Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 45474 del 12/05/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 45474 Anno 2015
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: PAOLONI GIACOMO

SENTENZA
sul ricorso proposto dal
MAGNOLI Girolamo, nato a Cannes (Francia) il 07/09/1979,
avverso l’ordinanza del 07/08/2014 del Tribunale di Reggio Calabria;
esaminati gli atti, il ricorso e l’ordinanza impugnata;
udita la relazione svolta dal consigliere Giacomo Paoloni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto Procuratore generale Ciro Angelillis,
che ha concluso per il rigetto del ricorso.

FATTO E DIRITTO
1. Nel quadro di un procedimento cumulativo per plurimi fatti di criminalità
organizzata (indagine denominata “Mediterraneo”), avvenuti a partire dagli anni 20102012, il g.i.p. del Tribunale di Reggio Calabria, con ordinanza del 6.6.2014, ha applicato
a Girolamo Magnoli, inteso “u babbu”, la misura cautelare della custodia in carcere in
ordine ai reati di: partecipazione alla ‘ndrina Molè, associazione ex art. 416 bis c.p.
radicata da epoca risalente a Gioia Tauro (capo A); partecipazione alla parallela
associazione dedita al traffico di stupefacenti (cocaina, hashish) volta a finanziarie la
“riorganizzazione” funzionale della cosca pianigiana dei Molè, giusta la contestata
aggravante ex art. 7 L. 203/91 (capo I); concorso in un episodio (capo T) di detenzione e
trasporto illeciti di trenta chili di hashish culminato nel suo arresto in flagranza di reato il
3.1.2012.
Il g.i.p. reggino ha ritenuto il Magnoli attinto da gravi indizi di colpevolezza in
ordine ai due reati plurisoggettivi e al reato fine dell’aggregazione ex art. 74 L.S. in base

Data Udienza: 12/05/2015

agli elementi acquisiti nel corso delle indagini, rappresentati in prevalente misura da
intercettazioni telefoniche e ambientali, da interventi di p.g. connessi a sequestri di droga
e agli sviluppi investigativi di anteriori indagini sulle manifestazioni criminose associative
della maggior parte degli indagati. Manifestazioni rivelatrici, alla stregua di più sentenze
definitive di condanna, della risalente presenza criminale calabrese del gruppo Molè
(indagini c.d. Maestro, Tirreno, Cent’anni di storia, Tempo, Porto), già “federato” con la
locale cosca Piromalli e con la cosca Mancuso di Limbadi, in seguito emarginato e teso a
recuperare un pieno dinamismo criminale anche espandendo le attività illecite della

più attività economiche e una capillare attività di vendita di sostanze stupefacenti. Lo
stesso procedente g.i.p. ha valutato sussistenti ineludibili esigenze cautelari, giustificanti
l’applicata misura carceraria, connesse al pericolo di recidiva in fatti criminosi omologhi a
quelli ascritti all’indagato.
2. Adito dall’istanza di riesame dell’indagato, il Tribunale distrettuale di Reggio
Calabria con l’ordinanza indicata in epigrafe ha respinto il gravame e confermato il
provvedimento restrittivo carcerario. I giudici del riesame cautelare hanno valutato
univoche le valenze indiziarie delle conversazioni captate (telefoniche e ambientali) e dei
collaterali esiti degli accertamenti di p.g.
Evenienze tutte dalle quali emergono la sicura intraneità dell’indagato alla cosca
Molè e la sua operatività nella collaterale attività di narcotraffico promossa dal sodalizio
mafioso, che lo vede agire in stabile contatto con Arcangelo Furfaro organizzatore dei
traffici di droga della famiglia Molè in concorso con il capo interinale del sodalizio Rocco
Molè (allora minorenne) fino al momento della scarcerazione (febbraio 2012) del fratello
Antonio Molè (“u niru”), reggente dell’associazione investito dal padre Girolamo Molè
detenuto. Evenienze che trovano solida causa indiziaria nei rapporti stabilmente intessuti,
quali portati in luce dalle captazioni foniche e dagli interventi di p.g. (con il sequestro di
partite di droga), oltre che con il già citato Furfaro, con i coindagati (anche per il reato
associativo ex art. 74 L.S.) Annunziato Pavia, Carmelo Stanganelli, zio dello stesso
Magnoli, e una rete di “mafiosi” albanesi operanti come fornitori di sostanze stupefacenti
(tra cui in particolare Altin Belulaj). Rapporti che lo vedono coinvolto nell’acquisizione
della droga (anche attraverso un “canale” francese) e nel suo trasferimento in Italia
verso il Lazio e Roma, divenuta “piazza commerciale” della vendita di stupefacenti
detenuta dal gruppo criminale.
Nel rinviare per relationem all’ampia e articolata ordinanza cautelare genetica i
giudici del riesame hanno sottolineato che i dati investigativi avvalorano, sulla base di
una solida piattaforma indiziaria, l’inserimento del Magnoli nella duplice aggregazione
criminale (mafiosa e incentrata sul narcotraffico) e nel connesso reato fine (art. 73 L.S.)
e congiuntamente profilano l’assenza di elementi che inducano a considerare superata

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consorteria verso le aree del Centro Italia (aree romana e laziali) mediante il controllo di

(per il reato di cui all’art. 416 bis c.p.) la presunzione relativa di pericolosità e
adeguatezza della misura ai sensi dell’art. 275 comma 3 c.p.p. (immanente pericolo di
prosecuzione delle condotte illecite con commissione di ulteriori reati fine dei due paralleli
contesti associativi).
3. Con atto d’impugnazione personale Girolamo Magnoli ha proposto ricorso per
cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Reggio Calabria, deducendo
violazioni di legge e carenza e illogicità manifesta della motivazione nei termini di seguito

3.1. Violazione dell’art. 606, lett. e), c.p.p. per difetto di motivazione e illogicità
della decisione impugnata.
Il Tribunale nell’esaminare la duplice partecipazione associativa criminosa del
ricorrente ha ritenuto di motivare le proprie argomentazioni, muovendo da assunti talora
apodittici (per asserita impossibilità di aderire alle ricostruzioni alternative della vicenda
proposte dalla difesa), talora inconferenti rispetto alle fattispecie plurisoggettive. In
particolare i giudici del riesame hanno omesso di giustificare la sussistenza del dolo dei
contestati reati associativi e del collegato reato di concorso in detenzione illegale di
trenta chili di hashish. Dolo che non può ritenersi dimostrato dalla sintetica ricostruzione
dei contatti, anche di semplice natura parentale, tra il prevenuto e altri coindagati;
contatti che richiedono una approfondita indagine sulla effettiva consapevolezza
dell’agente di correlarsi, attraverso tali rapporti interpersonali, con il supposto organismo
criminoso superindividuale.
3.2. Violazione degli artt. 309, comma 9, e 606, lett. e), c.p.p. con riferimento alla
omessa valutazione delle doglianze difensive prospettate in sede di domanda di riesame
cautelare e supportate da apposita memoria difensiva.
Il Tribunale ha omesso di soffermarsi sulle censure esposte dalla difesa (e ribadite
in sede di discussione del gravame) in tema di mancata individuazione dei riscontri
esterni e individualizzanti idonei ad avvalorare le ipotesi di accusa ascritte al Magnoli.
Muovendo dall’indimostrato presupposto di una aprioristica adesione associativa del
prevenuto, ha omesso di precisare il ruolo e le condotte in concreto attuate dall’indagato,
tali da legittimare le contestazioni rivoltegli con l’ordinanza cautelare del g.i.p., le cui
valutazioni sono state totalmente recepite dai giudici del riesame sulla base di un
pregiudizio concettuale involgente la rilevanza penale dei contegni del ricorrente, ivi
incluso il suo presunto coinvolgimento nel trasporto di droga per cui è stato arrestato il
coindagato Pavia.
4.

L’impugnazione proposta da Girolamo Magnoli in punto di gravi indizi di

colpevolezza ex art. 273 c.p.p. per i reati ascrittigli deve essere dichiarata inammissibile
per evidente aspecificità e palese infondatezza delle dedotte censure.

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sintetizzati (art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p.).

In vero il ricorso enuncia rilievi meramente generici sulla concludenza del quadro
indiziario che non ne scalfiscono la solidità, quale congruamente apprezzata in sede di
riesame cautelare. Sia perché nessuna specifica contestazione è mossa sui contenuti
delle numerose conversazioni captate rappresentative degli illeciti contegni del ricorrente
(soprattutto con riguardo al rilevante episodio nel traffico di droga di cui al capo T, che
testimonia il ruolo funzionale/organizzativo del prevenuto nel sodalizio ex art. 74 L.S.),
ripercorse nei loro passaggi salienti dall’ordinanza del riesame; sia perché la
contestazione della adesione alla cosca mafiosa di Gioia Tauro e alla connessa consorteria

connotati soltanto assertivi, tralasciando una seria lettura critica degli elementi indiziari
vagliati dal Tribunale del riesame reggino. Ciò segnatamente a fronte della imponente
completezza con cui già il provvedimento coercitivo adottato dal g.i.p. ha analizzato tutte
le componenti indiziarie avvaloranti l’esistenza degli indizi gravi e precisi profilantisi nei
confronti del ricorrente.
L’ordinanza del riesame cautelare, a differenza del riduttivo sommario assunto
esposto nel ricorso (nulla è dato arguire sulla presunta ricostruzione alternativa dei fatti
proposta dalla difesa del prevenuto), ha svolto un’adeguata disamina delle emergenze
investigative e delle intercettazioni che, nella chiarezza dei lori referenti fattuali,
focalizzano allo stato senza margini di dubbio la posizione e le attività sviluppate dal
Magnoli in seno alle due associazioni criminali di cui è considerato partecipe e al reato
concorsuale ex art. 73 L.S. contestatigli (illuminanti al riguardo si rivelano le telefonate
effettuate, nell’imminenza del suo arresto, dal Pavia al Magnoli).
Ribadito che -come a più riprese affermato dalla giurisprudenza di questa Corte
regolatrice- non può considerarsi affetto da vizio di motivazione il provvedimento del
riesame che confermi in tutto o in parte l’ordinanza cautelare impugnata, recependone le
valutazioni e gli argomenti probatori, atteso che in tal caso i due atti si connotano per
congiunta reciproca integrazione (Sez. 2, n. 774 del 28/11/2007, dep. 2008, Beato, Rv.
238903; Sez. 6, n. 48649 del 06/11/2014, Beshaj, Rv. 261085), è agevole rilevare che i
giudici del riesame cautelare hanno largamente motivato le ragioni che definiscono la
piattaforma indiziarla sulla quale si esprime la condotta criminosa del ricorrente. Le
censure esposte nel ricorso, surrettiziamente arricchite da citazioni della giurisprudenza
di legittimità

(iura novit curia)

elusive della genericità censoria delle ragioni

impugnatorie, trascurano di formulare concreti rilievi critici sulle coerenti valutazioni
espresse dai giudici del riesame in merito alle illecite attività realizzate dal ricorrente e
sul loro valore sintomatico, con elevato coefficiente di gravità ex art. 273 c.p.p., del suo
inserimento nell’associazione mafiosa facente capo alla famiglia Molè e nell’associazione
deputata al traffico di sostanze stupefacenti indagate nell’odierno procedimento penale.
In presenza della motivazione lineare e immune da vizi logici con cui il Tribunale ha
dato conto degli elementi fondanti i gravi indizi di colpevolezza, nella coeva dimostrata

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dedita alla compravendita di droga da immettere sul mercato clandestino assume

sussistenza delle componenti strutturali delle contestate fattispecie plurisoggettive, il
ricorrente espone -per altro in termini, si è detto, aspecifici- censure di merito volte a
sostenere una inespressa ricostruzione alternativa dei fatti e dell’intera vicenda
processuale sottesa alla regiudicanda cautelare certamente preclusa in sede di
legittimità.
All’inammissibilità del ricorso segue

ex lege la condanna del ricorrente alla

rifusione delle spese processuali ed al versamento di una somma alla cassa delle

adempimenti informativi connessi allo stato di detenzione del ricorrente.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94/1 ter disp. att. c.p.p.
Roma, 12 maggio 2015

ammende dell’equa somma di euro 1.000,00 (mille). La cancelleria curerà gli

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