Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 45598 del 13/10/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 45598 Anno 2015
Presidente: CASSANO MARGHERITA
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SELKI HICHAME N. IL 10/01/1972
avverso la sentenza n. 8026/2014 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di MILANO, del 16/12/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO
CENTONZE;

Data Udienza: 13/10/2015

RILEVATO IN FATTO

Con sentenza emessa il 16/12/2014 il G.I.P. del Tribunale di Milano
applicava a Hichame Selki, su concorde richiesta delle parti processuali, la pena
di anni uno di reclusione, in continuazione con la sentenza emessa dal Tribunale
di Monza il 24/01/2013, divenuta irrevocabile il 15/05/2014.
Avverso tale sentenza il Selki ricorreva personalmente per cassazione,
deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione all’assoluta

della qualificazione giuridica effettuata dalle parti processuali in sede di
patteggiamento, senza fornire ulteriori elementi valutativi sul percorso
argomentativo seguito.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.
Deve, in proposito, rilevarsi che l’applicazione della pena su richiesta delle
parti è un meccanismo processuale in conseguenza del quale l’imputato e il
pubblico ministero si accordano sulla qualificazione giuridica della condotta
contestata, sulla concorrenza di circostanze, sulla comparazione fra le stesse e
sull’entità della pena. Da parte sua, il giudice ha il dovere di controllare
l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici e la congruità della pena richiesta e di
applicarla, dopo avere accertato che non emerga in modo evidente una delle
cause di non punibilità previste dall’art. 129 cod. proc. pen.
Ne discende che, una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena,
ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., l’imputato non può rimettere in discussione
profili oggettivi o soggettivi della fattispecie, perché essi sono coperti dal
patteggiamento.
Nel caso di specie, le doglianze difensive proposte dal Selki appaiono prive
di specificità e comunque manifestamente infondate, in ragione del fatto che il
G.I.P. del Tribunale di Milano, oltre a qualificare i fatti contestati al ricorrente,
richiamava il contenuto delle informative di reato dei Carabinieri di Trezzo
sull’Adda n. 35/14 del 17/03/2011, n. 35/33 del 06/07/2011 e n. 35/15
dell’01/03/2012, confrontandosi in tale modo congruamente con l’ipotesi
accusatoria.
Questa motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in
sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare pienamente
adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante

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carenza di motivazione, essendosi limitato il giudice a verificare la correttezza

giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. U, n. 3 del 25/11/1998, Messina, Rv.
212438).
Per queste ragioni, il ricorso proposto da Hichame Selki deve essere
dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al
versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in 1.500,00
euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di 1.500,00 euro alla Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma il 13 ottobre 2015.

P.Q.M.

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