Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 45117 del 23/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 45117 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: OLDI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Vicenzotti Giampaolo, nato a Bologna il 27/06/1934

avverso la sentenza del 19/10/2010 del Tribunale di Firenze, sezione distaccata
di Pontassieve

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Paolo Oldi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Francesco Salzano, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per
intervenuta prescrizione, con conferma delle statuizioni civili;
udito per l’imputato l’avv. Fabrizio Basile, che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 19 ottobre 2010 il Tribunale di Firenze – sezione
distaccata di Pontassieve, confermando la decisione assunta dal locale giudice di

Data Udienza: 23/04/2013

i

pace, ha riconosciuto Giampaolo Vicenzotti responsabile del delitto di ingiuria
continuata ai danni di Tamara Rossi e della società Tesserini s.r.I., per avere
rivolto espressioni offensive nei confronti dell’una e dell’altra nel corso di due
telefonate svoltesi il 19 marzo 2004; ha quindi tenuto ferma la sua condanna alla
pena di euro 450,00 di multa – così determinata con le attenuanti di cui agli artt.
62 n. 2 e 62-bis cod. pen. – e al risarcimento dei danni in favore della parte
civile Tamara Rossi.

affidandolo a due motivi.
2.1. Col primo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione e violazione
di legge per avere il giudice di merito escluso l’esimente della provocazione, pur
avendo riconosciuto applicabile l’attenuante di cui all’art. 62 n. 2 cod. pen.,
basata sui medesimi presupposti.
2.2. Col secondo motivo deduce illogicità della motivazione per avere il
Tribunale respinto l’eccezione di nullità della querela proposta nell’interesse della
società Tesserini sul presupposto che il giudice di pace non avesse tenuto conto
delle offese ad essa rivolte, mentre invece la condanna – confermata
integralmente in appello – era stata emessa anche per tale reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato nel suo primo motivo, con efficacia assorbente nei
confronti del secondo.
1.1. Il giudice di pace di Pontassieve, nell’affermare la colpevolezza
dell’imputato in ordine al delitto di ingiuria, ha nel contempo riconosciuto che «lo
stato di alterazione derivante dal mancato pagamento della fattura, mandata
insoluta per ben due volte, ha ingenerato nel medesimo il convincimento di un
comportamento pretestuoso, così da spingerlo ad agire d’impulso con scemata
capacità di autocontrollo»; su tale presupposto fattuale ha applicato l’attenuante
di cui all’art. 62-bis cod. pen. in aggiunta «alle circostanze attenuanti comuni»
(peraltro non specificate), stante il «riconoscimento di un basso grado di
colpevolezza»; ha invece taciuto sulla possibilità di applicare l’esimente di cui
all’art. 599, comma secondo, cod. pen..
1.2. Il giudice di appello, sollecitato a rilevare la contraddittorietà della
decisione così assunta, l’ha invece negata con l’osservare che i presupposti
fattuali legittimavano bensì l’applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 2)
cod. pen., ma non anche l’esimente della provocazione, per la cui applicabilità
mancavano le condizioni.

2

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore,

2. La determinazione così adottata è vistosamente errata dal punto di vista
logico-giuridico.
2.1. Una volta accertato in punto di fatto – con statuizione da nessuno
impugnata – che la condotta illecita del Vicenzotti si era realizzata nello stato
d’ira determinato dal fatto ingiusto altrui, consistito nel mancato pagamento di
una fattura, così da rendere applicabile l’attenuante della provocazione, si
sarebbe dovuto coerentemente riconoscere l’applicabilità dell’esimente di cui
all’art. 599, comma secondo, cod. pen., i cui presupposti sono esattamente gli

stesso codice pone a fondamento dell’attenuante di fatto riconosciuta.
2.2. Non giova addurre, come si legge nella sentenza di secondo grado, che
il Vicenzotti «non fu stato turbato» (sic) da un comportamento ingiusto dell’impiegata Tamara Rossi; ed invero, anche a prescindere dal fatto che tale rilievo,
se fondato, avrebbe dovuto impedire anche il riconoscimento dell’attenuante,
resta da rimarcare che l’argomentazione così svolta si pone in contrasto col
principio ripetutamente enunciato da questa Corte Suprema secondo cui, in
materia di delitti contro l’onore, l’esimente della provocazione è applicabile anche
nel caso in cui la reazione dell’agente sia diretta nei confronti di persona diversa
dal provocatore, quando quest’ultimo sia legato all’offeso da rapporti tali da
giustificare la reazione offensiva nei suoi confronti (Sez. 5, n. 12308 del
28/11/2012 – dep. 15/03/2013, Fusaro, Rv. 255183; Sez. 5, n. 13162 del
04/02/2002, Pagliani, Rv. 221253).

3. La sentenza impugnata è, conseguentemente, da annullare senza rinvio,
stante l’indiscutibile applicabilità dell’invocata esimente alla stregua della
ricostruzione del fatto scaturita dal giudizio di merito.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce
reato ex art. 599, comma secondo, cod. pen..
Così deciso il 23/04/2013.

stessi (anche nella formulazione letterale della norma) che l’art. 62 n. 2) dello

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