudice della cautela ha
l’obbligo di determinare, ai soli fini della misura, la pena per ciascun reato in
continuazione e deve disporre la scarcerazione del prevenuto se la durata della

2

d’Assise d’appello di Roma del 13/6/2015, che aveva, a sua volta, rigettato la

custodia già subita non è inferiore all’entità della pena irrogata (art. 300, comma
4, cod. proc. pen.).

3. Con memoria del 16/10/2015 il ricorrente ha ulteriormente insistito nel moto
di ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

espressamente atto che Coscodar è indagato per i reati di rapina aggravata e
lesioni personali gravi (pag. 1); nel corpo della motivazione si spiega, senza
equivoci, che Coscodar è indagato per essere entrato nell’abitazione della vittima
per consumarvi una rapina e che dalla sua condotta sono derivate prima le
lesioni e poi la morte della persona offesa; nel dispositivo viene applicata a
Coscodar la misura cautelare della custodia in carcere, per i reati di cui è
indagato (pag. 4). Emerge all’evidenza che – contrariamente all’assunto del
ricorrente e come è già stato spiegato da entrambi i giudici di merito – la misura
cautelare è stata applicata sia per la rapina che per lesioni (poi riqualificate come
omicidio). Pertanto, poiché i termini di durata della custodia cautelare sono
collegati, per ciascuna fase, al titolo di reato, contestato o ritenuto (ex multis,
Cass., n. 7199 del 8/2/2013), e poiché, nella specie, è stato ravvisato – dal
giudicante – il delitto di omicidio preterintenzionale, ne consegue che i termini di
custodia cautelare – quelli massimi e quelli relativi alla fase in cui si trova il
procedimento – sono quelli previsti per l’omicidio preterintenzionale,
pacificamente non ancora decorsi.
Il ricorso è pertanto inammissibile. Consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a
favore della Cassa delle ammende, che, in ragione dei motivi dedotti, si reputa
equo quantificare in C 1.000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al

pagamento delle

spese processuali e della somma di C 1.000 a favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1/ter, disp.
Att. cod. proc. penale.
Così deciso il 19/10/2015

Il ricorso è manifestamente infondato. Nell’ordinanza generita si dà

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