Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 45193 del 27/05/2015
Penale Sent. Sez. 5 Num. 45193 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
PELLICANO’ Nicola Giorgio, nato a Reggio Calabria il 23/04/1975;
avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Reggio Calabria del 21 agosto 2014;
letti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
vista la memoria difensiva depositata dall’avv. Maria Del Grosso, difensore di ufficio
del Pellicanò;
udita la relazione del consigliere dr. Paolo Antonio BRUNO;
lette le conclusioni scritte del P.G in sede, in persona del Sostituto Umberto de
Augustinis, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Reggio Cabaria ha
rigettato l’istanza di restituzione in termini proposta da Nicola Giorgio Pellicanò, al
fine di proporre appello contro la sentenza n. 837/2013 con la quale il Tribunale di
Data Udienza: 27/05/2015
quella stessa città l’aveva condannato alla pena di anni tre e mesi otto di reclusione
in quanto ritenuto responsabile di reato fallimentare. L’istanza era motivata con il
richiamo alla nozione di forza maggiore posto che il difensore del predetto non
aveva potuto comunicare tempestivamente la sentenza per via di grave malattia
che aveva colpito il coniuge.
Secondo la Corte distrettuale, la prevalente giurisprudenza di legittimità
escludeva la possibilità di configurare la causa di forza maggiore nella mancata
comunicazione da parte del difensore, per ragioni di salute e tale principio non
d’informazione da parte del difensore non costituiva ipotesi di forza maggiore,
incombendo all’imputato l’onere di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico
professionale conferito.
Lo stesso giudice rilevava poi che, ad ogni modo, il ricorrente aveva sostenuto
di aver avuto comunicazione della mancata impugnazione da parte del difensore
soltanto in data 11 giugno 2014 e, all’uopo, aveva prodotto dichiarazione scritta
dell’avv. Giovannella, in cui la stessa asseriva di non avere potuto
“tempestivamente comunicare” al Pellicanò la sentenza in questione a causa di
impedimento personale connesso alle gravi condizioni di salute del marito,
sottoposto a complesso intervento chirurgico;
che, tuttavia, la dichiarazione del difensore non conteneva alcuna indicazione
della data in cui avrebbe notiziato il Pellicanò, sicché la mera dichiarazione di non
avere potuto “tempestivamente” comunicare significava, chiaramente, che tale
comunicazione, o comunque la presa di conoscenza
aliunde,
era con ogni
probabilità avvenuta prima dell’Il giugno 2014, il che renderebbe intempestiva
l’istanza di restituzione in termini, in quanto proposta oltre il termine di legge.
Avverso la detta sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione,
deducendo violazione dell’art. 606 lett.
d) per mancata assunzione di prova
decisiva, considerato che, in contrasto con quanto sostenuto dalla Corte
distrettuale, nulla escludeva che il difensore avesse potuto effettivamente
comunicare la mancata impugnazione della sentenza alla data dell’Il giugno 2014
e, all’uopo, sarebbe stato necessario che lo stesso difensore, così come richiesto
nella stessa richiesta di restituzione in termini, fosse direttamente escusso al
riguardo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso si colloca ai limiti dell’ammissibilità e, comunque, è destituito di
fondamento.
Ed invero, la
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impugnata ha fatto corretta applicazione
dell’insegnamento giurisprudenziale di questa Corte di legittimità, secondo cui “il
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poteva che valere, a fortiori, anche nel caso di specie, sicché l’omissione del dovere
mancato od inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico di
proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, non è idoneo a realizzare le
ipotesi di caso fortuito o forza maggiore, che si concretano in forze impeditive non
altrimenti vincibili..„.” (Sez. 2, n. 16066 del 02/04/2015, Rv. 263761). Tanto si
spiega anche in ragione dell’onere di vigilanza in capo all’imputato sul corretto
svolgimento dell’incarico conferito al professionista (Sez. 4,
n.
11173 del
27/02/2014,Rv. 262087).
Il rilievo ha carattere pregiudiziale ed assorbente di ogni altra censura, a
prova decisiva, posto che l’adempimento richiesto (escussione del difensore) era
ovviamente incompatibile con le forme procedurali di trattazione dell’istanza di
restituzione in termini.
2. Il ricorso va, dunque, rigettato con le statuizioni dettate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 27 maggio 2015.
parte la manifesta infondatezza della doglianza relativa alla mancata assunzione di