Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 45121 del 23/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 45121 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: OLDI PAOLO

Data Udienza: 23/04/2013

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
1. Loria Luigi, nato a Bronte il 02/11/1927
2. Ponzo Giuseppe, nato a Bronte il 14/04/1965

avverso la sentenza del 26/03/2012 della Corte di appello di Catania

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Paolo Oldi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Francesco Salzano, che ha concluso chiedendo declaratoria di inammissibilità del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 26 marzo 2012 la Corte d’Appello di Catania,
confermando la decisione assunta dal locale Tribunale – sezione distaccata di
Bronte, ha riconosciuto Luigi Loria e Giuseppe Ponzo responsabili, in concorso fra
loro, dei delitti di lesione volontaria aggravata e danneggiamento aggravato ai

A

le

danni di Francesco Sapuppo; ha quindi tenuto ferma la loro condanna alle pene
di legge e, in via solidale, al risarcimento dei danni in favore della parte civile.
2. Ha ritenuto quel collegio, in base alle dichiarazioni della persona offesa
riscontrate dalle risultanze dei referti medici, che mentre il Sapuppo era alla
guida di un trattore il Loria e il Ponzo lo avessero aggredito colpendolo con
bastoni, così da cagionargli la frattura della clavicola e il distacco parcellare del
capitello radiale destro, oltre a rendere inservibili i suoi occhiali da vista. Nella
motivazione ha dato conto, altresì, dell’inattendibilità della deposizione del teste

3. Hanno proposto congiuntamente ricorso per cassazione gli imputati, per il
tramite del comune difensore, affidandolo a due motivi.
3.1. Col primo motivo, articolato in più censure, i ricorrenti deducono
l’inattendibilità della persona offesa a causa delle incongruenze del suo narrato e
delle contrarie affermazioni del teste Angelo Ponzo; lamentano la mancata
acquisizione di un determinante elemento probatorio, che indicano nei verbali di
udienza di un altro – non meglio precisato – procedimento penale svoltosi
davanti al giudice di pace di Bronte; insistono nell’invocare la scriminante della
legittima difesa, sostenendo che il Sapuppo aveva tentato di investirli col
trattore.
3.2. Col secondo motivo rimproverano alla Corte di merito di non aver
rilevato l’intervenuta prescrizione dei reati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso congiunto, nel quale sono confluiti gli atti di impugnazione dei
due imputati, è inammissibile per le ragioni di seguito esposte.

2. La censura con la quale i ricorrenti pongono in dubbio l’attendibilità delle
dichiarazioni rese dalla persona offesa altro non è che la reiterazione di
argomenti già sottoposti al giudice di seconda istanza e da questo disattesi con
motivazione congrua e completa. Ha rilevato, infatti, la Corte d’Appello che
Francesco Sapuppo aveva descritto il fatto in termini misurati e senza enfatizzare
la – pur grave – aggressione subita; che inoltre la sua versione, logica e lineare,
aveva trovato oggettivo riscontro nella compatibilità col tipo di lesioni da lui
riportate, così come certificate nei referti medici in atti; che la pretesa
incompletezza descrittiva era insussistente, atteso che il Sapuppo non poteva
sapere dove gli aggressori avessero preso i bastoni, avendoli visti
sopraggiungere già armati con essi; che non rispondeva a verità l’assunto

2

a difesa Angelo Ponzo e della non configurabilità della legittima difesa.

secondo cui l’aggredito avrebbe seguitato ad arare il terreno anche dopo essere
stato colpito; che la deposizione del teste a difesa Angelo Ponzo non era
credibile, sia per la sua inverosimiglianza, sia perché incompatibile con la
tipologia delle lesioni riportate dalla persona offesa. Tali considerazioni non
trovano specifica confutazione nei motivi di ricorso, che si esauriscono nella
insistita prospettazione di una ricostruzione del fatto alternativa a quella
argomentatamente fatta propria dal giudice di merito e, perciò, inammissibile in
questa sede di legittimità.

un altro procedimento penale è manifestamente infondata. La giurisprudenza di
questa Corte Suprema è costante nell’affermare il principio secondo cui, al di
fuori dell’ipotesi di cui al comma 2 dell’art. 603 cod. proc. pen. (estranea al caso
di specie), la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in secondo grado ha
carattere eccezionale e può essere disposta soltanto nel caso in cui il giudice non
si ritenga in grado di decidere allo stato degli atti (Sez. 5, n. 15320 del
10/12/2009 – dep. 21/04/2010, Pacini, Rv. 246859; Sez. 5, n. 8891 del
16/05/2000, Callegari, Rv. 217209); in aggiunta deve considerarsi che il giudice
di appello ha l’obbligo dì motivare espressamente sulla richiesta di rinnovazione
del dibattimento solo nel caso di suo accoglimento, mentre il rigetto può essere
anche motivato per implicito, evidenziando la sussistenza di elementi sufficienti
ad affermare o negare la responsabilità dell’imputato (Sez. 3, n. 24294 del
07/04/2010, D. S. B., Rv. 247872; v. ancora Sez. 5, n. 15320 del 10/12/2009 dep. 21/04/2010, Pacini, Rv. 246859).
2.2. Manifestamente infondata è, altresì, la richiesta di applicazione della
scriminante della legittima difesa, alla stregua della ricostruzione del fatto
scaturita dal giudizio di merito, donde è emerso il ruolo di aggressori svolto dagli
imputati nella circostanza; la deduzione difensiva poggia soltanto sulla contraria
versione prospettata dai ricorrenti, motivatamente disattesa dai giudici di primo
e di secondo grado, non valutabile in questa sede per la sua esclusiva attinenza

2.1. La doglianza riferita alla mancata acquisizione dei verbali di udienza di

al fatto.

3. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile per la sua genericità, prima
ancora che per la manifesta infondatezza. Sostengono i ricorrenti essere
intervenuta la prescrizione dei reati loro ascritti, anteriormente alla pronuncia
della sentenza di appello, senza addurre alcuna spiegazione di tale assunto. A
confutazione va detto, comunque, che il termine prescrizionale massimo di sette
anni e sei mesi, applicabile in considerazione degli atti interruttivi succedutisi nel
corso del processo, ha subito ripetute sospensioni a causa del reiterarsi di rinvii
delle udienze: il primo (dal 15 giugno 2006 all’i febbraio 2007) per trattative, a

3

ai/

I

richiesta dei difensori delle parti; un altro (dal 5 luglio 2007 al 22 novembre
2007) per adesione dei difensori all’astensione dalle udienze; un altro ancora,
infine (dal 7 novembre 2011 al 26 marzo 2012), per concomitante impegno
professionale del difensore: sicché, pur computandosi quest’ultima sospensione
entro il limite di sessanta giorni stabilito dall’art. 159, comma primo, n. 3) cod.
pen., la causa estintiva dei reati rimane posposta fino alla data del 30 maggio
2013, tuttora appartenente al futuro.

ciascuno dei ricorrenti, le statuizioni di cui all’art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa
delle Ammende.
Così deciso il 23/04/2013.

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso congiunto conseguono, per

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