Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4520 del 29/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 4520 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PITOCCO DANIELA N. IL 06/09/1956
avverso l’ordinanza n. 88/2010 CORTE APPELLO di ROMA, del
14/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 29/10/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 14 giugno 2012 la Corte di appello di Roma,
giudice dell’esecuzione, ha riconosciuto la continuazione tra i fatti di truffa,
commessi nel 2000, 2002 e 2003, oggetto di quattro sentenze di condanna
emesse nei confronti di Pitocco Daniela, applicando, sulla base dei criteri
indicati nell’art. 133 cod. pen., la pena base di sei mesi di reclusione ed

euro 100,00 per ciascuna delle altre violazioni riconosciute in continuazione,
donde la pena finale unica di un anno di reclusione ed euro 900,00 di multa.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la
Pitocco personalmente, la quale lamenta di aver subito, in sede di
applicazione della continuazione, l’aumento della pena base nella misura
massima di un terzo, nonostante non le fosse stata contestata, in alcuno dei
fatti unificati, la recidiva reiterata di cui all’art. 99, comma quarto, cod. pen.

CONSIDERATO in DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
Legittimamente il giudice dell’esecuzione ha applicato sulla pena base di
sei mesi di reclusione ed euro 600,00 di multa il modesto aumento di due
mesi ed euro 100,00 per ciascuna delle tre violazioni riconosciute in
continuazione, posto che l’art. 81, comma secondo, cod. pen., in tema di
reato continuato, prevede la possibilità di aumentare la pena base fino al
triplo; ed è palese l’errore delkricorrente laddove ha imputato il detto
aumento alla recidiva non qualificata, ritenendolo ingiustificatamente
applicato nella misura massima di un terzo.

2. Alla dichiarazione di inammissibilità segue, ai sensi dell’art. 616,
comma 1, cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del
2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle
ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il
minimo ed il massimo previsti, in euro mille.

euro 600,00 di multa per la violazione più grave, aumentata di due mesi ed

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 29 ottobre 2013.

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