Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 45191 del 22/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 45191 Anno 2015
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ABBRUZZESE GIOVANNI N. IL 23/07/1959
CICERO DOMENICO N. IL 28/07/1957
PRANNO PASQUALE N. IL 27/05/1952
CALVANO ROMEO N. IL 12/01/1956
RUA’ GIANFRANCO N. IL 04/02/1960
RUFFOLO GIUSEPPE N. IL 19/03/1954
avverso la sentenza n. 31961/2013 CORTE DI CASSAZIONE di
ROMA, del 21/03/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 22/05/2015

udito il Procuratore Generale, in persona del Sostituto Procuratore
Generale, dott. Paola Filippi, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
uditi i difensori degli imputati, e segnatamente l’avv.to Petrone Massimo
per Ruà Gianfranco, l’avv.to Bruno Giuseppe per Calvano Romeo, l’avv.to
Chiaia Francesco per acero Domenico, l’ avv.to Maletta Rosario per Pranno
Pasquale, nonché l’avv.to Manna Marcello per Pranno Pasquale, Calvano
Romeo, Ruà Gianfranco e Ruffolo Giuseppe e gli avv.ti Greco Giorgia e
Quintieri Antonio per Abbruzzese Giovanni

1. Con sentenza del 24.3.2014 la Prima Sezione Penale di questa Corte,
per quello che rileva in questa sede,

rigettava il ricorso proposto di,

Abbruzzese Giovanni, Calvano Romeo, Cicero Domenico, Pranno Pasquale,
Ruffolo Giuseppe- tutti condannati con l’ergastolo per episodi omicidiari,
escluse le attenuanti su appello del P.M.- laddove annullava senza rinvio la
sentenza impugnata nei confronti dì Ruà Gianfranco in ordine al reato di cui al
capo Q), per non avere commesso il fatto, eliminando la relativa pena di mesi
due di isolamento diurno e rigettando nel resto il ricorso, così residuando, per
gli altri reati, la pena dell’ergastolo, con isolamento diurno per mesi quattro.
2. Avverso tale sentenza hanno proposto distinti ricorsi straordinari, ex
art. 625 bis c.p.p., Abbruzzese Giovanni, Calvano Romeo, Cicero Domenico,
Pranno Pasquale, Ruffolo Giuseppe e Ruà Gianfranco, lamentando tutti
l’errore percettivo in cui sarebbe incorsa la Corte di legittimità nella mancata
declaratoria della prescrizione dei reati loro rispettivamente ascritti e
specificamente deducendo:
– Abruzzese Giovanni, la violazione di legge, nonché l’inosservanza, o
erronea applicazione di norma penale ex art. 606, primo comma, lett. b)
c.p.p., in combinato disposto agli artt. 129 c.p.p. e 157 c.p. vecchia
formulazione, atteso che il fatto omicidiario a lui attribuito è stato commesso
in data 27 agosto 1980 (omicidio Mazzei -capo di imputazione AL), in ordine
al quale la prima contestazione è avvenuta con l’ordinanza custodiale del
2006; la sentenza di prime cure riconosceva le attenuanti generiche in
regime di equivalenza rispetto alle aggravanti contestate, rendendo, quindi,
prescrittibile il reato, secondo i termini di cui all’art. 157 c.p. vecchia
formulazione, sicchè la prescrizione doveva essere dichiarata già alla lettura
del dispositivo della sentenza di primo grado, essendo intervenuta l’ordinanza
custodiale dopo 26 anni dai fatti;
-Pranno Pasquale, la violazione di legge ex art. 606, primo comma, lett. b)
c.p.p., in relazione agli artt. 129 e 157 c.p., nuova e vecchia formulazione,
nonchè artt. 6 e 7 della CEDU, atteso che il ricorrente è stato condannato alla
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RITENUTO IN FATTO

pena dell’ergastolo in relazione ai capi D), H), AA), AD) e AF), reati tutti
antecedenti alla L. 251/2005, che ha introdotto l’imprescrittibilità
dell’omicidio; prima della riforma dell’art. 157 c.p. l’imprescrittibilità era
prevista per i soli reati puniti con la pena dell’ergastolo, mentre il giudizio di
comparazione con eventuali circostanze attenuanti, irrilevante ai fini della
nuova disciplina, comportava che in caso di equivalenza o prevalenza delle
attenuanti, il reato diventava prescrittibile; nel caso di specie, andava
applicato l’orientamento secondo cui si configura la prescrizione per i reati che

delle circostanze, qualora le attenuanti risultino prevalere sulle circostanze
aggravanti od equivalere ad esse; così non è accaduto, determinandosi un
errore dì fatto nella sentenza di primo grado, poi reiterato nelle sentenze
successive, compresa quella impugnata; tale errore rileva altresì sotto un
ulteriore profilo, relativo alla violazione dell’art. 7 della Convenzione Europea
dei Diritti dell’Uomo, che non garantisce soltanto il principio di non
retroattività delle leggi penali più severe, ma impone anche che, nel caso in
cui la legge penale in vigore al momento della commissione del reato e
quelle successive approvate prima della condanna definitiva siano differenti, il
giudice debba applicare quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo,
con l’effetto che, nelle ipotesi di successione di leggi penali nel tempo,
costituisce violazione dell’art. 7, paragrafo 1 della CEDU, l’applicazione della
pena più sfavorevole al reo, come affermato anche dalla Corte Costituzionale
con sentenza n. 210 del 2013;
-Cicero Domenico, la violazione di legge ex art. 606, primo comma, lett. b)
c.p.p., in relazione agli artt. 61, 133, 157 c.p. e 129, 192, 620 c.p.p., atteso
che alla data del 17 maggio 2010, il reato a lui ascritto (omicidio di
Coscarella Mario, per il quale in primo grado, riconosciute le generiche
equivalenti veniva condannato alla pena di anni 23, mentre, in secondo grado,
escluse le concesse generiche, condannato all’ergastolo) doveva essere
dichiarato estinto per intervenuta prescrizione, essendo stato condannato alla
pena temporale, in concreto irrogata, di 23 anni di reclusione, all’esito del
giudizio di bilanciamento; la Corte di legittimità è, dunque, incorsa in errore di
fatto per non aver ictu oculi, in pendenza del processo di merito, riconosciuto
la causa di estinzione del reato, non rilevata da parte del Giudice di primo e di
secondo grado;
-Calvano Romeo, la violazione di legge ex art. 606, comma primo, lett. b)
c.p.p., in relazione agli artt. 129 e 157 c.p., nuova e vecchia formulazione,
nonchè artt. 6 e 7 della CEDU; in particolare, in primo grado il ricorrente era
stato dichiarato colpevole di concorso nell’omicidio di Basile Nelson, in San

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prevedono astrattamente l’ergastolo a seguito di un giudizio di bilanciamento

Lucido il 22.02.1983 (capo O) e condannato all’ergastolo ed in appello,
esclusa ratione temporis l’aggravante di cui all’art. 7 L. n. 203 del 1991, era
stata confermata la pena irrogata in prime cure; il delitto in questione è stato
commesso nel 1983 ed in un primo momento archiviato, sicchè all’atto della
riapertura delle indagini, avvenuta nel febbraio 2006, la contestazione relativa
a tale fatto era di omicidio semplice con prescrizione, in mancanza di atti
interruttivi, già avvenuta; inoltre, tale errore rileva sotto il profilo, relativo alla
violazione dell’art. 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo che non

ma impone anche che, nel caso in cui la legge penale in vigore al momento
della commissione del reato e quelle successive approvate prima della
condanna definitiva siano differenti, che il giudice debba applicare quella le cui
disposizioni sono più favorevoli al reo;
-Ruà Gianfranco, la violazione di legge ex art. 606, comma primo, lett. b)
c.p.p., in relazione agli artt. 129 e 157 c.p., nuova e vecchia formulazione,
nonchè artt. 6 e 7 della CEDU, essendo stato ritenuto colpevole di plurimi
omicidi, per i quali era stato condannato già in primo grado all’ergastolo, ma
a tali fatti risalgono all’81, ’83; orbene, il primo fatto interruttivo risalente al
2006, è intervenuto quando già era maturato il termine di 20 anni; inoltre,
vanno applicati nella fattispecie i principi di cui all’art. 7 della CEDU ;
-Ruffolo Giuseppe, la violazione di legge ex art. 606 comma primo lett. b)
c.p.p., in relazione agli artt. 129 e 157 c.p., nuova e vecchia formulazione,
nonchè artt. 6 e 7 della CEDU; in particolare, l’imputato in primo grado veniva
dichiarato colpevole di concorso negli omicidi di cui ai capi H), AA), AD) e AG),
commessi antecedentemente alla L. 251/2005 e condannato, in concorso di
attenuanti generiche equivalenti, ritenuto il vincolo di continuazione, alla pena
di anni 29 di reclusione, laddove in secondo grado, confermato il giudizio di
colpevolezza su tutti tali fatti, escluse, su appello del P.M., le attenuanti
generiche, veniva condannato alla pena dell’ergastolo, con isolamento diurno
per anni uno; prima della riforma dell’art. 157 c.p. l’imprescrittibilità era
prevista per i soli reati puniti con la pena dell’ergastolo, mentre il giudizio di
comparazione, con eventuali circostanze attenuanti, irrilevante ai fini della
nuova disciplina, comportava che in caso di equivalenza o prevalenza delle
attenuanti, il reato diventava prescrittibile; nel caso di specie, il giudice di
primo grado avrebbe dovuto dichiarare l’intervenuta prescrizione per i reati di
omicidio contestati, per avere riconosciuto le circostanze attenuanti generiche
con giudizio di equivalenza sulle contestate aggravanti e risalendo il primo
fatto interruttivo all’ordinanza cautelare del 2006 a fronte del termine ex art.
157 c.p., nella vecchia formulazione, di venti anni; così non è accaduto,

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garantisce soltanto il principio di non retroattività delle leggi penali più severe,

determinando un errore di fatto nella sentenza di primo grado, poi reiterato
nelle sentenze successive, compresa quella impugnata; tale errore rileva
altresì sotto l’ulteriore profilo, relativo alla violazione dell’art. 7 della
Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che non garantisce soltanto il
principio di non retroattività delle leggi penali più severe, ma impone anche
che, nel caso in cui la legge penale in vigore al momento della
commissione del reato e quelle successive approvate prima della condanna
definitiva siano differenti, il giudice debba applicare quella le cui disposizioni

CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili, siccome manifestamente infondati.
1.Giova premettere che questa Corte ha costantemente evidenziato -con
riferimento ai presupposti che legittimano il rimedio straordinario di cui
all’art. 625 bis c.p.p.- che l’errore di fatto suscettibile di essere emendato
con il ricorso in questione, stante la fisionomia dell’istituto, che non ha inteso
introdurre un ulteriore grado di giudizio, consiste in un errore percettivo,
causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia
incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso, connotato
dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato
dall’inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una
decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso.
1.1.In particolare, è stato precisato che: 1) qualora la causa dell’errore non
sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva
e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un
errore di fatto, bensì di giudizio; 2) sono estranei all’ambito di applicazione
dell’istituto gli errori di interpretazione di norme giuridiche, sostanziali o
processuali, ovvero la supposta esistenza delle norme stesse o l’attribuzione
ad esse di una inesatta portata, anche se dovuti ad ignoranza di indirizzi
giurisprudenziali consolidati, nonché gli errori percettivi in cui sia incorso il
giudice di merito, dovendosi questi ultimi far valere – anche se risoltisi in
travisamento del fatto – soltanto nelle forme e nei limiti delle impugnazioni
ordinarie; 3) l’operatività del ricorso straordinario non può essere limitata alle
decisioni relative all’accertamento dei fatti processuali, non risultando
giustificata una simile restrizione dall’effettiva portata della norma in quanto
l’errore percettivo può cadere su qualsiasi dato fattuale (Sez. U, n. 18651 del
26/03/2015; Sez.U, sentenza n. 37505 del 14/07/2011, Corsini, Rv. 250527;
in senso analogo, Sez. 5, sentenza n. 7469 del 28/11/2013, dep. 2014,
Misuraca, Rv. 259531).

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sono più favorevoli al reo.

2.Tanto precisato, si osserva che la questione sollevata da tutti i ricorrenti
circa la mancata declaratoria di prescrizione di reati di omicidio loro
rispettivamente ascritti, senz’altro non integra un errore percettivo
riconducibile all’ipotesi contemplata dall’art. 625 bis c.p.p., avendo la
decisione assunta dalla Corte di legittimità, all’evidenza, contenuto valutativo,
o, comunque, principalmente contenuto valutativo. In particolare, la
tematica affrontata riguarda una questione squisitamente di diritto, in merito
alla quale la Corte di legittimità ha provveduto ad illustrare compiutamente le

previgente art. 157 c.p., sicchè non è ravvisabile alcun errore “di fatto”.
2.1.Tale constatazione è in sé sufficiente alla declaratoria di inammissibilità
dei ricorsi, ma, in ogni caso, va osservato che nella sentenza impugnata è
stato correttamente evidenziato -in linea generale, per tutti gli imputati
condannati all’ergastolo, alcuni di essi già in primo grado, altri in appello, per
i vari episodi omicidiari loro ascritti- che la disciplina da applicare, per reati
commessi dal 1978 al 1994, è quella pregressa, più favorevole in tema di
ergastolo, ma anche nella disciplina codicistìca pregressa, come in quella
attualmente vigente, l’ergastolo non era soggetto alla prescrizione, questa
essendo prevista solo per le pene detentive temporanee; in particolare,
nell’ambito delle disciplina pregressa, in tema di prescrizione non si faceva
riferimento alla pena edittale (così che fossero imprescrittibili tutti i reati
puniti ex lege con l’ergastolo), ma alla pena concreta, posto che la normativa
imponeva di tener conto, agli effetti in parola, di attenuanti ed aggravanti e,
se del caso, del giudizio di bilanciamento ex art. 69 c.p. (Sez. 1^, n. 9391 del
17/01/2013, P.G. in proc. O., Rv. 254407, cui ci si riporta) e se in concreto la
pena, per effetto di applicate circostanze attenuanti, non sia stata quella
perpetua, il reato è soggetto a prescrizione, secondo í limiti temporali previsti
dall’art. 157 c.p., vecchio testo.
In base a tali principi la sentenza impugnata con ricorso straordinario ha
concluso nel senso che, nei casi in cui vi è stata condanna per reato che
prevedeva la pena dell’ergastolo e questa sia stata in concreto irrogata, tale
reato non è soggetto ad estinzione per prescrizione, mentre ove, pur in
presenza di reato punito edittalmente con l’ergastolo, sia stata inflitta, per
l’applicazione di qualche attenuante almeno equivalente, pena detentiva
temporanea, il reato sarà estinguibile per prescrizione al decorrere dei termini
di legge, quali previsti nella pregressa disciplina.
2.2. Tale valutazione non merita alcuna censura, non incorrendo nel
denunciato vizio di violazione di legge, atteso che la -giurisprudenza sia di
legittimità che di merito, in base alla formulazione letterale dell’art. 157 cod.

5

ragioni dell’imprescrittibilità del reato di omicidio, pur in applicazione del

pen. nel testo previgente – che prevedeva l’applicabilità della prescrizione ai
soli reati puniti con le pene della reclusione, dell’arresto, della multa e
dell’ammenda- ha ritenuto univocamente (Sez 1, n. 11047 del 07/02/2013,
Stasi, Rv. 254408; ín epoca più remota, Sez. 3, n. 2856, del 16 dicembre
1966 – dep. 4 marzo 1967, Sciolpi, Rv. 103617 e Sez. IV, n. 341, del 7
febbraio 1969„ Cerrato, Rv. 113403), con argomentazione a contrario, che
solo i reati per i quali la legge stabiliva la pena dell’ergastolo, dovevano
ritenersi imprescrittibili. Inoltre, la nuova formulazione dell’art. 157 cod. pen.,

giurisprudenziale, non ha fatto altro che recepire l’indicato principio di diritto
nell’ordinamento positivo, in occasione di una generale ridefinizione
dell’istituto della prescrizione, anche allo scopo di dirimere ogni possibile
controversia connessa alla problematica se, per l’affermazione
dell’imprescrittibilità del reato, fosse sufficiente l’astratta punibilità dello
stesso con la pena dell’ergastolo (Sez. 1, n. 41964 del 22/10/2009 – dep.
30/10/2009, Pariante, Rv. 245080) ovvero l’applicazione effettiva delle
circostanze aggravanti tale da comportare una condanna alla pena
dell’ergastolo (come ritenuto da Sez. I, n. 9391, del 17 gennaio 2013, dep. 27
febbraio 2013, 0., Rv. 254407 e da Sez. VI, n. 25680 del 9 gennaio 2003,
dep. 12 giugno 2003, Piscicelli, Rv. 226420).
3. Tenuto conto di siffatti principi, in linea generale, si osserva con
riguardo specifico alle singole posizioni dei singoli ricorrenti che:
3.1. per Abruzzese Giovanni, non può farsi questione di prescrizioneaddirittura maturata prima della sentenza di primo grado risalendo il primo
atto interruttivo al 2006- dovendo guardarsi al delitto di omicidio aggravato
(capo AL), oggetto di contestazione, per il quale è prevista la pena
dell’ergastolo, con conseguente imprescrittibilità del reato, anche in base alla
precedente formulazione dell’art. 157 c.p., per quanto detto; la circostanza
che in primo grado, poi, all’esito del bilanciamento, siano state concesse le
attenuanti equivalenti alle aggravanti, non incide sui termini di prescrizione,
non trattandosi quella di pronuncia definitiva e dovendo tenersi conto dell’iter
complessivo della vicenda, che ha portato appunto i giudici d’appello ad
escludere le attenuanti concesse in primo grado e, quindi, ad irrogare
all’imputato la pena dell’ergastolo;
3.2. per Pranno Pasquale, già condannato in primo grado all’ergastolo per
plurimi fatti omicidiari, valgono le considerazioni sopra svolte in linea generale
circa l’imprescrittibilità del reato di omicidio aggravato, anche sotto la
previgente disciplina dell’art. 157 c.p.; in proposito, inconferente si presenta
il richiamo all’art. 7 CEDU, avendo la Corte di legittimità fatto riferirne « alla
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ponendosi in un rapporto di assoluta continuità con l’indicato orientamento

legge più favorevole, che, ciononostante, nel caso di specie, non comporta gli
effetti invocati dal ricorrente;
3.3. per Cicero Domenico, condannato all’ergastolo in appello, stante
l’esclusione delle attenuanti, per l’omicidio di Coscarella Mario, occorre anche
qui guardare al delitto di omicidio aggravato a lui ascritto, per il quale è
prevista la pena dell’ergastolo, con conseguente imprescrittibilità del reato,
pure in base alla precedente formulazione dell’art. 157 c.p., per quanto detto;
la circostanza che in primo grado, poi, all’esito del bilanciamento, siano state

prescrizione, non essendo quella una pronuncia definitiva e dovendo tenersi
conto dell’iter complessivo della vicenda, che ha portato appunto i giudici
d’appello ad escludere le attenuanti concesse in primo grado e, quindi, ad
irrogare all’imputato la pena dell’ergastolo;
3.4. per Calvano Romeo, già condannato in primo grado all’ergastolo per
l’omicidio di cui al capo O), valgono le considerazioni sopra svolte in linea
generale circa l’imprescrittibilità del reato di omicidio aggravato, anche sotto
la previgente disciplina dell’art. 157 c.p.; la circostanza, poi, che il delitto in
questione fosse stato in un primo momento archiviato ed all’atto della
riapertura delle indagini avvenuta nel febbraio 2006, la contestazione relativa
fosse di omicidio semplice, non appare rilevante in dipendenza della effettiva
contestazione all’imputato dell’ipotesi di omicidio aggravato; in ogni caso del
tutto fuorviante è la implicita considerazione, secondo la quale le aggravanti
non producono effetti sul termine di prescrizione, se non contestate prima del
maturare del termine di prescrizione del reato non aggravato, perché le
aggravanti comuni operano sul terreno del diritto sostanziale ed appartengono
al fatto, che va, dunque, valutato, comprensivo delle aggravanti, quando
contestate, di conseguenza solo l’esclusione in punto di fatto dell’aggravante
consente di calcolare il termine di prescrizione per il reato non aggravato;
3.5. per Ruà Gianfranco, già condannato in primo grado all’ergastolo per
plurimi fatti omicidiari, valgono le considerazioni sopra svolte in linea generale
circa l’imprescrittibilità del reato di omicidio aggravato, anche sotto la
previgente disciplina dell’art. 157 c.p.; in proposito, ínconferente si presenta
il richiamo all’art. 7 CEDU, avendo la Corte di legittimità fatto riferimento alla
legge più favorevole, che, ciononostante, nel caso di specie, non comporta gli
effetti invocati dal ricorrente;
3.6. per Ruffolo Giuseppe, condannato all’ergastolo in appello, stante
l’esclusione delle attenuanti generiche per plurimi fatti omicidiari, occorre
guardare ai delittd:di omicidio aggravato a lui ascrittì, per i quali è prevista la
pena dell’ergastolo, con conseguente imprescrittibilità dei reati, pure,n base
7

concesse le attenuanti equivalenti alle aggravanti, non incide sui termini di

alla precedente formulazione dell’art. 157 c.p., per quanto già detto; la
circostanza che in primo grado, poi, all’esito del bilanciamento, siano state
concesse le attenuanti equivalenti alle aggravanti, non incide sui termini di
prescrizione, non trattandosi di pronuncia definitiva, e dovendo tenersi conto
dell’iter complessivo della vicenda, che ha portato appunto i giudici d’appello
ad escludere le attenuanti concesse in primo grado e, quindi, ad irrogare
all’imputato la pena dell’ergastolo.
4. Segue alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi proposti dagli

e al versamento della somma – ritenuta congrua – di Euro 1.000,00 in favore
della Cassa delle Ammende, trovandosi

i

ricorrenti in colpa nella

determinazione della causa di inammissibilità.
p.q.m.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di € 1000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 22.5.2015

imputati la condanna di ciascuno di essi al pagamento delle spese processuali

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