Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 45493 del 10/11/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 45493 Anno 2015
Presidente: CARCANO DOMENICO
Relatore: GIORDANO EMILIA ANNA

SENTENZA

Sul ricorso proposto dal difensore di:
Patrascu Eduard Vili, n. a Bacau il 24.11.1971 detenuto agli arresti domiciliari a Pomezia,
via Sigen, 26
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma del 6 ottobre 2015 nei confronti di
Patrascu Eduard Vili;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ssa Emilia Anna Giordano;
udita la richiesta del P.M., in persona del Sostituto Procuratore generale, Giovanni Di Leo,
che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso;
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza della Corte di Appello di Roma del 6 ottobre 2015, è stata rigettata la
richiesta di consegna formulata dall’Autorità Giudiziaria rumena nei confronti di Patrascu
Eduard Vili, avanzata in forza di mandato di arresto europeo emesso il 19 giugno 2015 dalla
Corte di Appello di Bacau (Romania), per l’esecuzione della pena di anni quattro di reclusione,
inflitta con sentenza dell’Autorità giudiziaria rumena del 15 novembre 2014, divenuta definitiva

il 3 giugno 2015, per i delitti di associazione per delinquere, istigazione al falso in scrittura
privata, concorso in evasione fiscale e concorso nel reato di riciclaggio, trattandosi di cittadino
di Paese membro dell’Unione Europea, legittimamente ed effettivamente residente nel

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Data Udienza: 10/11/2015

territorio italiano, che ha chiesto di scontare la pena in Italia. E’ stato, pertanto, disposto che la
pena di anni quattro di reclusione venga espiata in Italia.
2. Con ricorso tempestivamente depositato la difesa del Patrascu deduce che la sentenza
impugnata è affetta da vizio di violazione di legge con riferimento ai parametri di
apprezzamento e scrutinio delle emergenze contenute nella richiesta di consegna e da
manifesta carenza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione con riferimento alla
doglianze avanzate dalla difesa ed alla valutazione completa e coerente degli elementi

Considerato in diritto
1. Il ricorso è inammissibile per la evidente genericità delle censure mosse alla sentenza
impugnata. Sebbene nella parte introduttiva, il ricorrente si diffonda, attraverso la citazione di
massime e principi giurisprudenziali, nella descrizione della nozione e funzione della
motivazione, nella parte conclusiva, laddove denuncia i dedotti vizi del provvedimento
impugnato, si risolve nella enunciazione di censure indeterminate e prive di riferimento al
concreto apparato argonnentativo sviluppato dalla Corte di appello con riferimento alla verifica
dei presupposti e parametri per l’accoglimento, nei termini precisati, della richiesta.
2. Nella sentenza impugnata, illustrati sinteticamente i provvedimenti emessi dall’Autorità
giudiziaria rumena e sottostanti al mandato di arresto, la Corte di appello ha evidenziato le
fonti di prova acquisite nel processo penale a carico del Patrascu; ha esaminato il requisito
della doppia punibilità con riguardo al reato di autoriciclaggio, rigettando così l’eccezione della
difesa, sui condivisibili rilievi che non solo è sufficiente che l’ordinamento italiano preveda
come reato il fatto per il quale è richiesta la consegna al momento della proposizione della
domanda da parte dello Stato di emissione, mentre non è necessaria la rilevanza penale del
medesimo al momento della sua commissione, conclusione questa conforme alla condivisibile
giurisprudenza di legittimità, affermata da Sez. 6, sentenza n. 40110 del 10.10.2012, ma,
soprattutto, perché trattasi di reato per il quale è prevista la consegna obbligatoria. Infine, la
Corte di appello ha esaminato il contenuto della documentazione allegata dal Patrascu a
sostegno della richiesta di scontare in Italia la pena, ed ha ritenuto comprovata l’esistenza di
un radicamento reale e non temporaneo del predetto nel territorio nazionale, alla luce dei
criteri di cui alla lett. r) dell’art. 18 della Legge 69 del 22 aprile 2005, come modificato per
effetto della sentenza della Corte Cost. n. 227 del 21 giugno 2010 e alla luce della decisione
quadro, art. 4, punto 6, e art. 5 punto 3. Infine ha ritenuto compatibile con la legislazione
italiana la durata e misura della pena applicata dalla Repubblica della Romania dopo avere
esaminato la sussistenza delle condizioni di cui all’art. 10 lett. b), c), d), e) del decreto
legislativo 161/2010 – sul punto del riconoscimento delle sentenze rumene a carico del
Patrascu- poiché questi è radicato nel territorio italiano; si trova nel territorio italiano, dove è
stato tratto in arresto in forza del mandato di arresto europeo; ha chiesto di scontare la pena
in Italia e, come precisato, i fatti sono previsti come reato anche dalla legge nazionale.

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acquisiti.

3. Rileva, conclusivamente, il Collegio che sebbene siano stati dedotti tutti i profili del vizio
di motivazione, partendo dalla mancanza della motivazione passando attraverso la sua
contraddittorietà ed alla mancata motivazione sulle deduzioni difensive, nel ricorso non viene
indicato su quale profilo la motivazione manchi ovvero i profili di contraddittorietà e manifesta
illogicità, evidentemente smentiti dalla diffusa, lineare e logica motivazione della sentenza.
4. Segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di somma in
favore della Cassa delle ammende che, in ragione dei profili di colpa rinvenibili nelle rilevate
cause di inammissibilità, si quantifica in Euro 1.000,00.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille, in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla
cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, L. 69 del 2005.
Così deciso in Roma, il 10 novembre 2015.

P.Q.M

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