Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 45127 del 28/05/2013

Penale Sent. Sez. 5 Num. 45127 Anno 2013
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DE VECCHI MASSIMILIANO GABRIELE MARCO ALESSANDRO
N. IL 03/12/1958
avverso la sentenza n. 1694/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
20/02/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/05/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 28/05/2013

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Pietro Gaeta, ha concluso
chiedendo il rigetto del ricorso;
per il ricorrente è presente l’avv.

Manfredini, del foro di Milano, che chiede

l’accoglimento del ricorso.

1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Milano confermava la sentenza
del Tribunale di Milano del 24 novembre 2010, nei confronti di De Vecchi Massimo
Gabriele, con condanna alla pena di giustizia per i delitti di bancarotta patrimoniale
preferenziale, bancarotta documentale e bancarotta semplice, quale amministratore
delegato della “Arpa e Cards” s.r.I., società specializzata nella produzione e
commercializzazione delle schede magnetiche finalizzate alla telefonia, dichiarata
fallita dal Tribunale di Milano con sentenza dell’8 aprile 2004, in concorso con altri
soggetti giudicati separatamente.
Il De Vecchi è stato ritenuto responsabile di bancarotta preferenziale (capo A) per
aver conferito in restituzione ai soci C 200.000; di bancarotta semplice (capo B) per
non aver richiesto il fallimento in proprio; di bancarotta fraudolenta documentale
(capo C) per aver tenuto i libri e le scritture contabili in maniera da non rendere
possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, in particolare
registrando conferimenti non riscontrati contabilmente.
2. Contro la sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato, con atto dei propri
difensori, avvocati Elena Manfredini e Andrea Soliani, affidandolo a quattro motivi.
2.1 Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’articolo 606 lettera B e
C cod. proc. pen., per violazione delle norme previste a pena di nullità sulla
celebrazione della fase dell’udienza preliminare, e conseguente nullità di tutti gli atti
successivi.
A giudizio del ricorrente c’è stata erronea applicazione delle norme in tema di
irreperibilità dell’imputato e, conseguentemente, erronea notifica dell’avviso di
fissazione dell’udienza preliminare presso lo studio del difensore d’ufficio, nonché
omessa declaratoria della contumacia alla prima udienza preliminare.
2.2 Con riferimento alla dichiarazione di irreperibilità, la difesa ha prodotto già in
appello un certificato di residenza dell’imputato, anteriore alla data dell’udienza
preliminare, dal quale risulta il completo indirizzo dello stesso in Germania; deduce
pertanto che il G.U.P avrebbe dovuto disporre ricerche al’estero e lamenta
mancanza di motivazione sul relativo motivo di appello.

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RITENUTO IN FATTO

2.3 Con riferimento all’omissione dell’ordinanza dichiarativa della contumacia, il
ricorrente indica recenti decisioni di questa Corte (Sez. 1, n. 15814 del 19/03/2009,
Calandi, Rv. 243733; Sez. 6, n. 14376 del 26/02/2009, Amendola, Rv. 243260) che
secondo la sua tesi hanno superato quella concezione della dichiarazione di
contumacia “ora per allora”, in forza della quale sarebbe legittimo dichiarare oggi
ciò che era già agli atti ieri, senza che si crei una nullità nel periodo intermedio.
3. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’articolo 606 lettera B
e C cod. proc. pen., per violazione delle norme in tema di reati fallimentari e

Secondo il ricorrente le decisioni di merito sono fondate su parziali ed errate
affermazioni di fatto. Infatti l’imputato, quale legale rappresentante della Mar s.r.I.,
sottoscrisse un contratto di locazione di ramo d’azienda con la società Logika Comp.
s.p.a., di cui la prima società era pesantemente creditrice, quale fornitrice, ma
l’operazione si rivelò disastrosa, tanto da condurre la Mar s.r.l. al fallimento e
l’imputato a perdere tutto il suo patrimonio. La Mar s.r.l. andò a costituire la società
“Arpa e Cards” s.r.l. insieme alla Logika Comp. s.p.a. ed alla 7 group PLC., facenti
capo a W.Z. e X.Y.  ed a seguito del sequestro delle quote
degli altri soci, per i reati di truffa e falso a loro contestati, la società non ha più
potuto operare; di conseguenza doveva escludersi che le condotte di restituzione
dei finanziamenti erogati dai soci potessero essere consapevolmente lesivi della par
condicio creditorum.
3.1 Quanto poi alla bancarotta semplice (capo B), a giudizio del ricorrente vi è stata
violazione dell’art. 522 cod. proc. pen., per la diversità del fatto ritenuto in
sentenza rispetto a quello contestato.
3.2 Quanto infine alla bancarotta documentale, dall’istruttoria dibattimentale è
emersa la infondatezza dell’accusa, sia con riferimento alla contabilizzazione del
pagamento di due professionisti, contestato anche come ipotesi di bancarotta
preferenziale (ritenuto insussistente), sia con riferimento al pagamento in favore
del dipendente Galli di 6560,00 euro, registrato per cassa e realmente avvenuto.
4. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’articolo 606 lettera B e C
cod. proc. pen., per violazione delle norme in tema di reati fallimentari e manifesta
contraddittorietà della motivazione in punto di qualificazione giuridica dei fatti di cui
al capo C dell’imputazione (bancarotta documentale).
4.1 II ricorrente deduce innanzi tutto la contraddittorietà della motivazione, che da
una parte ritiene provata la restituzione di conferimenti per C 200.000, a fini di
distrazione, e dall’altra ritiene non riscontrati contabilmente tali conferimenti, sia
pure per C 500.000. Nello specifico, poi, osserva che la responsabilità del De Vecchi

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manifesta contraddittorietà della motivazione sulla responsabilità dell’imputato.

non è legata alla omissione di annotazioni obbligatorie o di tenuta di documenti
contabili, ma solamente alla esistenza di una movimentazione registrata per cassa,
che avrebbe reso complicato operare riscontri alla curatela; tale condotta
integrerebbe al più il reato di bancarotta semplice documentale.
4.2 Inoltre sottolinea che la tenuta della contabilità era affidata ad una società
esterna esperta del settore, sicchè il titolo di responsabilità dell’imputato potrebbe
essere solo colposo, per inosservanza dei doveri di vigilanza.

C, cod. proc. pen., in relazione alla erronea determinazione della pena e mancanza
di motivazione sulla concreta commisurazione. Pur riconoscendo le attenuanti
generiche, il giudice parte da una pena superiore al minimo (3 anni e 9 mesi di
reclusione) per concludere, per effetto dell’art. 62 bis cod. pen., a due anni e sei
mesi di reclusione, così sottovalutando l’atteggiamento processuale collaborativo e
l’entità contenuta del danno ed attribuendo al De Vecchi la responsabilità per il
complessivo dissesto di tre società, che invece sono ascrivibili ai due soci, tanto da
essere oggetto di separato processo a loro carico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è parzialmente fondato, nella parte in cui eccepisce la nullità
della dichiarazione di contumacia del ricorrente, riproponendo l’eccezione sollevata
in primo grado, all’udienza del 10 dicembre 2008 ed ancora nei motivi di appello.
1.1 Per un verso, infatti, non può condividersi la censura riguardante la
dichiarazione di irreperibilità, poiché correttamente il pubblico ministero di Milano,
all’esito delle ricerche anagrafiche dalle quali il De Vecchi risultava “irreperibile dal
13.7.2006” (cfr. verbale di vane ricerche della polizia municipale del comune di
Milano del 27 novembre 2006) e dell’interrogazione dell’Amministrazione carceraria
centrale, ha decretato, ai sensi dell’art. 159 cod. proc. pen., l’irreperibilità
dell’indagato; non essendo l’inquirente a conoscenza dell’esatto recapito all’estero
del De Vecchi, non sussisteva alcun obbligo di disporre apposite ricerche all’estero
(Sez. 1, n. 27552 del 23/06/2010, Loncaric, Rv. 247719; Sez. 2, n. 22662 del
18/02/2009 Rapce, Rv. 244726).
2. Fondato è invece l’altro profilo evidenziato dal ricorrente.
2.1 In punto di fatto va chiarito che all’udienza preliminare del 17 luglio 2007, a
causa dell’astensione degli avvocati, fu disposto rinvio dell’udienza al 17 ottobre
2007 “per i medesimi incombenti”, previa sospensione dei termini di prescrizione e
non fu disposto alcun avviso; dal verbale dell’udienza, particolarmente chiaro
perché predisposto al computer, l’imputato De Vecchi risulta “libero non presente”

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5. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione dell’articolo 606, lettera B e

e, mancando il difensore di fiducia, ne viene nominato uno immediatamente
reperibile ai sensi dell’art. 97, comma 4, cod. proc. pen.
All’udienza del 17 ottobre 2007 venne dichiarata la contumacia dell’imputato
“rilevato che l’imputato non è comparso all’odierna udienza e non ricorrono le
condizioni indicate negli artt. 420, comma 2, 420 bis e 420 ter, comma 1 e 3,
c.p.p.”; anche in questo caso la situazione è particolarmente chiara, avendo il
giudice redatto l’ordinanza con apposito modulo predisposto tramite videoscrittura,
da riempire con le generalità dell’imputato e la data dell’udienza.

dibattimento a udienza fissa prima x del compimento degli atti introduttivi va
qualificato come rinvio vero e proprio, col conseguente obbligo di notifica del
decreto che dispone il giudizio (Sez. 5, n. 1062 del 17/11/1999, Turani, Rv.
216494; Sez. 2, n. 4905 del 24/01/2006, Racioppi, Rv. 233344). Infatti, secondo
quanto prevede l’art. 420 bis comma 4 c.p.p., la lettura dell’ordinanza che fissa la
nuova udienza equivale alla citazione solo per

“coloro che sono o devono

considerarsi presenti” e l’imputato di cui non sia stata accertata l’effettiva presenza
non può considerarsi presente senza la dichiarazione di contumacia.
Ne consegue che qualora non si sia provveduto alla rituale dichiarazione di
contumacia dell’imputato non comparso all’udienza all’esito della quale è stato
disposto il rinvio, ne deve essere rinnovata la citazione per l’udienza di rinvio o
attraverso la notificazione di un nuovo decreto di citazione a giudizio (Cass., sez.
2^, 10, 8.2001, n. 33759) ovvero attraverso la notificazione dell’ordinanza che ha
disposto il rinvio (Cass. sez. 6^, 5.10.2001, n. 1134).
2.3 Né deve dimenticarsi che, secondo le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n.
8285 del 28/02/2006, Grassia)

“nel caso di assenza in dibattimento sia

dell’imputato sia del difensore risulta preliminare la decisione sull’effettiva rilevanza
dell’impedimento a comparire eventualmente prospettato dall’imputato e comunque
l’eventuale dichiarazione della sua contumacia, cui il giudice deve provvedere
sentito il pubblico ministero e il sostituto designato per il difensore assente. Solo
dopo avere deciso con riferimento alla posizione dell’imputato, il giudice può
prendere in esame la richiesta di rinvio per impedimento del difensore, che
assumerà dunque rilevanza esclusivamente nel caso in cui l’imputato sia stato
dichiarato contumace”.

La nota decisione prosegue affermando che “Secondo

quanto prevede l’art. 484 comma 3, in ragione del rinvio all’art. 420 ter comma 1
c.p.p., l’imputato ha diritto a una nuova citazione a giudizio solo quando venga
accertata la legittimità del suo impedimento a comparire. Se l’imputato viene
dichiarato contumace, non ha diritto a ulteriori avvisi, perché, essendo

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2.2 In realtà, secondo un’indiscussa giurisprudenza di questa Corte, il rinvio del

rappresentato dal difensore (art. 420 quater comma 2 c.p.p.), deve considerarsi
presente (art. 420 ter comma 4 e 477 comma 3 c.p.p.). E non può esservi dubbio
che anche il sostituto designato per il difensore assente rappresenti l’imputato
contumace, tale essendo appunto la funzione di garanzia per la quale viene
designato”.
2.4 Nel caso in esame, però, il rinvio ad udienza fissa avvenne prima del
compimento degli atti introduttivi e senza la dichiarazione di contumacia

2.5 La sentenza di appello considera che l’omissione della dichiarazione di
contumacia non può ritenersi causa di nullità della sentenza, non comportando
alcun effetto pregiudizievole ai fini dell’intervento e dell’assistenza dell’imputato e
non essendo tale sanzione prevista dall’ordinamento processuale. Secondo un
orientamento minoritario di questa Corte, ove l’imputato non adduca alcun legittimo
impedimento a comparire, e questo non risulti diversamente dagli atti, il giudice
non ha l’obbligo di espressamente motivare sulla insussistenza di un legittimo
impedimento dell’imputato a comparire, che questi non adduce affatto e che deve,
perciò, ritenersi del tutto insussistente, conseguendo in tal caso,

ex lege, la

instaurazione del giudizio contumaciale, anche a prescindere da una formale
dichiarazione di contumacia, atteso che il sistema delle garanzie approntato
dall’ordinamento processuale non si conforma a criteri di mera formalità, ma a
quelli (sostanziali) delle forme funzionali alla tutela delle varie e riconosciute
espressioni del diritto di difesa (Sez. 4, n. 7656 del 16/12/2004, Bertucca, Rv.
231096)
2.6 Altre decisioni, più in generale, insistono sul rilievo che dalla pregressa omessa
dichiarazione di contumacia non deriva nullità di alcun genere, perché una simile
sanzione non è prevista dall’ordinamento processuale (Sez. 5, n. 36651 del
04/06/2008, Ventola, Rv. 241634; Sez. 6, n. 19273 del 21/04/2006, Polinari, Rv.
233973; Sez. 4, n. 41981 del 15/11/2006, Marzotto, Rv. 235543).
2.7 Va in contrario osservato che condizione per la irrilevanza della omissione della
dichiarazione di contumacia è che tale omissione sia soltanto “formale”, il che si
verifica quando il giudice abbia concretamente valutato, offrendone adeguata
motivazione, l’assenza di un impedimento idoneo a giustificare la mancata
comparizione dell’imputato e abbia manifestato la decisione di procedere oltre nel
dibattimento, e vi proceda pur senza provvedere alla declaratoria di contumacia:
situazione del tutto diversa ed anzi completamente opposta a quella determinatasi,
come sopra esposto, all’udienza del 17 luglio 2007.
2.8 L’arresto giurisprudenziale secondo il quale la formale omissione della

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dell’imputato.

dichiarazione di contumacia non è causa di nullità della sentenza, come è stato
osservato in altra decisione (Sez. 2, n. 25675 del 19/05/2009, Gurgone, Rv.
244170), “è più appropriato alle situazioni in cui il dibattimento si esaurisca in
un’unica udienza, senza alcun rinvio, ma torna ad essere pienamente applicabile,
nella specie, una volta sanata la nullità dipendente dalla mancata rinnovazione della
citazione a comparire dell’imputato”.
2.9 Resta da dire che l’accertamento del presupposto di fatto del giudizio

mancata comparizione dell’imputato, non può essere postumo: onde deve negarsi
la rilevanza attribuita – in via sussidiaria – dalla impugnata sentenza al
provvedimento che attesta successivamente, in data 17 ottobre 2007, la ritualità e
tempestività della citazione del De Vecchi per l’udienza (e a prescindere dal fatto
che in detto provvedimento non si fa cenno alcuno alla regolarità della citazione ed
all’assenza di impedimenti per l’udienza del 17 luglio 2007).
2.10 In conclusione ritiene questa Corte che, nella specie, non essendo stata
dichiarata la contumacia dell’imputato,

“fisicamente non presente”,

prima

dell’avvenuta decisione del rinvio dell’udienza preliminare, né essendo tale
evenienza processuale possibile, per difetto di costituzione del rapporto
processuale, il detto imputato non poteva essere considerato

“formalmente

presente”, dato che egli non poteva essere rappresentato dal suo difensore (ex art.
420 quater c.p.p., comma 2), ed aveva pertanto diritto alla comunicazione della
data della nuova udienza, la cui mancanza ha così determinato la nullità, assoluta,
insanabile e rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, che è stata dedotta.
2.11 Poiché il diritto alla difesa è garantito costituzionalmente e la sua lesione è
sancita a pena di nullità assoluta, deve ritenersi che

«una assenza dichiarata

dell’imputato senza essere sorretta dalla dichiarazione di contumacia costituisce
una anomalia tale da rendere impossibile stabilire se la sua mancata presenza sia
dovuta a impossibilità oggettiva a comparire o a volontaria sottrazione al
contraddittorio. Questa incertezza non può che essere intesa nel senso favorevole
all’imputato non comparso e non dichiarato ritualmente contumace. Onde si deve
concludere che, in assenza della dichiarazione di contumacia, il rinvio conseguente
all’impedimento accertato del difensore comporta necessariamente la nuova
citazione non solo del difensore fiduciario impedito, ma anche dell’imputato
semplicemente assente”». (Sez. 6, Sentenza n. 15862 del 21/03/2006, Terlizzi, in
motivazione).
3. In conclusione, pertanto, deve annullarsi l’impugnata decisione, unitamente a
e dee
quella di primo grado pcl decreto che ha disposto il giudizio, con rinvio al Tribunale

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contumaciale, vale a dire l’assenza di un impedimento idoneo a giustificare la

di Milano per nuovo esame.
4. Le doglianze mosse con gli altri motivi di ricorso restano necessariamente
assorbite.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, nonché quella di primo grado e il decreto che ha
disposto il giudizio, con rinvio al Tribunale di Milano per nuovo esame.
Così deciso in Roma, il 28 maggio 2013
Il Presidente

Il Consigliere estensore

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