Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 45367 del 14/10/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 45367 Anno 2015
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
1) Micheli Sante, nato il 28/03/1952;

Avverso la sentenza n. 686/2012 emessa il 18/01/2013 dalla Corte di
appello di Perugia;

Udita la relazione svolta dal Consigliere dott. Alessandro Centonze;

Udito il Procuratore generale, in persona del dott. Pietro Gaeta, che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso;

Udito per il ricorrente l’avv. Roberto Spoldi;

Data Udienza: 14/10/2015

RILEVATO IN FATTO

1. Con sentenza emessa 1’08/03/2012 il Tribunale di Terni dichiarava estinto
per intervenuta oblazione il reato contestato a Sante Micheli, ai sensi dell’art. 34
del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, riguardante il trasporto di un fucile da caccia
calibro 12 marca Benelli, tre cartucce e un coltello; analoga contestazione veniva
elevata in relazione a una differente arma da fuoco a Giuliano Aiani, che
viaggiava a bordo della stessa autovettura del Micheli. Questa violazione veniva

pen., all’esito dell’istruttoria dibattimentale, aveva modificato l’originario capo di
imputazione, elevato ai sensi ai sensi degli artt. 81, 110 cod. pen., 4, 7 della
legge 2 ottobre 1967, n. 895.
Tali fatti di reato si verificavano ad Arrone il 25/08/2008.

2.

Con sentenza emessa il 18/01/2013, su impugnazione proposta dal

procuratore generale, la Corte di appello di Perugia, riformava la decisione di
primo grado e riqualificati i fatti di reato ai sensi degli artt. 81, 110 cod. pen., 4,
7 della legge n. 895 del 1967 – nei quali veniva assorbita la violazione dell’ad 4
della legge 18 aprile 1975, n. 110 contestata al Micheli – condannava l’imputato
alla pena di mesi uno di arresto e 60,00 euro di ammenda, oltre al pagamento
delle spese processuali.
Veniva, pertanto, recepita la tesi sottesa all’impugnazione, secondo cui la
condotta realizzata dal Micheli era riconducibile all’ipotesi di reato
originariamente contestata, tenuto conto delle circostanze che la connotavano riconducibili all’abbigliamento e alle modalità di detenzione delle armi – che
imponevano di fare riferimento all’uso venatorio del coltello, dovendosi ritenere
legittimo il porto del fucile calibro 12, per il quale all’imputato era stato rilasciato
regolare porto d’armi.

3. Avverso tale sentenza l’imputato, a mezzo del suo difensore, ricorreva
per cassazione, deducendo due motivi di ricorso.
Con il primo motivo di ricorso, si deduceva violazione di legge, in relazione
all’art. 34 del R.D. n. 773 del 1931, atteso che il Micheli, quale soggetto privato,
si era limitato a omettere di comunicare all’autorità di pubblica sicurezza il
trasporto del coltello a bordo della sua autovettura, con la conseguenza che la
sentenza andava annullata per l’erroneo inquadramento di tale ipotesi di reato,
limitatamente all’arma da taglio trasportata.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduceva vizio di motivazione, in
relazione all’elemento soggettivo del reato in contestazione, atteso che, sulla
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contestata all’imputato dopo che il pubblico ministero ex art. 521 cod. proc.

base delle testimonianze acquisite, non era emersa la proprietà o la disponibilità
esclusiva del coltello da parte del Micheli, anche in considerazione del fatto che,
al momento del controllo, l’imputato era a bordo della sua autovettura, con un
altro soggetto, Giuliano Aiani, con la conseguenza che non poteva escludersi la
riconducibilità a quest’ultimo del coltello.
Tali ragioni imponevano l’annullamento della sentenza impugnata.

1. Il primo motivo di ricorso deve ritenersi infondato.
Deve, in proposito, rilevarsi la correttezza della riqualificazione giuridica
della condotta di trasporto del coltello sequestrato all’interno dell’autovettura del
Micheli operata dalla Corte territoriale, atteso che, sulla base delle emergenze
probatorie e delle caratteristiche offensive dell’arma da taglio richiamate nel
provvedimento impugnato, l’inquadramento della fattispecie ai sensi dell’art. 4
della legge n. 110 del 1975 risulta ineccepibile.
In ogni caso, la pretesa del ricorrente di riqualificare il fatto di reato
contestato all’imputato ai sensi dell’art. 34 del R.D. n. 473 del 1931 non si
attaglia al caso in esame, in ragione del fatto che non ci si trova di fronte a un
mero trasporto, ma a un vero e proprio porto ingiustificato dell’arma da taglio,
tenuto conto del fatto che il coltello era ragionevolmente destinato a un’attività
venatoria non consentita.
Tali ragioni impongono di ritenere infondata la doglianza difensiva in esame.

2.

La sentenza impugnata, invece, si mostra carente sul piano

dell’accertamento dell’elemento soggettivo della contravvenzione contestata
all’imputato, non contenendo alcun riferimento a eventuali verifiche finalizzate a
ricondurre la proprietà o la disponibilità del coltello al Micheli o all’Alani; verifica
che si imponeva, atteso che, essendo stati trovati all’interno del veicolo
dell’imputato due fucili da caccia, costituenti dotazione venatoria di ciascuno dei
passeggeri, è evidente che anche il coltello era stato portato da uno dei due
soggetti quale dotazione personale – anche tenuto conto dello stato di
conservazione in cui veniva trovato al momento del controllo – rendendo
indispensabile il preliminare accertamento della proprietà o della disponibilità di
tale arma.
Ne discende che, nel caso di specie, la proprietà o la disponibilità del coltello
in capo al ricorrente veniva affermata in modo apodittico, senza il compimento di
alcun accertamento, non potendosi trarre tali conclusioni dalla sola circostanza
che l’arma era stata rinvenuta all’interno del veicolo del Micheli. Queste verifiche
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CONSIDERATO IN DIRITTO

si imponevano, atteso che entrambi i passeggeri, al momento del controllo,
indossavano abiti mimetici tipici dell’attività venatoria e avevano
presumibilmente portato il coltello a tale scopo.
Queste incertezze, dunque, non potevano essere superate attraverso il solo
riferimento alla proprietà dell’autovettura a bordo della quale il coltello veniva
sequestrato e imporrebbe l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata
per un nuovo giudizio.

accertato il 25/08/2008, deve ritenersi estinto per intervenuta prescrizione,
interamente decorsa alla data del 25/08/2013.
La declaratoria di estinzione della contravvenzione contestata può essere
adottata in questa sede processuale, in quanto la difesa del ricorrente, avendo
sollecitato espressamente tale pronunzia in sede di legittimità, non ha
manifestato la volontà di rinunciare alla causa estintiva, né sussistono nei suoi
confronti i presupposti per il proscioglimento con formula di merito a norma
dell’art. 129 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché la contravvenzione è estinta
per prescrizione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 14 ottobre 2015.

3. Nelle more del procedimento, il reato contestato al Micheli, essendo stato

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