Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 45347 del 06/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 45347 Anno 2015
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: SANDRINI ENRICO GIUSEPPE

Data Udienza: 06/05/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
MILANO
BANCO BILBAO VIZCAYA ARGENTARIA S.A. (BBVA)
nei confronti di:
BONSIGNORE VITO N. IL 03/07/1943
CALTAGIRONE FRANCESCO GAETANO N. IL 02/03/1943
CIMBRI CARLO N. IL 31/05/1965
CONSORTE GIOVANNI N. IL 16/04/1948
COPPOLA DANILO N. IL 25/05/1967
FAZIO ANTONIO N. IL 11/10/1936
GNUTTI EMILIO N. IL 06/08/1947
LEONI GUIDO N. IL 17/04/1940
LONATI ETTORE N. IL 08/06/1938
LONATI TIBERIO N. IL 27/06/1944
RICUCCI STEFANO N. IL 11/10/1962
SACCHETTI IVANO N. IL 27/07/1944
STATUTO GIUSEPPE N. IL 26/02/1967
UNIPOL GRUPPO FINANZIARIO S.P.A.
BANCA POPOLARE DELL’EMILIA ROMAGNA S.C.A.R.L.
HOPA S.P.A.
avverso la sentenza n. 114/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
06/12/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE SANDRINI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ?No LP, ElLtpr
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che ha concluso per

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Conclusioni delle parti private:
L’avv. Accinni per la parte civile Banco di Bilbao chiede l’accoglimento del ricorso.
L’avv. Coppi per l’imputato Fazio chiede che i ricorsi del pubblico ministero e
della parte civile siano dichiarati inammissibili.
L’avv. Severino per l’imputato Caltagirone chiede che i ricorsi siano dichiarati
inammissibili, e in subordine rigettati.
L’avv. Dedola per gli imputati Consorte e Sacchetti conclude per l’inammissibilità
e in subordine per il rigetto dei ricorsi.

dell’avv. Dedola, precisando che la sentenza impugnata è una sentenza di
assoluzione, e non di proscioglimento.
L’avv. Biancolella per l’imputato Leoni conclude per l’inammissibilità e in
subordine per il rigetto dei ricorsi.
L’avv. Biancolella per l’imputato Statuto chiede il rigetto del ricorso, conclusione
alla quale si associa l’avv. Trofino.
L’avv. Krogh per gli imputati Lonatì Ettore e Lonati Tiberio si riporta alle memorie
difensive e chiede il rigetto dei ricorsi, che si collocano ai limiti dell’ammissibilità.
L’avv. Ravaglia per gli imputati Lonati si associa alle conclusioni dell’avv. Krogh e
si riporta alle memorie depositate.
L’avv. Zaccone per gli imputati Cimbri e Bonsignore, nonché per gli enti Unipol
Gruppo Finanziario s.p.a. e Hopa s.p.a., chiede il rigetto dei ricorsi.
L’avv. Feno per l’imputato Bonsignore chiede che il ricorso sia dichiarato
inammissibile per carenza di interesse all’impugnazione del pubblico ministero.
L’avv. Alleva per l’ente Banca Popolare dell’Emilia Romagna chiede il rigetto dei
ricorsi.
L’avv. Bonvicini per l’imputato Gnutti rileva che la parte civile non aveva
concluso nei confronti dell’imputato nel giudizio di primo grado e chiede il rigetto
del ricorso del pubblico ministero.

L’avv. Sgubbi per gli imputati Consorte e Sacchetti si associa alle conclusioni

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza n. 49362 del 7.12.2012 la 5^ sezione penale di questa Corte
Suprema ha annullato con rinvio, su ricorso del Procuratore generale della
Repubblica di Milano e della parte civile Banco di Bilbao – BBVA, la sentenza
pronunciata il 30.05.2012 con cui la Corte d’appello di Milano, riformando sul
punto la sentenza di condanna pronunciata il 31.10.2011 dal Tribunale di Milano,
aveva assolto, perché il fatto non sussiste, Vito Bonsignore, Francesco Gaetano
Caltagirone, Carlo Cimbri, Giovanni Consorte, Danilo Coppola, Antonio Fazio,

Sacchetti e Giuseppe Statuto dal reato di manipolazione del mercato ex art. 185
D.Lgs. n. 58 del 1998, oggetto del capo d’imputazione sub A, revocando di
conseguenza le sanzioni amministrative irrogate alle società Unipol Gruppo
Finanziario s.p.a., Banca Popolare dell’Emilia Romagna s.c.r.l. ed Hopa s.p.a.,
quali enti amministrativamente responsabili della condotta degli imputati ai sensi
degli artt. 5 e 25-sexies D.Lgs. n. 231 del 2001, nonché le statuizioni civili in
favore della parte civile costituita Banco Bilbao Vizcaya Argentaria s.a.; e aveva
contestualmente confermato la condanna di Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti
per il reato di ostacolo alle funzioni di vigilanza ex art. 2638 comma 2 cod. civ.,
oggetto del capo B, nonché del solo Consorte anche per il reato di abuso di
informazioni privilegiate ex art. 184 comma 1 lett. b) D.Lgs. n. 58 del 1998,
ascritto al capo C, con condanna dei predetti alle conseguenti statuizioni
risarcitorie in favore della Consob, riducendo la sanzione pecuniaria irrogata alla
Unipol Gruppo Finanziario s.p.a. per l’operato degli amministratori Consorte e
Sacchetti.
In particolare, per quanto qui interessa, la sentenza di annullamento aveva
giudicato incensurabile, in sede di legittimità, l’esclusione della sussistenza di un
patto parasociale avente ad oggetto l’astensione dei contraenti dall’adesione
all’OPS relativa all’acquisto delle azioni BNL lanciata dal Banco di Bilbao, sulla
quale la sentenza annullata aveva basato l’assoluzione degli imputati dal
concorso nel reato di aggiotaggio contestato con riguardo alla “controscalata” del
capitale sociale della BNL operata dalla Unipol, ma aveva contestualmente
censurato la decisione della Corte territoriale di ritenere che l’esclusione di tale
dato fattuale precludesse l’esame di altri possibili profili di responsabilità degli
imputati in ordine al reato di cui all’art. 185 D.Lgs. n. 58 del 1998, ricavabili
dalle condotte in concreto accertate nel giudizio di merito con riguardo, da un
lato, alla falsità dei comunicati ripetutamente emessi dalla Unipol a
giustificazione dei propri acquisti di azioni BNL, basati sull’affermazione non
veritiera dell’esclusivo interesse a tutelare con tali acquisti la joint venture in atto
con BNL Vita, e con riguardo, dall’altro, alla natura artificiosa degli acquisti,
1

Emilio Gnutti, Guido Leoni, Ettore Lonati, Tiberio Lonati, Stefano Ricucci, Ivano

indiretti di azioni BNL effettuati da Unipol per interposta persona o mediante le
modalità rappresentate dalla contemporanea stipulazione di contratti di opzione
c.d. put e cali (funzionali a rendere vincolante il successivo trasferimento, alla
scadenza, delle azioni a Unipol), e alla loro (eventuale) idoneità a integrare
altrettante ipotesi di aggiotaggio informativo o manipolativo realizzate mediante
comportamenti animati da un complessivo disegno fraudolento volto ad alterare
l’andamento normale del prezzo del titolo BNL sul mercato azionario, anche
attraverso il collegamento illecito di condotte singolarmente lecite.

degli imputati era dunque fondata sul vizio riscontrato nella motivazione della
sentenza d’appello in ordine alla valutazione dell’idoneità a integrare il reato di
cui al capo A, in concorso con gli altri elementi costitutivi della fattispecie penale,
delle condotte realizzate in qualità di autori materiali dal Consorte e dal
Sacchetti, in concorso col Cimbri, nonché del contributo causale che fosse stato
(eventualmente) consapevolmente e volontariamente apportato al progetto di
“controscalata” occulta della BNL dagli imputati aderenti al c.d. contropatto
(secondo un elemento psicologico da accertarsi anche sulla base dei contenuti
delle conversazioni intercettate), nonché ancora della veste di promotore del
progetto di “controscalata” bancaria assunto dal Fazio in qualità di governatore
all’epoca della Banca d’Italia, anche mediante gli ostacoli frapposti all’OPS del
Banco di Bilbao, nonché infine del ruolo dei soggetti apicali della Banca popolare
dell’Emilia Romagna e della società Hopa s.r.I., Leoni e Gnutti, negli acquisti
interposti di azioni BNL per conto di Unipol; con conseguente devoluzione al
giudice di rinvio del compito di colmare la relativa lacuna motivazionale.
2. Con sentenza pronunciata il 6.12.2013 la Corte d’appello di Milano, all’esito
del giudizio di rinvio, ribadiva l’assoluzione degli imputati dal reato di aggiotaggio
sub A (per il quale erano nel frattempo maturati i termini di prescrizione) perché
il fatto non sussiste, revocando di conseguenza la sanzioni pecuniarie irrogate
per tale titolo agli enti ritenuti amministrativamente responsabili dell’illecito,
nonché le statuizioni civili in favore del Banco di Bilbao.
Quanto alla contestazione di aggiotaggio informativo, la Corte territoriale
rilevava l’oggettivo mendacio di una serie di comunicati Unipol, a partire da
quello del 23.05.2005 diretto alla Consob, dissimulanti il vero scopo perseguito
dalla società di acquisire il controllo della BNL sotto le vesti di un dichiarato
interesse a consolidare invece, mediante il progressivo incremento della propria
partecipazione bancaria, l’investimento effettuato nella joint venture assicurativa
BNL Vita; la reticenza, l’incompletezza e la non veridicità delle relative
comunicazioni era d’altronde già stata accertata con riguardo al reato sub B, per
il quale la condanna pronunciata nei confronti dei vertici di Unipol (Consorte e
2

La pronuncia di annullamento e l’esigenza di celebrare un nuovo giudizio a carico

Sacchetti) era divenuta definitiva, in relazione all’ostacolo frapposto alle funzioni
di vigilanza svolte dalla Consob.
La Corte territoriale dava quindi atto dell’utilizzabilità, ai fini della decisione e nel
rispetto del principio del libero convincimento del giudice, della relazione Consob
del 22.10.2008, acquisita agli atti, quale contributo tecnico proveniente
dall’organo ufficialmente preposto al controllo del corretto funzionamento delle
regole del mercato azionario e investito istituzionalmente di funzioni di
collaborazione con l’autorità giudiziaria nell’individuazione di fatti penalmente

contenenti le informazioni sulla dimensione della propria partecipazione in BNL,
con particolare riguardo all’omessa indicazione dei patti parasociali conclusi con
una serie di aziende bancarie e alla qualificazione come potenziali, anziché come
effettive, delle partecipazioni sottostanti ai contratti di opzione stipulati con una
serie di investitori, pur ritenendo inidonea la falsità del relativo quadro
informativo a tradursi in una manipolazione del mercato.
Quanto alla contestazione di aggiotaggio manipolativo, la Corte territoriale
rilevava che le precedenti decisioni di merito, inclusa quella annullata dalla Corte
di legittimità, avevano riconosciuto che le condotte di acquisto indiretto di
partecipazioni azionarie BNL da parte di Unipol, compiute per interposta persona
o mediante la stipulazione di contratti di opzione c.d. put e call (assimilabili negli
effetti a una vendita a termine e funzionali a “parcheggiare” presso terzi le azioni
così acquistate, in attesa delle autorizzazioni di Bankitalia all’incremento della
partecipazione bancaria), pur integrando operazioni negoziali in sé singolarmente
lecite, erano astrattamente idonee a realizzare nel loro complessivo
collegamento funzionale l’elemento di artificiosità stigmatizzato dalla norma
penale, finalizzato a occultare al mercato il progetto di controscalata della BNL
perseguito da Unipol, mirante a conseguire una posizione dominante nella banca
mediante una partecipazione azionaria superiore al 30% eludendo l’OPA
obbligatoria prevista dalla legge; rilevava tuttavia che, poiché al 18.07.2005 la
partecipazione complessivamente detenuta da Unipol in BNL, direttamente e per
il tramite delle operazioni sopra descritte, era pari al 24,6%, il superamento della
soglia del 30% senza ricorrere all’OPA (alterando il corso del prezzo del titolo
BNL sul mercato, protetto dalla norma incriminatrice), costituente l’obiettivo
perseguito da Unipol con mezzi in ipotesi artificiosi, postulava necessariamente
un accordo parasociale occulto coi c.d. contropattisti, la cui esistenza era stata
esclusa dalla sentenza annullata con statuizione ormai definitiva.
Quanto alla posizione dei contropattisti e all’eventuale idoneità della loro
condotta a contribuire, in modo consapevole e deliberato, al progetto di scalata
bancaria di Unipol senza passare, a differenza del Banco di Bilbao, dal lancio di

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rilevanti, relazione che aveva individuato come non veritieri i comunicati Unipol

un’OPA obbligatoria al momento del raggiungimento della partecipazione del
30% (che avrebbe imposto la fissazione di un prezzo predeterminato dei titoli,
diverso da quello contrattabile sul mercato), OPA che era stata invece lanciata
solo dopo l’acquisizione della maggioranza assoluta del capitale sociale, la Corte
territoriale dava atto del ruolo di interlocutore obbligato del c.d. “contropatto” titolare di una partecipazione complessiva in BNL nell’ordine del 26-27% – per
chiunque intendesse scalare la banca, tale da rendere necessaria, secondo la
sentenza di primo grado, l’elaborazione di una strategia preventiva da parte di

contenere i costi economici dell’operazione.
Il giudice di rinvio riteneva insussistente la prova di un concorso efficiente e
consapevole dei contropattisti al perseguimento dello scopo del raggiungimento
del controllo, non disvelato al mercato, del 30% delle azioni BNL senza lanciare
l’OPA obbligatoria, in tesi perseguito da Unipol, valorizzando proprio il ruolo di
interlocutori e controparti di Unipol degli esponenti del contropatto, titolari di un
interesse proprio e autonomo a massimizzare il valore patrimoniale della loro
partecipazione azionaria in relazione alle scalate contemporaneamente in atto
della BNL da parte di Unipol e del Banco di Bilbao, che giustificava logicamente
un atteggiamento unitario e compatto dei contropattisti nella trattativa, condotta
in funzione dei loro interessi e non in adesione a quelli di Unipol, come
riscontrato dal contenuto di numerose telefonate rivelanti l’atteggiamento non
univoco degli interlocutori in ordine alla condotta da adottare nei confronti di
Unipol, dettando condizioni e talora frapponendo ostacoli; e riteneva che anche il
contenuto – apparentemente indiziante di un atteggiamento di supporto a Unipol
– delle conversazioni intercorse il 6 e 9 luglio 2005 tra Consorte e Coppola e il 2
luglio 2005 tra Consorte e Fiorani si inseriva in realtà in una trattativa ancora in
corso e in fase di evoluzione, nella quale gli esponenti del contropatto non erano
ancora allineati sulla medesima posizione ed erano anzi talora fautori di scelte
antitetiche, che non escludevano un disimpegno da Unipol per aderire a
un’offerta più vantaggiosa che fosse stata formulata dal Banco di Bilbao, così che
anche l’atteggiamento attendista rispetto all’OPS lanciata dalla banca spagnola
appariva in realtà riconducibile a una scelta puramente speculativa e
mercantilistica, in attesa dell’evolversi della situazione e della possibilità di
cedere le azioni al miglio offerente, e non già frutto di una preordinata adesione
al progetto di controscalata di Unipol.
In particolare, la Corte territoriale evidenziava, al fine di contraddire l’ipotesi di
un attendismo verso l’OPS del Banco di Bilbao subordinato agli interessi di
Unipol, le lamentele esternate da Consorte in alcune telefonate sulle difficoltà
della trattative col contropatto, e spiegava la scelta dei contropattisti di cedere le r
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Unipol contemplante una sinergia operativa coi contropattisti, anche al fine di

loro azioni non direttamente a Unipol, ma a soggetti terzi dalla stessa individuati,
con l’esigenza, propria ed esclusiva dei cedenti ed animata da esclusive ragioni
mercantilistiche, di perfezionare la trattativa prima del termine del 22.07.2005
fissato per la scadenza dell’OPS lanciata dalla banca spagnola, in modo da
lasciarsi aperta la possibilità di un’adesione in extremis alla relativa offerta, così
da incrementare il prezzo ricavabile dalla cessione delle azioni arrivato a 2,70
euro per azione dall’offerta iniziale di 2,60; rilevava altresì, a giustificazione
logica dell’adesione dei contropattisti all’offerta di Unipol anziché a quella del

l’unico elemento reale di valutazione tenuto in conto dai contropattisti) della
proposta di acquisto di Unipol, che prevedeva il pagamento delle azioni per
contanti, e non mediante un concambio azionario come invece previsto dalla
proposta di acquisto (mantenuta ferma) della banca spagnola, così che la scelta
finale del contropatto di aderire all’offerta di Unipol era riconducibile ad esclusive
logiche economiche, non inquinate da una preordinata strategia di contrasto
all’operato del Banco di Bilbao.
La Corte territoriale escludeva anche qualsiasi concorso dei contropattisti
nell’ipotesi di aggiotaggio informativo, fondata sulla costruzione di un obbligo
giuridico di intervenire a rettificare il mendacio contenuto nelle comunicazioni
Unipol, che era estraneo alla contestazione formulata nel capo d’imputazione e
non era comunque configurabile – nei suoi presupposti fattuali – in capo a
soggetti estranei a Unipol, che non potevano conoscere la veridicità o meno delle
informazioni da questa fornite.
Quanto alla posizione degli altri imputati, la Corte d’appello rilevava che la
sussistenza del reato di aggiotaggio postula, come elemento costitutivo, la
concreta idoneità della condotta a provocare una sensibile alterazione del prezzo
degli strumenti finanziari, che la sentenza di condanna di primo grado aveva
rapportato non già all’andamento normale del prezzo dei titoli sul mercato, ma al
parametro di determinazione legale derivante dalla normativa sull’OPA,
attraverso la violazione della relativa disciplina resa possibile (in tesi) dal
raggiungimento con modalità artificiose e occulte da parte di Unipol della quota
di partecipazione del 30% in BNL, senza rendere nota la circostanza al mercato e
dover lanciare così un’OPA obbligatoria; riteneva che l’assenza di prova del
contributo occulto apportato dai contropattisti alla strategia perseguita da Unipol
escludeva che quest’ultima potesse effettivamente controllare il 30% delle azioni
BNL prima di raggiungere la quota del 51%, in modo da dover lanciare l’OPA al
raggiungimento della prima soglia; in ogni caso, la Corte territoriale escludeva,
anche alla stregua del contenuto delle relazioni Consob, che si fosse determinato
un pericolo concreto di alterazione del valore dell’azione BNL sul mercato, in

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Banco di Bilbao, l’oggettiva maggiore convenienza economica (che costituiva

quanto il prezzo del titolo era rimasto sempre stabilmente superiore, e con
tendenza al rialzo, rispetto al valore di concambio previsto dall’OPS del Banco di
Bilbao, ancor prima dell’inizio della controscalata di Unipol e delle notizie
inveritiere dalla stessa diffuse sulle finalità delle sue acquisizioni, e ciò in ragione
sia della scarsa appetibilità dell’offerta di acquisto formulata dalla banca
spagnola, sia della generale aspettativa, diffusa nel mercato, dell’intervento di
un altro competitor interessato all’acquisizione di BNL, a prescindere dalla sua
individuazione in Unipol, così che l’andamento del valore del titolo non era stato

partecipazione in BNL, posto che gli aspetti salienti della sua strategia acquisitiva
erano stati esattamente percepiti dagli operatori interessati, come confermato
dal fatto che il prezzo del titolo era rimasto stabile anche all’annuncio che Unipol
doveva lanciare l’OPA obbligatoria; l’esclusione dell’elemento oggettivo del reato
comportava dunque l’assoluzione di tutti gli imputati.
3. Avverso la sentenza pronunciata in sede di rinvio hanno proposto ricorso per
cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di
Milano e la parte civile Banco Bilbao Vizcaya Argentaria s.a..
3.1. Il ricorso del Procuratore generale della Repubblica deduce sette motivi di
doglianza.
Col primo motivo, il ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione dell’art.
627 comma 3 cod.proc.pen. e mancanza di motivazione sulle condotte di
aggiotaggio informativo in relazione ai comunicati Unipol del 7, 10, 11 e 17 luglio
2005, riguardanti lo stato delle trattative coi contropattisti, la cui natura
mendace era stata contestata nel capo d’imputazione ed era stata ritenuta dalla
sentenza annullata con riguardo al reato sub C.
Col secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione dell’art.
627 comma 3 cod.proc.pen. e mancanza o manifesta illogicità della motivazione
in relazione alle condotte di acquisto indiretto di azioni BNL da parte di Unipol;
deduce la sottrazione della sentenza impugnata all’obbligo di uniformarsi al
principio enunciato nella sentenza di annullamento, avendo sostanzialmente
omesso di valutare se gli acquisti indiretti di azioni BNL effettuati da Unipol
integrassero, in relazione alla situazione concreta in cui erano avvenuti e alla
complessiva funzione che Unipol aveva ad essi attribuito, gli artifici costitutivi del
reato di aggiotaggio, in funzione di eludere l’obbligo dell’opa fissato dalla legge al
raggiungimento della soglia del 30% del capitale sociale, occultando al mercato
la scalata così effettuata e “parcheggiando” presso terzi le azioni acquistate in
via indiretta in attesa del rilascio delle autorizzazioni della Banca d’Italia;
lamenta l’omessa valutazione dello scopo decettivo raggiunto da Unipol con le
condotte manipolative poste in essere nelle comunicazioni informative e nel
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distorto dal falso quadro informativo offerto da Unipol sulla quota della sua reale

rastrellamento di azioni, tanto da trarre in inganno anche la Consob sulle sue
reali intenzioni, dissimulate sotto quelle dell’apparente tutela dei propri interessi
in BNL Vita.
Col terzo motivo, il ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione dell’art.
627 comma 3 cod.proc.pen. e mancanza di motivazione sul contributo causale
dei contropattisti.
Il ricorrente deduce l’erronea esclusione di tale contributo nella fase ideativa
della controscalata di BNL da parte di Unipol, per effetto dell’omessa valutazione
del ruolo del governatore di Bankitalia Fazio come istigatore e promotore

dell’operazione, in particolare nei confronti di Caltagirone contattato tramite
Fiorani; rileva che il contributo causale dei contropattisti nella fase esecutiva
dell’operazione emergeva dal contenuto delle telefonate intercettate e dalla
cessione delle loro azioni nei tempi e modi decisi da Unipol ai soggetti di sua
fiducia da essa indicati, al fine di eludere i limiti imposti dalla legge alla misura
della partecipazione azionaria.
Col quarto motivo, il ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione dell’art.
627 comma 3 cod.proc.pen. e mancanza o manifesta illogicità della motivazione
sul contributo causale di Fazio, Leone e Gnutti, nelle rispettive qualità di
governatore di Bankitalia, di amministratore delegato della Banca popolare
dell’Emilia Romagna e di presidente della società Hopa s.r.I., secondo le condotte
consistite per il primo (Fazio) nell’aver istigato, promosso ed esecutivamente
assecondato la scalata di Unipol a BNL mediante un sollecito rilascio delle
autorizzazioni necessarie e aderendo a una motivazione che sapeva fittizia,
contemporaneamente ostacolando l’opa promossa da BBVA, per il secondo
(Leone) nell’aver reso disponibili a Unipol, per il suo progetto di scalata, azioni
BNL in forza di accordi tenuti occulti al mercato, per il terzo (Gnutti) nell’aver
acquistato azioni BNL operando quale fiduciario di Unipol.
Il ricorrente lamenta l’omesso esame da parte del giudice di rinvio delle condotte
ascritte agli imputati, nonostante l’invito formulato al riguardo dalla sentenza di
annullamento; censura in particolare l’omessa valutazione del contributo
apportato da Leoni alla falsità del comunicato Unipol del 18.07.2005 con cui
Unipol aveva indicato il possesso di una partecipazione del 46% in BNL,
omettendo di conteggiare l’ulteriore 5%, che consentiva di raggiungere e
superare la maggioranza assoluta del capitale sociale, messo a disposizione da
BPER in base a patti parasociali occulti, secondo una condotta concretamente
idonea a incidere sensibilmente sul prezzo del titolo; lamenta l’illogicità di aver
fatto precedere l’esame del requisito della sensibile alterazione del prezzo alla
valutazione dell’idoneità della condotta a determinarla.
Col quinto motivo, il ricorrente lamenta mancanza di motivazione sulla concreta (f

7

l3

idoneità della condotta degli imputati ad alterare sensibilmente il prezzo delle
azioni BNL, nonché omessa valutazione di argomentazioni decisive.
Il ricorrente lamenta l’acritico recepimento da parte della sentenza impugnata
delle conclusioni della relazione Consob del 22.10.2008, senza valutarne la
correttezza dei presupposti di fatto e del procedimento logico seguito; contesta
l’utilizzo probatorio da parte della Corte territoriale non già dei fatti materiali
documentati dalla relazione, ma anche dei giudizi valutativi in essa formulati,
senza tenere conto degli esiti dell’approfondita istruttoria dibattimentale
celebrata nel processo penale rispetto al quadro limitato esaminato dalla Consob

nel 2008; lamenta l’omessa considerazione delle argomentazioni esposte dalla
pubblica accusa nella memoria del 30.10.2013, aventi ad oggetto l’analitica
ricostruzione delle variazioni del prezzo del titolo BNL nel periodo considerato e il
relativo collegamento con le attività manipolative di Unipol e degli imputati;
rileva la natura di reato di pericolo concreto del delitto di aggiotaggio, l’idoneità
della cui condotta deve essere accertata col criterio della prognosi postuma con
riguardo ai mezzi utilizzati e al contesto concreto delle operazioni manipolative,
utilizzando come parametro di riferimento la figura dell’investitore ragionevole e
valorizzando agli effetti della prova del reato la distorsione del mercato
effettivamente determinatasi e l’effettiva alterazione del prezzo del titolo BNL
durante la controscalata di Unipol (nel senso che lo stesso non era stato
determinato dal libero gioco della domanda e dell’offerta), tanto che il prezzo di
mercato non si era allineato a quello dell’OPA; ricostruisce l’andamento del
prezzo dell’azione BNL in corrispondenza alla sequenza delle operazioni di Unipol
finalizzate a scalare la banca, ed evidenzia l’inidoneità dei “runnors” giornalistici a
orientare correttamente le scelte degli investitori (ragionevoli).
Col sesto motivo, il ricorrente lamenta manifesta illogicità della motivazione sulla
efficacia dei “rumors”, che non avevano la medesima affidabilità dei comunicati
ufficiali provenienti da Unipol, così da rendere il ragionamento probatorio del
giudice di rinvio contrario a massime di esperienza.
Col settimo motivo, il ricorrente lamenta mancanza di motivazione sul giudizio
controfattuale, inosservanza o erronea applicazione dell’art. 185 D.Lgs. n. 58 del
1998 con riguardo alla nozione di “alterazione”, e travisamento del fatto.
Il ricorrente lamenta in particolare l’errore di diritto in cui era incorsa la sentenza
impugnata nell’affermare la necessità di variazioni improvvise di prezzo per
integrare il requisito della sensibile alterazione, che comprende invece qualsiasi
ipotesi di distorsione (incluso il mantenimento di un valore stabile quando il
prezzo dovrebbe invece spontaneamente modificarsi), nonché il travisamento del
fatto consistito nel descrivere in rialzo costante il titolo BNL di cui la Consob
aveva evidenziato invece anche i ribassi (dopo 1’8 aprile e dopo il 18 luglio

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c/J3

2005); rileva che anche il trend al rialzo del titolo non seguiva una logica
autonoma, ma era determinato dalle manovre di Unipol, tanto che il prezzo
dell’opa lanciata infine da Unipol contemplava un prezzo unitario di 2,70 a fronte
di un valore di 2,55.
3.2. Il ricorso del Banco di Bilbao deduce tre motivi di gravame, coi quali, sulla
premessa che la sentenza impugnata aveva esaminato solo alcuni degli aspetti
devoluti dalla sentenza di annullamento, autolimitando in modo arbitrario i temi
d’indagine, lamenta:

della motivazione, con riguardo all’omesso esame del ruolo nella vicenda del
governatore di Bankitalia Fazio, in relazione alla condotta di promotore della
controscalata BNL, agli ostacoli frapposti all’OPS di BBVA e alla conseguente
omissione dei doveri di imparzialità nei confronti dei due concorrenti al controllo
della BNL, nonchè al contributo causale così apportato al reato di aggiotaggio,
trascurando altresì di considerare la natura artificiosa degli acquisti indiretti di
azioni posti in essere da Unipol per incrementare la propria partecipazione in BNL
e il peso dell’influenza esercitata da Fazio sulla decisione presa dai contropattisti,
e

in particolare da Caltagirone e da coloro che ricoprivano funzioni

amministrative nel c.d.a. di BNL, di cedere le loro azioni a Unipol;
– violazione degli artt. 627 comma 3 e 628 cod.proc.pen., nonchè mancanza e
contraddittorietà della motivazione, con riguardo all’omesso esame del ruolo
nella vicenda dell’amministratore delegato della Banca popolare dell’Emilia
Romagna Leoni, che aveva inficiato la motivazione della sentenza sotto l’aspetto
dell’omessa considerazione della natura decettiva, funzionale a ingannare il
mercato, del contenuto del comunicato stampa del 18.07.2005 con cui Unipol
aveva dichiarato di controllare il 46,95% del capitale sociale di BNL, tale da
implicare l’obbligo di promuovere un’opa ma non ancora di consentire il controllo
di diritto della banca, mentre in realtà la quota di partecipazione superava il 50%
in forza del pacchetto azionario apparentemente detenuto da BPER, ma già
acquistato in via indiretta da Unipol (tanto che la Consob aveva sanzionato Leoni
e la banca da lui amministrata proprio per aver tenuto occulto al mercato il patto
parasociale stipulato con Unipol), secondo una condotta di cui la sentenza di
annullamento aveva indicato la necessità di valutare l’incidenza; l’occultamento
della fondamentale notizia della conseguita maggioranza assoluta dell’azionariato
di BNL aveva dunque svolto una funzione perturbatrice del mercato, idonea a
integrare il pericolo concreto che realizza il reato di aggiotaggio;
– violazione degli artt. 627 comma 3 e 628 cod.proc.pen. ed erronea applicazione
della legge penale con riguardo al reato di cui all’art. 185 TUE, nonché
mancanza e contraddittorietà della motivazione sul punto; il ricorrente deduce la
9

– violazione degli artt. 627 comma 3 e 628 cod.proc.pen., nonchè mancanza

natura assertiva e apodittica della ritenuta assenza di concreta incidenza sulle
determinazioni del mercato delle manipolazioni informative operate da Unipol
con le comunicazioni la cui natura mendace era stata riconosciuta dalla sentenza
di annullamento; lamenta l’omessa considerazione della natura artificiosa degli
acquisti indiretti di azioni BNL operati da Unipol, sotto il profilo (indicato dalla
sentenza di annullamento) della loro complessiva funzione decettiva, recependo
acriticamente le conclusioni della relazione Consob sull’assenza di un turbamento
del mercato; rileva che proprio la costituzione di parte civile della Consob nei

dalle relative comunicazioni, rendeva inverosimile che le comunicazioni mendaci
dei vertici Unipol, ritenute idonee a ingannare l’organo di vigilanza, non avessero
ingannato (anche) il mercato, che non disponeva delle notizie oggetto del reato
di abuso di informazioni privilegiate ascritto al Consorte e per il quale la
condanna dell’imputato era divenuta definitiva.
4. I difensori degli imputati Fazio, Caltagirone e Lonati (Ettore e Tiberio) hanno
depositato memorie con cui replicano in modo articolato ai motivi di ricorso del
Procuratore generale della Repubblica e della parte civile.
4.1. La difesa di Fazio Antonio deduce che la sentenza del giudice di rinvio si era
attenuta puntualmente alle direttive indicate da questa Corte nella sentenza di
annullamento, prendendo definitivamente atto dell’insussistenza dell’elemento
materiale del reato di aggiotaggio, che era emersa dalle risultanze processuali fin
dal giudizio di primo grado (ed era già stata ampiamente illustrata nella memoria
difensiva in data 30.09.2011, di cui la difesa dell’imputato richiamava i
contenuti, unitamente a quelli degli originari motivi di appello); rileva che la
congruità e la correttezza giuridica della motivazione con cui la sentenza
impugnata aveva ritenuto l’inidoneità oggettiva delle condotte ascritte ai
coimputati ad integrare il reato precludeva l’indagine sulla ipotizzata (quanto
contestata dalla difesa) responsabilità concorsuale del prevenuto, non essendo
configurabile un interesse dei ricorrenti alla completezza puramente formale
della motivazione (di cui lo stesso Fazio sarebbe altrimenti legittimato a
lamentare la lesione); deduce l’inammissibilità dei motivi di ricorso,
analiticamente esaminati nella memoria, a fronte della puntuale adeguatezza
delle argomentazioni del giudice di rinvio, che rendeva la relativa motivazione
insindacabile in sede di legittimità, rilevando – con specifico riguardo al ricorso
della parte civile – l’insussistenza in capo al Banco di Bilbao, che aveva realizzato
una cospicua plusvalenza dalla cessione del proprio pacchetto azionario
conseguente alla successiva adesione all’OPA lanciata da Paribas, della qualità di
soggetto danneggiato dal reato.
4.2. La difesa di Caltagirone Francesco Gaetano rileva che i motivi di ricorso si

10

confronti di Consorte, Sacchetti e Cimbri, deducendo di essere stata ingannata

risolvono nel riproporre una rilettura in fatto della vicenda processuale su aspetti
che sono stati ampiamente e puntualmente esaminati dalla sentenza impugnata,
che ha motivatamente escluso qualsiasi profilo di concorso dell’imputato nelle
condotte ascritte ai vertici di Unipol, rispetto ai cui obiettivi gli esponenti del
“contropatto”, e tra essi Caltagirone, erano portatori di interessi del tutto
autonomi e indipendenti.
4.3. La difesa di Ettore e Tiberio Lonati, oltre a dedurre l’assenza di interesse del
pubblico ministero a impugnare una sentenza di assoluzione per un reato ormai
estinto per prescrizione (memoria avv. Ravaglia), rileva la genericità dell’accusa

mossa agli imputati, ai quali non era stata attribuita alcuna condotta accertata
storicamente, diversa dall’ipotizzata partecipazione all’accordo parasociale
occulto coi vertici di Unipol la cui esistenza era stata definitivamente esclusa con
statuizione passata in giudicato (memoria avv. Krogh).
5. La difesa di parte civile ha depositato memoria di replica alle deduzioni della
difesa dell’imputato Fazio, nella quale ribadisce le ragioni delle censure mosse
alla sentenza impugnata con riguardo alla posizione del governatore della Banca
d’Italia, nonchè l’interesse autonomo della parte civile a ricorrere ex art. 576 del
codice di rito avverso la sentenza assolutoria di merito per far valere le proprie
ragioni risarcitorie nei confronti del prevenuto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi del Procuratore generale della Repubblica di Milano e della parte civile
sono infondati e devono essere entrambi rigettati, per le ragioni che seguono.
2. Occorre preliminarmente verificare la sussistenza di un interesse del pubblico
ministero a impugnare la sentenza assolutoria del giudice di rinvio (che, se
dovesse essere escluso, imporrebbe la immediata declaratoria di inammissibilità
del ricorso ai sensi dell’art. 591 comma 1 lett. a) del codice di rito), contestata
da talune difese sotto il profilo della – pacifica – ricorrenza della causa di
estinzione del reato di cui all’art. 185 D.Lgs. n. 58 del 1998 rappresentata dalla
prescrizione maturata già al momento della pronuncia della sentenza impugnata,
che dovrebbe essere senz’altro dichiarata da questa Corte in caso di ritenuta
fondatezza del gravame della parte pubblica, essendo definitivamente inibita
l’affermazione della penale responsabilità degli imputati e la pronuncia di una
sentenza di condanna (agli effetti penali) nei loro confronti in caso di eventuale
accoglimento del ricorso.
Questa Corte ha, infatti, affermato il principio secondo cui è inammissibile per
difetto di interesse il ricorso per cassazione del pubblico ministero avverso la
sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto in presenza, già al momento
della pronuncia della sentenza, di una causa estintiva del reato (come la
prescrizione), salvo che emerga un interesse concreto del ricorrente alla
11

P

dichiarazione della causa di estinzione del reato rispondente a una ragione
(anche) esterna al processo obiettivamente riconoscibile (Sez. 5 n. 30939 del
24/06/2010, Rv. 247971, che ha individuato tale interesse nello svolgimento e
nell’esito di un procedimento disciplinare per i medesimi fatti oggetto del
processo penale); l’impugnazione della parte pubblica deve, invero, perseguire
un risultato non solo teoricamente corretto ma anche praticamente favorevole
(Sez. 6 n. 27355 del 15/03/2013, Rv. 255740).
Un interesse concreto del pubblico ministero ricorrente, nella fattispecie interno

declaratoria di estinzione (per prescrizione) del reato di manipolazione del
mercato, è sicuramente ravvisabile nel caso in esame, per effetto quantomeno
del contestuale esercizio nel (medesimo) processo penale dell’azione, di cui è
titolare esclusivo il pubblico ministero, di accertamento della responsabilità
amministrativa, ai sensi degli artt. 5 e 25-sexies D.Lgs. n. 231 del 2001, delle
persone giuridiche Unipol Gruppo Finanziario s.p.a., Banca Popolare dell’Emilia
Romagna s.c.r.I., Hopa s.p.a., in relazione alle condotte penalmente rilevanti che ne costituiscono il presupposto – ascritte alle persone fisiche degli imputati
accusati di aver commesso il reato nell’interesse o a vantaggio delle società di
cui ricoprivano le cariche apicali, e che ha determinato la condanna degli enti, da
parte della sentenza di primo grado, al pagamento di consistenti sanzioni
pecuniarie: l’autonomia della responsabilità amministrativa della persona
giuridica (rispetto alla responsabilità penale del suo soggetto apicale),
espressamente affermata dall’art. 8 comma 1 (lett. b) D.Lgs. n. 231 del 2001,
comporta che essa sussista e permanga anche quando il reato presupposto sia
dichiarato estinto per prescrizione (o comunque per causa diversa dall’amnistia),
così che il pubblico ministero è titolare di un evidente interesse all’accertamento
in via incidentale della sussistenza del fatto che costituisce il reato (Sez. 6 n.
21192 del 25/01/2013, Rv. 255369), per quanto prescritto, al fine di veder
confermate le statuizioni pecuniarie a carico degli enti e in favore dello Stato.
Sotto tale assorbente profilo, il ricorso del Procuratore generale è, dunque,
senz’altro ammissibile.
3. Sempre in via preliminare, deve ritenersi corretta la decisione della Corte
territoriale di esaminare nel merito, in sede di giudizio di rinvio, le risultanze
processuali, al fine di pervenire al proscioglimento pieno degli imputati, con la
formula assolutoria dell’insussistenza del fatto, anziché limitarsi all’immediata
declaratoria ex art. 129 del codice di rito della causa di non punibilità
rappresentata dall’intervenuta prescrizione del reato.
Anche a prescindere dalle argomentazioni con cui la sentenza impugnata ha
ritenuto la ricorrenza del requisito dell’evidenza della prova dell’insussistenza del
12

al processo, all’annullamento dell’assoluzione degli imputati, in funzione della

fatto-reato, che ai sensi del 2° comma dell’art. 129 cod.proc.pen. legittima la
prevalenza dell’assoluzione nel merito sulla dichiarazione della causa estintiva
del reato, va ricordato che le Sezioni Unite di questa Corte hanno
definitivamente chiarito che il giudice dell’impugnazione non può esimersi dalla
valutazione del compendio probatorio allorchè debba comunque pronunciare ai
sensi dell’art. 578 del codice di rito, in presenza della prescrizione del reato, sulle
statuizioni civili contenute nella sentenza di condanna di primo grado (il cui
esame era devoluto al giudice di rinvio a seguito dell’annullamento della

legittimo anche quando debba essere pronunciato ai sensi del capoverso dell’art.
530 cod.proc.pen. per mancanza, contraddittorietà o insufficienza della prova
della sussistenza del fatto (Sez. Un. n. 35490 del 28/05/2009, Rv. 244273
Tetta ma nti).
4. Sono complessivamente infondate le censure, variamente articolate nei motivi
di ricorso tanto del pubblico ministero quanto della parte civile, che lamentano la
violazione, da parte del giudice di rinvio, dell’ambito del devoluto dalla sentenza
di annullamento, che sarebbe stato erroneamente individuato, se non addirittura
arbitrariamente autolimitato, dalla Corte territoriale con riguardo all’esame degli
elementi costitutivi del fatto-reato e all’articolazione logico-giuridica del percorso
motivazionale che ha condotto all’assoluzione degli imputati.
Dalla lettura della sentenza (n. 49362 del 2012) della 5^ Sezione di questa
Corte, risulta chiaramente che l’annullamento della sentenza in data 30.05.2012
della Corte d’appello di Milano, che aveva assolto gli imputati, perché il fatto non
sussiste, dal reato di cui all’art. 185 D.Lgs. n. 58 del 1998, era stato pronunciato
per vizio di motivazione, consistito – testualmente – “nell’aver indebitamente
omesso di verificare se, pur nella riconosciuta insussistenza del patto parasociale
valorizzato dal giudice di prima istanza, in base alla ricostruzione della complessa
vicenda, così come recepita in sede di appello, fossero enucleabili altri profili di
corresponsabilità di tutti gli imputati per concorso nel delitto di aggiotaggio
informativo e manipolativo descritto nel capo d’imputazione”, demandando di
conseguenza al giudice di rinvio il compito di colmare con la propria disamina la
relativa lacuna “in piena libertà decisionale e col solo obbligo di motivare
adeguatamente il proprio convincimento” (pagina 16 della sentenza).
Alla stregua dei principi consolidati elaborati in materia dalla giurisprudenza di
legittimità, la Corte territoriale, investita del giudizio di rinvio, era dunque
legittimata a compiere, con piena autonomia di giudizio, un nuovo e completo
riesame del materiale probatorio disponibile coi medesimi poteri che aveva il
giudice d’appello la cui sentenza era stata annullata, senza essere vincolata alla
ricostruzione e alla valutazione del fatto operata nei precedenti gradi di merito,
13

sentenza assolutoria d’appello), nel qual caso il proscioglimento nel merito è

potendo formare il proprio libero convincimento anche sulla base di elementi di
valutazione prima trascurati, colmando i vuoti motivazionali e le incongruenze o
incompletezze rilevate nel processo decisionale, col solo limite di non poter
fondare la decisione sugli stessi argomenti censurati o coperti dal giudicato
(parziale) della sentenza di annullamento – tra i quali assume particolare rilievo
l’accertata inesistenza del patto parasociale tra Unipol e gli azionisti BNL riuniti
nel c.cl. “contropatto”, al quale la sentenza di condanna di primo grado aveva
attribuito valenza decisiva ai fini della prova della sussistenza del reato di

decisione sottoposti al suo (rinnovato) esame (ex plurimis, Sez. 2 n. 27116 del
22/05/2014, Rv. 259811; Sez. 5 n. 42814 del 19/06/2014, Rv. 261760).
È stato in particolare affermato da questa Corte che non viola l’obbligo di
uniformarsi al principio di diritto, statuito dalla sentenza di annullamento, il
giudice di rinvio che, dopo l’annullamento per vizio di motivazione, pervenga alla
medesima decisione della sentenza annullata sulla scorta di un percorso
argomentativo in parte diverso e in parte arricchito rispetto a quello censurato in
sede di legittimità (Sez. 4 n. 44644 del 18/10/2011, Rv. 251660: il principio,
affermato con riguardo alla conferma di una sentenza di condanna, è senz’altro
estensibile, negli stessi termini, al caso – qui in esame – della conferma della
sentenza di assoluzione), con la precisazione che eventuali valutazioni di fatto
che fossero contenute nella pronuncia di annullamento non sono vincolanti per il
giudice di rinvio, ma rilevano esclusivamente come punti di riferimento al fine
dell’individuazione del vizio o dei vizi segnalati, e non come dati che si
impongono per la decisione demandata in sede di rinvio (Sez. 4 n. 20044 del
17/03/2015, Rv. 263864).
Di conseguenza, non è censurabile, sotto il profilo della violazione dell’obbligo di
uniformarsi (ex art. 627 comma 3 cod.proc.pen.) alle questioni di diritto decise
dalla sentenza di annullamento, l’importanza decisiva attribuita dal giudice di
rinvio, nella sentenza qui impugnata, alla ritenuta assenza di prova della
sussistenza dell’elemento di natura oggettiva, necessario a integrare il reato di
aggiotaggio, costituito dall’idoneità concreta della condotta ascritta agli imputati
a provocare sul mercato un’alterazione sensibile del prezzo dello strumento
finanziario rappresentato dal titolo BNL, sulla scorta di una valutazione che la
Corte territoriale ha giudicato assorbente rispetto alla disamina di altri elementi
di fatto che la sentenza di annullamento aveva indicato quali dati di riferimento,
non necessariamente vincolanti, nell’ambito della valutazione – demandata al
giudice di rinvio – da compiersi in ordine all’apprezzamento di possibili profili di
responsabilità concorsuale degli imputati nel delitto di aggiotaggio informativo e
manipolativo descritto in rubrica, diversi dalla stipulazione, ormai definitivamente
14

V

aggiotaggio – e di dover fornire un’adeguata motivazione sui punti della

esclusa con statuizione irrevocabile, di un patto parasociale occulto tra Unipol e
gli esponenti del “contropatto” avente per oggetto l’impegno giuridicamente
vincolate assunto dai secondi di non aderire alla OPS del Banco di Bilbao e di
trasferire le proprie azioni BNL alla Unipol secondo tempi e modalità concordate
in guisa da consentire a quest’ultima di eludere l’obbligo di lanciare l’OPA
prevista dalla legge al momento del superamento della partecipazione azionaria
del 30% del capitale sociale della banca.
L’esame, in via prioritaria, del tema decisivo riguardante l’esistenza o meno di un

non era, infatti, in alcun modo precluso – o altrimenti limitato – dal dictum della
sentenza di annullamento, che vincolava, in termini solo negativi (e non anche
positivi), il giudice di rinvio esclusivamente a non ricadere nel medesimo errore
di impostazione giuridica, censurato nella sentenza annullata, nell’interpretazione
dei limiti imposti al giudice d’appello dall’operatività del principio devolutivo
sancito dall’art. 597 del codice di rito, (errore) consistito nel ritenere inibita in
sede di giudizio di impugnazione la possibilità di discostarsi dalla ricostruzione
accusatoria recepita dal giudice di primo grado nella verifica dei profili di
responsabilità penale ascrivibili agli imputati sulla base dei fatti descritti nel capo
d’imputazione relativo al reato di cui all’art. 185 D.Lgs. n. 58 del 1998.
5. La natura di reato di pericolo concreto del delitto di aggiotaggio (previsto dagli
artt. 2637 cod. civ. e 185 D.Lgs. n. 58 del 1998) deve ritenersi acquisita nella
giurisprudenza di questa Corte, che ne ha evidenziato la natura di reato di mera
condotta per la cui integrazione è sufficiente che siano posti in essere i
comportamenti diretti a cagionare una sensibile alterazione del prezzo degli
strumenti finanziari, senza che sia necessario il verificarsi di tale evento (Sez. 5
n. 28932 del 4/05/2011, Rv. 253754; Sez. 5 n. 25450 del 3/04/2014, Rv.
260751): la natura concreta del pericolo esige, perché il reato si perfezioni, la
manifestazione fenomenica dell’idoneità dell’azione a provocare quella sensibile
alterazione del prezzo degli strumenti finanziari che realizza il contenuto
offensivo tipico della fattispecie, consistente nella messa in pericolo dell’interesse
protetto rappresentato dal corretto ed efficiente andamento del mercato degli
strumenti finanziari e delle operazioni che in esso si svolgono, al fine di garantire
che il prezzo del titolo nelle relative transazioni rifletta il suo valore reale ed
effettivo e non venga influenzato da atti o fatti artificiosi e fraudolenti (Sez. 2 n.
12989 del 28/11/2012, in motivazione); così che la condotta dell’agente è in
grado di esplicare concretamente la propria capacità decettiva e manipolativa,
che basta a integrare il reato, e che deve essere accertata secondo il criterio
della prognosi postuma, solo quando si manifesta sul mercato.
La sentenza impugnata ha escluso che sussista la prova della concreta idoneità

15

pericolo concreto di sensibile alterazione del prezzo dell’azione BNL sul mercato

delle condotte ascritte agli imputati (diverse dalla stipulazione del patto
parasociale originariamente ipotizzato tra Unipol e i contropattisti) a ingannare il
mercato sul valore reale del titolo BNL, sulla base di un percorso argomentativo
adeguatamente motivato e immune da vizi logico-giuridici, che rende la
decisione incensurabile dalla Corte di legittimità.
5.1. La sentenza del giudice di rinvio ha esplicitato, in particolare alle pagine da
22 a 25 della motivazione, le ragioni per cui ha ritenuto di dover escludere, sulla
base di un giudizio controfattuale, che una condotta diversa degli imputati –

informativo o a manipolare altrimenti in modo artificioso il mercato – avrebbe
comportato un differente atteggiarsi del prezzo del titolo BNL nelle
contrattazioni, posto che esso era invece rimasto sempre tendenzialmente
stabile, e anzi caratterizzato nell’intero periodo da un andamento rialzista,
mantenendosi costantemente superiore, in modo sensibile, al valore di
concambio implicito nella OPS del Banco di Bilbao (che prevedeva uno scambio di
titoli azionari, e non il loro acquisto per contanti), sia prima che dopo l’inizio delle
condotte informative e acquisitive di Unipol finalizzate alla controscalata (in tesi
occulta) della BNL, riflettendo la percezione diffusa del mercato in ordine alla
probabilità elevata dell’ingresso in campo di un altro soggetto interessato ad
acquisire il controllo della banca italiana, e alla conseguente aspettativa generale
del lancio di un’offerta di acquisto concorrente con quella della banca spagnola.
L’esistenza di un quadro cognitivo in parte falsato dalle informazioni diffuse da
Unipol e dalle condotte poste in essere dai suoi vertici (in particolare Consorte e
Sacchetti), in concorso – secondo la tesi accusatoria – con gli altri imputati, per
occultare le reali dimensioni della partecipazione acquisita (direttamente o
indirettamente) nel capitale azionario della BNL, non si è dunque rivelata,
secondo la sentenza impugnata, in grado di incidere in modo concreto sulla
consapevolezza autonomamente acquisita dal mercato, e dagli investitori in esso
operanti, dell’effettiva discesa in campo della cordata capeggiata da Unipol per
contrastare la OPS del Banco di Bilbao e della (conseguente) sussistenza delle
premesse per il futuro lancio di un’OPA obbligatoria, così da escludere, secondo
un giudizio formulato ex ante sulla base del criterio della prognosi postuma,
l’idoneità di un simile quadro a produrre un effetto distorsivo del mercato e del
valore finanziario del titolo BNL, il cui prezzo si era infatti mantenuto stabilmente
votato al rialzo, seguendo un andamento regolare e costante privo delle
oscillazioni e degli strappi necessari a integrare – per quanto qui rileva – quella
“sensibile alterazione” richiesta per la perfezione dell’elemento costitutivo del
reato di cui all’art. 185 D.Lgs. n. 58 del 1998, tanto che una variazione di tale
trend non si era verificata nemmeno al momento dell’annuncio (il 18.07.2005)
16

P

rispetto a quelle descritte nell’imputazione come dirette a ingannare sul piano

dell’OPA obbligatoria da parte di Unipol, in tal modo confermando che si trattava
di un evento atteso dagli investitori e, in definitiva, noto al mercato.
La sentenza impugnata ha corroborato le proprie conclusioni sul fatto, decisivo al
fine di escludere la sussistenza del reato di aggiotaggio, che il mercato aveva
recepito compiutamente la strategia operativa di Unipol, cogliendone
autonomamente gli aspetti salienti e decisivi, così da essere in grado di
ponderare e orientare le proprie scelte a prescindere dalle condotte manipolative
che fossero state poste in essere dai vertici di Unipol col concorso – ipotizzato –

potesse dipendere o essere condizionato da variabili diverse da quelle
obiettivamente rispondenti al gioco ordinario della domanda e dell’offerta),
operando un richiamo testuale al contenuto della relazione CONSOB del
22.10.2008, secondo cui “il mercato disponeva comunque di un set informativo
sufficiente a percepire correttamente come l’assetto proprietario di BNL si
modificava, e in particolare che gli acquisti effettuati dalle banche paciscenti
rispondevano alle finalità di costituire un fronte opposto all’OPS promossa da
BBVA” (pagina 24 della sentenza), ritenendo perciò che il prezzo del titolo
formatosi nel periodo – marzo-luglio 2015 – interessato dalle condotte degli
imputati già inglobasse l’informazione sull’esistenza di una scalata parallela (da
parte di Unipol) alla BNL, tanto attesa dal mercato da comportare un rialzo del
prezzo dell’azione a livelli superiori rispetto al valore della OPS effettuata dal
Banco di Bilbao.
Sul punto, il giudice di rinvio non si è limitato a recepire acriticamente, come
lamentato nel ricorso del Procuratore generale, i contenuti meramente valutativi
(e come tali opinabili) della relazione CONSOB, ma ha legittimamente utilizzato
nella formazione del suo (libero) convincimento – nella dichiarata consapevolezza
di non essere vincolato dai giudizi espressi in una relazione funzionale a un
diverso e autonomo piano valutativo (pagina 25) – l’elemento storico-fattuale
rappresentato dalle conclusioni formulate in una relazione ufficiale redatta da un
organo tecnico, come la CONSOB, istituzionalmente preposto alla vigilanza sul
corretto funzionamento delle regole del mercato azionario e investito del compito
di individuare e segnalare all’autorità giudiziaria i fatti di rilevanza penale
accertati nello svolgimento della propria attività, (conclusioni) che sono state
tratte sulla scorta di dati oggettivi direttamente rilevati dall’analisi
dell’andamento del prezzo del titolo BNL sul mercato nel periodo considerato, e
da ritenersi perciò muniti di una propria attendibilità intrinseca, che hanno
determinato la CONSOB a non costituirsi parte civile nei confronti degli imputati
per il reato di cui all’art. 185 D.Lgs. n. 58 del 1998 (diversamente da quanto
avvenuto per il reato di ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza, di cui
17

degli altri imputati (e da escludere, di conseguenza, che il prezzo del titolo BNL

all’art. 2638 comma 2 cod. civ., ascritto al Consorte e al Sacchetti al capo B della
rubrica).
La Corte territoriale, a conferma dell’andamento stabile e lineare del titolo BNL
dopo l’annuncio della OPS del Banco di Bilbao, nonché dell’apprezzamento
progressivo del valore dell’azione al di sopra del prezzo di concambio offerto
dalla banca spagnola in stretta correlazione al diffuso interesse per il titolo
manifestato dal libero gioco del mercato, legato all’aspettativa del lancio di una
possibile offerta concorrente ovvero di un possibile rilancio da parte di BBVA, in

finanziarie, ha valorizzato altresì le coerenti risultanze della testimonianza del
funzionario CONSOB (Salini) escusso nel corso dell’istruttoria dibattimentale di
primo grado, così che la relativa valutazione non soffre, anche sotto tale profilo,
delle carenze motivazionali lamentate dal pubblico ministero ricorrente.
5.2. La sentenza impugnata ha poi motivatamente escluso che l’attitudine a
produrre un’alterazione sensibile del prezzo del titolo BNL, idonea a porre in
concreto pericolo l’interesse protetto del corretto ed efficiente andamento del
mercato degli strumenti finanziari, dovesse essere apprezzata, nel caso di
specie, con riguardo non già all’andamento normale del valore del titolo secondo
le regole ordinarie della domanda e dell’offerta, ma con riferimento al diverso
parametro – valorizzato e ritenuto dirimente dalla sentenza di primo grado
(pagine 169 e 170 della motivazione), e in qualche misura richiamato anche dal
Procuratore generale nel secondo motivo del suo ricorso – rappresentato dalla
determinazione legale del prezzo del titolo azionario nella misura stabilita (a
tutela del principio di parità di trattamento degli investitori) dall’art. 106 comma
2 D.Lgs. n. 58 del 1998, in virtù dell’applicazione della normativa sull’OPA
obbligatoria che avrebbe dovuto essere lanciata da Unipol al momento del
superamento della quota del 30% della propria partecipazione sociale in BNL,
con la conseguenza, testualmente affermata dal giudice di primo grado, che
“l’aver agito invece gli imputati liberamente sul mercato, svincolati da limiti di
prezzo, costituisce in sé condotta idonea ad alterarlo, qualsiasi sia il segno,
positivo o negativo, conseguente a tale condotta” (pagina 169 della sentenza del
Tribunale di Milano).
L’affermazione dell’insorgenza in capo a Unipol dell’obbligo di promuovere
tempestivamente l’offerta pubblica di acquisto totalitaria delle azioni BNL
presuppone, infatti, il positivo accertamento che fin dagli acquisti di azioni
effettuati nel maggio 2005 Unipol avesse superato la soglia del 30% della quota
di partecipazione nel capitale sociale della banca, ciò che postulava a sua volta nella prospettiva della sussistenza del reato di aggiotaggio ritenuta dal giudice di
primo grado – l’esistenza di un accordo parasociale occulto stipulato coi
18

fri3

conformità – dunque – alle ordinarie dinamiche del mercato delle contrattazioni

”contropattisti” in grado di consentire a Unipol il raggiungimento della relativa
soglia partecipativa, tanto da indurre il Tribunale a esplicitare il giudizio
controfattuale secondo cui, se Unipol avesse dichiarato tempestivamente di
disporre del 30% delle azioni BNL in virtù del suddetto accordo, “il prezzo delle
azioni BNL sarebbe stato determinato in base alle regole previste dall’art. 106 e
non dalla libera contrattazione sul mercato, come è invece avvenuto” (pagina
170 della sentenza).
L’esistenza dell’accordo occulto con gli esponenti del c.d. “contropatto”,

quota di partecipazione tale da far scattare, fin dal 23.05.2005, l’OPA
obbligatoria e la conseguente determinazione di un prezzo “legale” del titolo BNL
nelle successive contrattazioni coi detentori delle azioni operanti sul mercato, è
stata invece esclusa, come si è visto, dalla (prima) sentenza d’appello con
statuizione coperta da giudicato, che non può più essere rimessa in discussione;
di tal che, anche ritenendo che Unipol disponesse già della titolarità effettiva dei
diritti sulle azioni BNL ancora formalmente intestate alle banche paciscenti
(Banca popolare italiana, Banca popolare di Vicenza, Carige, Banca popolare
dell’Emilia Romagna), la soglia del capitale BNL in tal modo controllata era
comunque ancora inferiore al 30% (24,128% secondo il capo d’imputazione),
essendo stata tale soglia superata solo il 18.07.2005, allorchè i “contropattisti”
formalizzarono la vendita delle loro azioni e Unipol comunicò la sussistenza delle
condizioni per l’offerta pubblica di acquisto che fu allora effettivamente lanciata.
5.3. La sentenza impugnata ha altresì escluso un concorso dei “contropattisti” in
condotte idonee ad alterare il prezzo del titolo BNL sul mercato, sempre sotto il
profilo dell’aggiramento dell’obbligo di una sua determinazione secondo i criteri
legali stabiliti dall’art. 106 D.Lgs. n. 58 del 1998, non solo con riguardo
all’assenza di prova (definitivamente accertata) della stipulazione del patto
parasociale occulto di cui si è detto, ma anche in relazione all’ipotesi residua che la sentenza di annullamento aveva esplicitamente demandato al giudice di
rinvio di esaminare – di un possibile diverso contributo causale da essi
deliberatamente apportato (pur in assenza di un obbligo giuridicamente
vincolante assunto in tal senso), al progetto di controscalata occulta della BNL
perseguito dai vertici di Unipol, mediante condotte che dovrebbero comunque
risultare necessariamente funzionali, agli effetti di integrare l’elemento oggettivo
del reato di aggiotaggio sotto il profilo decisivo della concreta messa in pericolo
del bene protetto, all’elusione della disciplina sull’OPA obbligatoria e, con essa,
dell’obbligo che ne sarebbe conseguentemente insorto di una determinazione in
misura prefissata per legge del prezzo di acquisto dell’azione BNL: solo in caso di
prova positiva di una condotta concertata all’elusione dei relativi obblighi

19

cp3

necessaria per poter affermare che Unipol controllasse, indirettamente, una

potrebbe infatti concretizzarsi la manifestazione di un’effettiva capacità
manipolativa del mercato, necessaria a perfezionare il reato, conseguente alla
fissazione di un prezzo dello strumento finanziario che continuava a essere
rimessa alle libere dinamiche del mercato stesso, anziché essere sostituita
imperativamente da un parametro predeterminato ex lege.
Il giudice di rinvio ha escluso la sussistenza della prova di una condotta
concorsuale (coi soggetti apicali di Unipol) degli esponenti del “contropatto”, da
ritenersi imprescindibile – agli effetti appena indicati – per la realizzazione

sviluppate nella motivazione della sentenza, basate su una lettura delle
risultanze istruttorie, convalidata da considerazioni di natura logica, che si rivela
munita di una propria intrinseca coerenza e non è perciò sindacabile dal giudice
di legittimità.
La Corte territoriale ha anzitutto evidenziato la qualità di interlocutori obbligati,
necessariamente rivestita dagli azionisti riuniti nel c.d. “contropatto” nei
confronti di entrambi i soggetti (Banco di Bilbao e Unipol) che si contendevano il
controllo della BNL, in ragione della quota di partecipazione nel capitale sociale
della banca italiana complessivamente detenuta dai contropattisti in misura pari
al 26,78%, tale da assicurare a quello dei due competitors che avesse raggiunto
un accordo con loro di conseguire, sommandola alla quota già controllata
(28,39% per quanto riguarda la cordata facente capo a BBVA; 24,128% per
quanto concerne quella rappresentata da Unipol e dalle banche con essa
paciscenti), la maggioranza assoluta del capitale BNL: ciò che conferma la natura
dirimente che deve riconoscersi al tema della prova del concorso dei
contropattisti nella scalata con modalità illecite della BNL attribuita ai vertici di
Unipol – rispetto a quello del contributo causale ipotizzato a carico degli altri
soggetti imputati nel presente processo in virtù delle cariche istituzionali o
societarie da essi ricoperte (come Fazio, Leoni e Gnutti) – agli effetti di
concretizzare il pericolo, necessario a integrare il reato di aggiotaggio, di
un’alterazione qualificata del criterio di determinazione del prezzo del titolo BNL
sul mercato, nei termini sopra ampiamente descritti, mediante l’elusione dell’OPA
obbligatoria al superamento della soglia partecipativa prevista dalla legge.
In tale contesto e scenario operativo, la sentenza impugnata ha valorizzato la
logica puramente speculativa e mercantilistica che aveva ispirato l’atteggiamento
e il comportamento complessivo dei contropattisti, interessati in realtà a
mantenere viva la contrapposizione in corso tra Banco di Bilbao e Unipol al fine
di lucrare il maggior profitto economico possibile dalla cessione delle loro azioni
al miglior offerente, secondo una condotta di tipo attendista e ambivalente
connotata da una sostanziale autonomia rispetto alle due proposte in campo, e
20

dell’offesa del bene protetto, sulla scorta di argomentazioni, ampiamente

non già animata – come invece postulato dalla prospettiva accusatoria – da
un’adesione preordinata al progetto di scalata della BNL perseguito da Unipol e
da una consapevole e deliberata azione agevolativa e di sostegno causale
all’operato dei coimputati Consorte e Sacchetti.
Il giudice di rinvio ha, in particolare, escluso la possibilità di attribuire un
significato univoco, in senso accusatorio, al contenuto delle conversazioni
telefoniche intercettate tra i protagonisti della vicenda, anche a quelle – come le
telefonate intercorse il 6 e 9 luglio 2005 tra Consorte e uno dei principali

l’attenzione la sentenza di annullamento, rilevando come l’intenzione manifestata
in tale occasione dal Coppola di non “darla vinta” agli spagnoli (“perché voglio
che la battaglia la vinciamo noi italiani e non loro”: pagina 18 della sentenza
impugnata) non smentisse il più generale atteggiamento di attendismo, talora
rivolto anche a dettare condizioni e frapporre ostacoli anziché a svolgere azione
dì supporto, assunto nel corso della trattativa nei confronti dei vertici di Unipol
da altri azionisti di primo piano del “contropatto”, come Caltagirone e Ricucci
(tanto da indurre lo stesso Consorte a lamentarsi apertamente delle difficoltà
incontrate nel rapporto con interlocutori, interessati unicamente a spuntare il
prezzo migliore, coi quali si augurava in futuro di non avere più nulla a che fare),
così da non rendere né certo né scontato il relativo esito finale, che avrebbe
potuto concludersi anche con la cessione del pacchetto azionario controllato dai
contropattisti al Banco di Bilbao se quest’ultimo nelle more avesse presentato
un’offerta più vantaggiosa; e del resto la prova del concorso dei contropattisti nel
reato esigeva, alla stregua delle indicazioni contenute nella sentenza di
annullamento, la dimostrazione di un contributo efficiente da essi apportato alla
strategia perseguita da Unipol, nella consapevolezza delle sue connotazioni
illecite, non bastando evidentemente allo scopo, secondo la valutazione della
Corte territoriale, una semplice manifestazione di intenti di “patriottismo
finanziario” come quelli allegati da Coppola nella conversazione di cui sopra.
La decisione finale dei contropattisti di accettare le condizioni offerte da Unipol è
dunque dipesa, secondo la sentenza impugnata, esclusivamente dalla maggiore
convenienza economica della relativa proposta contrattuale, che contemplava il
pagamento per contanti delle azioni cedute, rispetto a quella – oggettivamente
meno appetibile e mai migliorata nel tempo – del Banco di Bilbao, che prevedeva
invece uno scambio di titoli azionari, secondo una valutazione ispirata perciò da
mere (e del tutto irrilevanti) considerazioni di tornaconto economico, non
inquinate da sottostanti accordi o finalità illecite; e la relativa conclusione, in
quanto supportata da un adeguato e coerente percorso argomentativo, non è
l

perciò censurabile in sede di legittimità.

21

esponenti del “contropatto” (Coppola Danilo) – sulle quali aveva richiamato

5.4. In presenza di una lettura complessivamente logica e coerente delle
risultanze processuali, è, invero, normativamente precluso alla Corte di
cassazione di procedere a una rinnovata valutazione dei dati probatori e degli
elementi di giudizio che il giudice di merito ha posto a fondamento della sua
decisione, o all’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione
dei fatti e della vicenda processuale, preferiti a quelli adottati dal giudice di rinvio
perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità
esplicativa, che trasformerebbero la Corte di legittimità nell’ennesimo giudice del

6 n. 5907 del 29/11/2011, imputato Borella, in motivazione; Sez. 5 n. 17905 del
23/03/2006, Rv. 234109; Sez. Un. n. 47289 del 24/09/2003, Rv. 226074,
imputato Petrella), in quanto la funzione dell’indagine di legittimità sulla
motivazione della sentenza non è quella di sindacare l’intrinseca attendibilità dei
risultati dell’interpretazione delle prove e di attingere il merito dell’analisi
ricostruttiva dei fatti, ma soltanto quella di verificare che – come avvenuto nel
caso di specie – gli elementi probatori posti a base della decisione siano stati
valutati seguendo le regole della logica e secondo linee argomentative adeguate,
che rendano giustificate, sul piano della consequenzialità, le conclusioni tratte in
ordine alla ritenuta insussistenza della capacità concreta delle condotte ascritte
agli imputati di provocare quella “sensibile” alterazione del prezzo sul mercato
del titolo BNL, necessaria a integrare il reato di aggiotaggio.
Poiché al giudice di rinvio non era certamente inibito di verificare, prima di
esaminare i profili di un’eventuale responsabilità concorsuale degli imputati, la
sussistenza dell’elemento materiale del reato con riguardo all’offesa del bene
protetto (consistente, nella fattispecie, nella sua concreta messa in pericolo), la
sentenza gravata ha correttamente e coerentemente ritenuto assorbita
nell’accertata esclusione di tale elemento, approfonditamente motivata in tutti i
risvolti sopra indicati, ogni altra questione riguardante le condotte dei prevenuti
diversi dai “contropattisti”, e in particolare dei coimputati Fazio, Leoni e Gnutti.
6. Di conseguenza, le argomentazioni sviluppate nel quinto, sesto e settimo
motivo del ricorso del Procuratore generale, rivolte nel loro complesso a
censurare la correttezza del ragionamento logico-giuridico con cui la sentenza
impugnata ha escluso la concreta sussistenza – nei termini fin qui ampiamente
illustrati – dell’elemento oggettivo del reato di cui all’art. 185 D.Lgs. n. 58 del
1998, quando non si risolvono in inammissibili doglianze di merito dirette a
prospettare una diversa ricostruzione in fatto dell’andamento del prezzo del titolo
BNL sul mercato (basata su apprezzamenti di natura essenzialmente valutativa,
e inidonei perciò a supportare una pretesa lettura travisante delle relative
risultanze da parte della Corte di merito), si rivelano infondate, perché si
22

fatto (ex plurimis, Sez. 2 n. 22362 del 19/04/2013, imputato Di Domenica; Sez.

esauriscono nella riproposizione della tesi accusatoria sull’idoneità delle condotte
degli imputati a provocare un’effettiva manipolazione e distorsione del prezzo di
mercato dell’azione BNL (che, alla stregua del chiaro disposto della norma
incriminatrice, deve peraltro essere “sensibile”, e non può spingersi a
comprendere qualsiasi minima variazione del valore dello strumento finanziario),
in rapporto al parametro di riferimento costituito dalla figura del c.d. investitore
ragionevole, che è stata esclusa dal giudice di rinvio con motivazioni logicamente
congrue e immuni da errori di diritto, incensurabili dalla Corte di legittimità.

prospettare una diversa lettura, in punto di fatto, delle risultanze istruttorie con
particolare riguardo al significato probatorio delle telefonate intercettate e delle
condotte attribuite a Leoni Guido e agli esponenti del “contropatto” in funzione
elusiva degli obblighi di Unipol in tema di OPA obbligatoria, di cui il ricorrente
sollecita a questa Corte un’inammissibile valutazione alternativa rispetto a quella
compiuta dal giudice di rinvio – si limitano a insistere in modo inconferente su
doglianze, come quelle concernenti la accertata falsità di una serie di comunicati
Unipol, la natura degli accordi raggiunti da Unipol con le banche paciscenti
funzionali all’acquisizione per via indiretta del controllo di consistenti pacchetti di
azioni BNL, la dedotta esistenza di condotte istigatrici o comunque agevolatrici
della scalata di BNL da parte di Unipol, in contrapposizione al Banco di Bilbao,
ascrivibili agli imputati Fazio, Leoni e Gnutti nelle rispettive vesti istituzionali e
imprenditoriali, riguardanti temi d’indagine che la sentenza impugnata ha
considerato assorbiti, e non necessitanti perciò di specifico esame, in ragione
della ritenuta insussistenza di un’offesa arrecata al bene protetto del delitto di
aggiotaggio, e della conseguente inidoneità delle condotte in oggetto, qualora
positivamente accertate, a concorrere a una sua concreta messa in pericolo; la
evidenziata incensurabilità della conclusione raggiunta – sul punto – dal giudice di
rinvio conduce pertanto al rigetto dei relativi motivi di gravame.
7. Parimenti infondati, per le medesime ragioni, sono i motivi di ricorso della
parte civile Banco di Bilbao, che lamentano l’omesso esame o la mancata
valorizzazione da parte della sentenza impugnata della valenza decettiva delle
false informazioni contenute nei comunicati Unipol sulle ragioni degli acquisti di
azioni BNL, dell’incidenza nella vicenda delle violazioni dei doveri di imparzialità e
di corretta informazione attribuite al governatore della Banca d’Italia Fazio e
all’amministratore delegato della Banca popolare dell’Emilia Romagna Leoni,
nonché delle modalità (in tesi) artificiose degli acquisti indiretti di azioni operati
da Unipol, senza tuttavia confrontarsi in modo puntuale con l’argomento decisivo
dell’assoluzione degli imputati, costituito dalla motivata esclusione – anche in
termini controfattuali – di una concreta messa in pericolo del bene protetto

23

A loro volta, i primi quattro motivi di ricorso del pubblico ministero – oltre a

dall’art. 185 D.Lgs. n. 58 del 1998.
Al rigetto, sotto tale assorbente profilo, del ricorso della parte civile consegue la
condanna della stessa al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna la parte civile ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 6 maggio 2015

Il Consigliere estensore

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