Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4516 del 12/06/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4516 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: TARDIO ANGELA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
ZERHIMA RKIA N. IL 27/06/193
GHADFI ABDESSAMAD N. IL 10/05/1973
avverso la sentenza n. 1490/2012 GIP TRIBUNALE di MANTOVA,
del 07/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;
Data Udienza: 12/06/2013
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 7 novembre 2012, il G.i.p. del Tribunale di Mantova,
provvedendo, tra gi altri, nei confronti di Zerhima Rkia e di Ghadfi Abdessamad,
imputati del delitto di cui agli artt. 110 cod. pen. e 12, commi 3, lett. a) e d), e
3-bis, d.lgs. n. 286 del 1998, ha applicato, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.,
la pena concordata fra le parti, pari per la prima – concesse le attenuanti
secondo – riconosciuta l’attenuante di cui all’art. 12, comma 3-quinquies, d.lgs.
n. 286 del 1998 e concesse le attenuanti generiche equivalenti alla contestata
recidiva – ad anni due di reclusione ed euro quattrocentomila di multa, ritenuta
corretta la qualificazione giuridica del fatto contestato e considerata legittima e
congrua l’entità delle rispettive pene e ha dichiarato l’imputata Zerhima Rkia
interdetta dai pubblici uffici per la durata di anni cinque.
2. Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione entrambi
gli imputati.
Zerhima Rkia ha chiesto la nullità della sentenza, deducendo la violazione
degli artt. 28 e 37 cod. proc. pen. e la mancanza o la manifesta illogicità della
motivazione nella parte in cui è stata disposta la sua interdizione dai pubblici
uffici per la durata di anni cinque, invece che in misura uguale alla pena
principale inflitta.
Ghadfi Abdessamad ha eccepito l’erronea applicazione della legge penale e
la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in
relazione alla illegittimità della pena pecuniaria nella misura inflittagli, perché
determinata in relazione a un numero di persone (cinquantaquattro) con
riguardo alle quali non è stata descritta nel capo di imputazione una sua
responsabilità.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, i ricorsi sono stati rimessi a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono manifestamente infondati.
2.
Il Giudice, nell’applicare le pene concordate, si è conformato al
trattamento sanzionatorio condiviso dalle parti, del quale ha espressamente
riconosciuto la congruità, avuto riguardo alla personalità degli imputati e valutati
per ciascuno i criteri indicati dall’art. 133 cod. pen.
2
generiche – ad anni tre di reclusione ed euro quattrocentomila di multa, e per il
Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura della sentenza di
applicazione della pena su richiesta delle parti, appare pienamente adeguata ai
parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante
giurisprudenza di questa Corte, che riconosce che la valutazione di congruità può
essere meramente enunciativa dell’effettuata ricognizione della conformità della
pena ai criteri normativi.
3. Né l’imputato Ghadfi, che ha chiesto l’applicazione di una determinata
pena, può dolersi della entità della stessa, da esso stesso sollecitata, né della
calcolo e una del pari generica omessa disamina degli atti, già considerati e
valutati nella concreta formulazione della richiesta.
Neppure sussiste la dedotta violazione dell’art. 28 cod. pen., erroneamente
richiamato dalla ricorrente Zerhima, avendo la sentenza fatto corretta
applicazione dell’art. 29 cod. pen., alla cui stregua “la condanna alla reclusione
per un tempo non inferiore a tre anni importa l’interdizione dai pubblici uffici per
la durata di anni cinque”.
3. Consegue la declaratoria dell’inammissibilità dei ricorsi e la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali, e di ciascuno – valutato il
contenuto dei ricorsi e in difetto dell’ipotesi di esclusione di colpa nella
proposizione dell’impugnazione – al versamento, in favore della Cassa delle
ammende, della somma che si determina nella misura, ritenuta congrua, di euro
1.500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno al versamento della somma di euro 1.500,00 in
favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12 giugno 2013
Il Consigliere estensore
Il Presidente
complessiva adeguatezza del trattamento concordato, evocando generici errori di