Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4524 del 29/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 4524 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SCARPA MASSIMO N. IL 10/06/1963
avverso l’ordinanza n. 1450/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 07/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 29/10/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza deliberata il 7 dicembre 2012 il Tribunale di Roma ha
rigettato il reclamo proposto da Scarpa Massimo avverso il decreto del
Magistrato di sorveglianza di Viterbo, in data 17 febbraio 2012, col quale,
su richiesta della Direzione del carcere, era stata disposta la censura nei
confronti del condannato dell’inserto di cronaca locale, “Napoli Campania”,

A sostegno della decisione il Tribunale ha osservato che lo Scarpa, già
condannato in via definitiva per armi, associazione per delinquere,
ricettazione, rapina, violazione di domicilio e tentato omicidio, era detenuto
nel regime di cui all’art. 41bis Ord. Pen. per titolo non definitivo, in quanto
ritenuto elemento di spicco dell’organizzazione criminale denominata clan
Omobono-Scarpa, operante sul territorio di Castellammare di Stabia e
comuni limitrofi, la cui attività prevalente consiste nella realizzazione di
estorsioni in danno di esercizi commerciali.
Tale associazione era in guerra di mafia contro altra organizzazione,
denominata clan D’Alessandro, per acquisire il controllo del territorio di
Castellammare.
Conseguentemente doveva ritenersi correttamente applicata, per evitare
che lo Scarpa fosse informato delle vicende criminali nella sua zona di
provenienza, la censura sulle pubblicazioni recanti la cronaca locale del
quotidiano “Il Mattino” di Napoli.

E a tale esito non ostava l’annullamento con rinvio, giusta sentenza di
questa Corte in data 17 dicembre 2011, della condanna dello Scarpa
all’ergastolo per due omicidi, un tentato omicidio e reati connessi in materia
di armi, avvenuti nel 2004 in Castellamare di Stabia.
Al contrario, risultando dalla sentenza di questa Corte il contesto di
guerra tra associazioni camorristiche rivali per assicurarsi il predominio sul
territorio in cui erano stati commessi i predetti delitti, salva la necessità di
accertare con precisione i responsabili dei singoli fatti, ne usciva rafforzata

l’esigenza di evitare che lo Scarpa, già riconosciuto come esponente di
vertice dell’omonimo gruppo criminale, contrapposto al clan D’Alessandro,
non fosse messo nelle condizione di conoscere i fatti che si verificavano nel
territorio di sua influenza e competizione criminale.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso a questa Corte lo
Scarpa personalmente, il quale lamenta l’illegittimità della limitazione
subita e il fatto che il Tribunale di sorveglianza abbia ignorato il recente

del quotidiano “Il Mattino”.

annullamento della sua condanna all’ergastolo, con la conseguente cessata
custodia cautelare, per scadenza dei termini, relativamente ai fatti più gravi
a lui ascritti.

3. Agli atti risulta anche il ricorso per cassazione proposto dal difensore
di fiducia dello Scarpa, avvocato Alberto De Simone, avverso altro
provvedimento del Tribunale di sorveglianza di Roma in data 30 novembre

decreto ministeriale di proroga del regime penitenziario previsto dall’art.
41bis Ord. Pen., cui è sottoposto.
Considerato il palese erroneo inserimento di quest’ultimo ricorso nel
fascicolo pertinente all’impugnazione avverso la diversa ordinanza del
Tribunale di sorveglianza di Roma del 7 dicembre 2012 (depositata il 17
dicembre) in tema di censura di pubblicazione, che qui rileva, si impone la
separazione del ricorso del difensore e la restituzione di esso al predetto
Tribunale per la corretta fascicolazione.

CONSIDERATO in DIRITTO

1. Il ricorso personale dello Scarpa è manifestamente infondatoì poiché,
come si evince dalla narrativa che precede, il Tribunale di sorveglianza,
lungi dall’ignorare la sentenza di annullamento con rinvio per gli omicidi di
cui risponde anche l’attuale ricorrente, ne ha espressamente tenuto conto,
illustrando, con motivazione adeguata e coerente, che dalla stessa sentenza
usciva confermato il contesto di criminalità organizzata in cui era inserito lo
Scarpa sul territorio di Castellammare di Stabia, teatro dei commessi fatti di
sangue, ferma la necessità di accertare in un nuovo giudizio i responsabili
dei singoli delitti; con la logica conseguenza della rispondenza, tuttora
attuale, ad esigenze di sicurezza pubblica della limitazione delle
pubblicazioni fruibili da parte del detenuto, per prevenire il pericolo che lo
stesso, informato tramite la stampa locale delle vicende criminali in corso
sul territorio di suo dominio camorristico, potesse utilizzare tali informazioni
per esercitare il proprio ruolo apicale dall’interno del carcere.

2. Alla dichiarazione di inammissibilità segue, ai sensi dell’art. 616,
comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del
2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle

ci

2012 (depositato il 7 dicembre) di rigetto del reclamo dello Scarpa contro il

ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il
minimo ed il massimo previsti, in euro mille.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa

Dispone la separazione del ricorso proposto per lo Scarpa dall’avvocato
Alberto De Simone di Avellino, erroneamente allegato agli atti, e la sua
trasmissione al Tribunale di sorveglianza di Roma.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 29 ottobre 2013.

delle ammende.

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