Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4562 del 16/12/2014
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4562 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: VERGA GIOVANNA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PAMPURI MARZIA N. IL 18/02/1975
TEDESCO PAOLO N. IL 11/12/1976
avverso la sentenza n. 4962/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del
26/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA;
Data Udienza: 16/12/2014
OSSERVA
Il ricorso di PAMPURI Marzia e TEDESCO Paolo deve essere dichiarato inammissibile.
Le doglianze consistono infatti nella rinnovazione di una linea difensiva basata su
ragioni di merito. In ordine ad esse il collegio di seconda istanza si è espresso con
argomentazioni immuni da vizi logici e giuridici.
Le censure relative alla affermazione della penale responsabilità dell’imputato sono
della vicenda, non consentita in sede di legittimità, laddove, come nel caso di specie, la
motivazione della sentenza appare coerente e non affetta da manifesta illogicità. Va
ricordato che, con consolidato orientamento, questa Corte ha avuto modo di precisare
che “È inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le
stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli
stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero,
dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche
per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e
quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le
esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a
mente dell’art. 591, comma 1, lett. c), all’inammissibilità” (Cass. 4, 5191/2000, imp.
Barone, rv. 216473).
La Corte di merito ha dato atto della corretta qualificazione giuridica del reato
sottolineando come nel caso in esame manchi l’elemento costitutivo dell’induzione in
errore della parte offesa, la cui volontà è stata coartata dalle minacce degli imputati.
La doglianza in ordine alla mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p.
non è stata dedotta innanzi alla Corte di Appello avverso la cui sentenza è ricorso ed è
quindi questione nuova.
Questa Corte (Cass. Sez. 4^, 18/05/1994 – 13/07/1994, n. 7985) ha infatti affermato
che sussiste violazione del divieto di “novum” nel giudizio di legittimità quando siano
per la prima volta prospettate in detta sede questioni, come quella in esame,
coinvolgenti valutazioni in fatto, mai prima sollevate.
A mente dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità – determinata da profili
di colpa emergenti dal ricorso (v. Corte Cost. sent. 186/2000) – consegue l’onere delle
spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa
delle ammende, fissata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di
1.000,00 (mille) euro ciascuno.
P.Q.M.
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connotate da assoluta genericità ed in ogni caso invitano ad una rilettura nel merito
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della
somma di 1.000,00 euro.
Così deliberato in Roma il 16.12.2014